Osmosi inversa ed evaporazione sottovuoto: ecco come funziona l'impianto di trattamento del percolato nella discarica GEA S.r.l. di Sant'Urbano (PD)
- by Greenthesis Group
- 5 apr 2022
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Gea, società del gruppo Greenthesis, è il gestore e titolare della discarica “tattica” nella Regione Veneto, sita a Sant’Urbano in provincia di Padova, nella quale vengono conferiti rifiuti solidi urbani e speciali non pericolosi. Al suo interno è presente anche un impianto di trattamento del percolato in grado di abbattere il contenuto di PFAS attraverso un sistema innovativo.
IL SITO GEA DI SAN’URBANO (PD)
Il sito di GEA nasce come discarica all’avanguardia e rispettoso, da sempre, di tutte le norme tecniche di settore. È attivo dal 1990 ed è destinato allo smaltimento dei rifiuti non pericolosi e rifiuti urbani dei bacini dei vari territori veneti, nonché all’attività di recupero energetico da fonti rinnovabili tramite la valorizzazione del biogas. Al suo interno ospita, inoltre, un impianto di trattamento del percolato, realizzato con la finalità di abbattere il contenuto di PFAS attraverso un sistema a osmosi inversa, per far fronte al problema di queste nuove sostanze inquinanti emergenti, presenti in modo diffuso nel territorio Veneto e in altre regioni italiane in particolare nelle acque da destinare all’uso irriguo /potabile.
COSA SONO I PFAS?
I PFAS sono sostanze di sintesi formate dall’unione di fluoro e carbonio, resistenti anche alle alte temperature, non biodegradabili, idro e oleorepellenti, usate su larga scala fin dagli anni Cinquanta i PFAS sono utilizzati da molti decenni in numerosissimi prodotti e attrezzature di uso comune, sia commerciale (trattamento di tessuti, carta, pentolame, tappeti, prodotti per la Pulizia ecc.) che industriale (metal plating galvanico, schiume antincendio, prodotti e componenti elettronici ecc.).
Pertanto, una grande varietà di prodotti contenenti PFAS, alla fine del loro ciclo di vita è stata, ed è tuttora, conferita in discarica.
I prodotti finali di degradazione sono identificabili come gli acidi perfluroalchilici (PFAA).
I PFAA presentano spiccate caratteristiche acide (acidi forti, per cui in ambiente acquoso si ritrovano in forma dissociata (anionica). I PFAA comprendono quattro ulteriori sub-classi in base al gruppo funzionale legato alla catena perfluoroalchilica. Tra questi, i PFCA (acidi perfluorocarbossilici) e i PFSA (acidi perfluorosolfonici) costituiscono le due sub-classi più estesamente studiate a livello globale, principalmente per la loro ubiquità nell’ambiente (acqua, aria, sedimento e biota), oltre che negli impianti di trattamento di acque di scarico e di rifiuti.
DOVE SI TROVANO IN DISCARICA?
Gli scarti presenti nei rifiuti domestici urbani, negli scarti di attività artigianali e commerciali, come pure nei fanghi di depurazione delle acque reflue possono contenere tali sostanze e attraverso il sistema di gestione dei rifiuti alla fine del loro ciclo di vita arrivare in discarica. Queste sostanze, in una discarica, si distribuiscono fra il percolato, il rifiuto solido, e il gas, in accordo con i coefficienti di ripartizione di ciascuna sostanza. In particolare, le specie anioniche e maggiormente idrosolubili si ritrovano principalmente nelle matrici acquose, tra cui il percolato da discarica, mentre altre, neutre e meno solubili in acqua (come i FTOHs, alcoli fluorotelomeri), tendono ad evaporare e si ritrovano anche in aria, con concentrazioni molto variabili a seconda del valore della costante di Henry (Hamid, Li, & Grace, 2018). Inoltre, mentre sono soprattutto i PFAA a catena corta e ultracorta a essere individuabili in aria, i PFAA a catena perfluoroalchilica lunga (C≥8) si concentrano preferibilmente nel solido.
