My Octopus Teacher: Oscar come miglior documentario e riflessione sull'ecosistema marino
- by Greenthesis Group
- 16 giu 2021
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Quella del docufilm Netflix, uscito in Italia con il titolo Il mio amico in fondo al mare, è una storia davvero incredibile che ha emozionato pubblico e critica. Se ancora non l’avete visto, vi raccontiamo perché farlo!
Dopo essersi aggiudicato l’Oscar come miglior documentario nella scorsa 93° edizione dei premi, My Octopus Teacher di Pippa Ehrlich, James Reed e Craig Foster, ha raggiunto ancora di più il grande pubblico che dalla piattaforma Netflix si è appassionato alla storia di Craig Foster, amante delle profondità marine, e alla sua strampalata amicizia con una femmina di polpo, nelle profondità del mare sudafricano.
Di solito si pensa che siano i mammiferi e gli uccelli le creature animali più intelligenti, ma si va consolidando sempre di più una nuova evidenza, ossia che esista una forma di intelligenza superiore: i cefalopodi. Seppie, calamari e soprattutto polpi che, quando in cattività, dimostrano di essere addirittura in grado di distinguere i propri guardiani, per cercare di ingannarli, procurandosi cibo extra o addirittura tentando mirabolanti evasioni. In Altre menti, meraviglioso testo di Peter Godfrey-Smith, edito in Italia da Adelphi nel 2018, si parla proprio di questo, della complessità mentale dei cefalopodi sostenendo che, probabilmente, “il contatto con i polpi sia quanto di più vicino all'incontro con un alieno intelligente ci possa mai capitare”.
Il docufilm My Octopus Teacher sembra andare proprio in questa direzione, mostrando l’incredibile acutezza di questi esseri, oltre a restituirci la meraviglia dell’habitat naturale in cui vivono che, grazie alla maestria di registi e montatori, fa sentire lo spettatore letteralmente immerso. Craig Foster, cinquantaduenne video reporter naturalista cresciuto vicino all’oceano e appassionato dell’ecosistema marino, ha incontrato per la prima volta il polpo femmina protagonista del documentario una decina di anni fa immergendosi al largo della costa sudafricana di False Bay. Nasce così l’idea di raccontare il mondo sottomarino, osservando la sua amica cefalopode con cui giorno dopo giorno, quasi in un appuntamento fisso e imprescindibile, è riuscita a instaurare, in un certo qual modo, un rapporto con l’insolito frequentatore.
Foster racconta che quando ha iniziato le immersioni si trovava in un stato emotivo di grande difficoltà personale, molto vicino alla depressione. Decidendo di affidarsi alla riconnessione con la natura e a quella strampalata amicizia, però, è riuscito a ritrovare un equilibrio personale, una sua dimensione e a fare pace con la vita.
False Bay, Sud Africa, foto free Pixabay.
Inoltre, grazie al grande successo, giunto dopo il riconoscimento con il Premio Oscar, è stato possibile dare maggiore risalto e visibilità alla grande foresta marina africana e all’oceano circostante, e questo, come ha affermato lo stesso Foster è stato un grande obiettivo raggiunto, poiché con il documentario si voleva lanciare proprio questo messaggio, ossia che viviamo in un tesoro di biodiversità così prezioso da non poterci permettere di non proteggerlo con tutte le nostre forze.