Nel caso delle discariche attraverso la pioggia i rifiuti subiscono un dilavamento, con un trasferimento di inquinanti compresi i Pfas che finiscono in parte nel percolato, questo liquido viene raccolto e allontanato obbligatoriamente in impianti di trattamento che nella maggior parte dei casi per abbattere questi tipi d’inquinanti usano i carboni attivi. I dati nella letteratura scientifica relativi alla presenza di PFAS in percolati da discarica mostrano una grande varietà sia di classi di sostanze, che di livelli di concentrazioni.
QUALI TECNICHE SI USANO SOLITAMENTE PER RIMUOVERLI?
Le tecniche di rimozione ad oggi più utilizzate per il trattamento di reflui con moderato contenuto di PFAS, possono essere suddivise in tecniche distruttive, che si basano sulla distruzione delle molecole in oggetto, e tecniche di adsorbimento/filtrazione, che mirano invece separare i PFAS dalla matrice acquosa trasferendoli in una matrice diversa.
I sistemi attuali di trattamento dei PFAS con i carboni attivi hanno performance di abbattimento non ottimali, inoltre tale sistema risulta molto costoso per la saturazione celere dei carboni stessi. I carboni attivi una volta saturi, vengono sottoposti a un processo di rigenerazione in appositi forni ad alta temperatura per liberare le parti trattenute.
L’osmosi inversa, come confermato da numerose ricerche riportate in letteratura, è stata considerata una delle migliori tecniche disponibile in termini di efficienza di rimozione di queste sostanze.
LA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI PFAS
In Italia i PFAS, sostanze organiche di acidi perfluoralchilici sono diventati tristemente famosi dal 2013, quando, uno studio del Cnr rivelò livelli allarmanti di perfluoroalchilici in Veneto e altre regioni del centro-nord italia quali il Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. Nel maggio dello stesso anno la Regione Veneto confermò che la principale fonte di contaminazione si trovava sotto la ditta chimica Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza con tonnellate di rifiuti e scarti industriali sepolti dagli anni Settanta, che da allora inquinano fiumi, falda e terreni.
Attualmente, a livello europeo sono stati stabiliti solamente per il PFOS gli Standard di qualità
ambientale (SQA) relativi alle acque superficiali e al biota (Direttiva 2013/39/UE 4 sull’ampliamento dell’elenco delle sostanze prioritarie contenuto nella Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/Ce).
La normativa nazionale, ad oggi, non prevede limiti allo scarico per i PFAS ma, in considerazione della ubiquitarietà di questa classe di sostanze, è stata espressa la volontà, sia a livello europeo che nazionale, di aggiornare e rivedere la normativa vigente, nello specifico il D. Lgs 152/06 (Parte terza, Allegato 5, Tabella 3) relativo agli scarichi idrici.
La Regione Veneto, a seguito di attività di monitoraggio condotte da Arpav nel territorio in merito al problema PFAS e in merito alle iniziative per la salvaguardia dell’ambiente, ha emanato una comunicazione con prot. n. 477961 del 15 novembre 2017 riguardante gli “Indirizzi operativi relativi al controllo e al monitoraggio delle discariche per la sorveglianza delle sostanze perfluoroalchiliche”, che ha posto l’attenzione degli operatori sulle problematiche inerenti al trattamento e alla destinazione dei reflui, sollecitandoli a ricercare tecniche, processi e trattamenti idonei per ottenere l’abbattimento dei PFAS.
In Italia il decreto legislativo 172/2015 ha stabilito dei valori di riferimento per gli standard di qualità per le acque superficiali interne, cioè fiumi e laghi. Nel tema specifico la Regione Veneto con DGRV 1590/2017 ha definito per le acque potabili destinate al “consumo umano” dei valori di perfomance (obbiettivo) validi nell’ambito del territorio regionale più restrittivi rispetto a quelli definiti da Ispra a livello nazionale.
COME AGISCE GEA NEL SUO IMPIANTO?
Gea, consapevole del proprio ruolo, per una più completa funzionalità del sito tattico di Sant’Urbano (intendendo la strategia come versatilità degli impianti per conseguire il fine della migliore gestione del ciclo completo dei rifiuti) a seguito delle problematiche conseguenti alla pubblicazione della nota in parola (per lo smaltimento del percolato), alla presa di coscienza delle singolarità di queste sostanze e della loro presenza anche nel percolato della discarica di Sant’Urbano, ha dato avvio a una serie di valutazioni e specifiche sperimentazioni che hanno portato a sviluppare la migliore soluzione perseguibile e sostenibile per la propria discarica.
Uno dei primi impianti italiani per l’abbattimento specifico dei PFAS del percolato è stato realizzato a Sant’Urbano, in provincia di Padova, da Gea Srl, società di Greenthesis Group, uno dei principali operatori integrati della gestione dei rifiuti urbani e industriali e nel settore delle bonifiche ambientali, di cui fa parte anche il termovalorizzatore Rea di Dalmine.
«A fine del 2017 anche la nostra discarica, in provincia di Padova, si è trovata, come tante altre del Veneto, ad affrontare il problema dei PFAS nei percolati. – racconta Gianluca Brevigliero Direttore Tecnico di Gea Srl – Ci siamo attivati per rispondere non solo alle prescrizioni della Regione Veneto, ma anche per cercare di renderci autonomi dai depuratori consortili. Per gestire internamente i percolati con la collaborazione di Roberto Zocchi, chief technical officer di Greenthesis Group, abbiamo progettato e costruito in un’area della discarica un impianto innovativo, che ora è nella fase finale di “esercizio provvisorio”, con ottimi risultati finali conformi alle aspettative».
La tecnologia usata a Sant’Urbano si basa su un sistema di trattamento a osmosi inversa che separa dall’acqua, e concentra in fase liquida, le sostanze inquinanti del percolato trattenendo in particolare i PFAS in modo da non disperderli nell’ambiente ed inviare il residuo liquido concentrato a trattamento finale, la maggior parte dell’acqua depurata “permeato” viene avviata in acque superficiali e/o utilizzata per usi interni apportando un sostanziale miglioramento ambientale del sito di discarica.
Il liquido concentrato dell’osmosi viene ulteriormente trattato con un processo di evaporazione sottovuoto per ridurre ulteriormente la parte destinata a smaltimento finale.
«Il risultato – spiega Zocchi – è che di 100 parti di percolato trattate si producono 90 parti di acqua depurata che si scaricano in corpo idrico superficiale e 10 parti di concentrato contenente tutti gli inquinanti che viene destinato a termodistruzione a temperature altissime, sopra i 1.000 gradi che riescono a rompere il legame tra carbonio e Fluoro».
L’impianto di GEA srl è autorizzato a trattare solo il percolato della discarica di Sant’Urbano, «ma in quanto discarica “tattica regionale” il suo sviluppo potrebbe costituire un riferimento per altre esigenze del territorio», aggiunge Brevigliero. «Prese singolarmente, le tecnologie che usiamo nel nuovo impianto sono già note», chiosa l’ing. Zocchi, «ma il loro insieme sistemico potrebbe essere brevettato». Sant'Urbano potrebbe così fare scuola in Italia e nel mondo.
Gea rappresenta un vero laboratorio tecnologico e ambientale, con una visione strategica rivolta a una costante innovazione, del quale il gruppo va molto fiero.
*Come da Decreto del Direttore dell'Area Tutela e Sviluppo del Territorio n. 75 del 09 novembre 2018 e da Decreto del DATST n. 64 del 29-12-2020 Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (P.A.U.R.)