Covid-19: una nuova sezione all'interno di "A Scuola di Economia Circolare"
- by Greenthesis Group
- 15 mag 2020
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Qualche tempo fa vi abbiamo parlato sulle pagine di questo blog della nostra volontà di sensibilizzare il mondo della scuola sulle questioni ambientali per cercare di ampliare la consapevolezza dei docenti circa i vantaggi che un sistema di produzione sostenibile può portare, come il risparmio di materie prime, la riduzione degli scarti, la creazione di un valore a partire dal loro smaltimento e la sensibilizzazione verso il corretto riciclo.
Tutte queste tematiche sono poi confluite nel progetto “A scuola di economia circolare” lanciato nello scorso febbraio e al quale risultano iscritti, ad oggi, oltre 1000 docenti. L’iniziativa, che ha ricevuto il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e di Confindustria Cisambiente, fornisce ai docenti gli strumenti per far maturare nelle nuove generazioni di studenti una maggiore consapevolezza sull’importanza del ciclo integrato dei rifiuti, che non deve essere visto come un qualcosa di lontano e slegato dalla vita di tutti i giorni, anzi! Proprio le abitudini e le scelte di consumo possono essere responsabili di ricadute negative in termini di sfruttamento delle risorse naturali, inquinamento ambientale e progresso ecologico della società. Rendere i docenti, quindi i ragazzi, coscienti di tutte queste implicazioni è una precondizione culturale indispensabile per far sì che essi comincino a orientare il proprio stile di vita rendendolo compatibile con i limiti fisici del pianeta in cui ciascuno di noi vive. Insomma, una sfida davvero importante!
Il corso consta di cinque moduli (qui l’articolo con le informazioni generali) e punta, quindi, a far diventare gli insegnanti degli esperti di economia circolare affinché possano accompagnare i propri studenti nel passaggio dal modello di produzione lineare a quello circolare.
In questo particolarissimo e delicato momento storico, però, mentre facciamo i conti con una situazione di emergenza sanitaria e in cui ciascuno di noi ha dovuto rimodulare il proprio lavoro per farlo collimare con le nuove esigenze dettate dalla pandemia, abbiamo pensato di ampliare il nostro corso aggiungendo una sezione di approfondimento che affronti il tema dell’emergenza Covid-19, naturalmente declinandolo sotto l’aspetto a noi caro della circolarità e della sostenibilità.
È bene partire dal concetto di epidemia che può essere dichiarata tale solo dal momento in cui una malattia infettiva da virus ha capacità di diffondersi tramite il contagio di almeno più di una persona a partire dal soggetto ammalato (l’ormai tristemente famoso parametro R0 che si legge sui quotidiani e che indica proprio questo tasso di contagio): è così, infatti, che il numero dei casi può cominciare ad aumentare con una dinamica esponenziale. Dal 12 marzo l’OMS ha dichiarato l’epidemia di Covid-19 una pandemia poiché, a differenza di una “semplice” epidemia, non era più un fenomeno localizzato e limitato nel tempo, visto che i dati allora registrati stimavano circa 118 mila persone contagiate, in 110 Paesi diversi e con quasi 5 mila morti.
L’Italia, come purtroppo è drammaticamente sotto gli occhi di tutti in questi mesi, è stato uno dei Paesi più colpiti dal Covid-19. Nonostante i grandi sacrifici che tutti noi stiamo facendo rispettando le regole e rimanendo a casa, a conferma di quanto siano fragili e delicati i progressi raggiunti, serve ancora pazienza e, soprattutto, uno sforzo collettivo che coinvolga non solo i singoli cittadini, ma anche le imprese e le istituzioni.
E proprio in un momento così delicato come può entrare la sostenibilità o la circolarità nelle nostre pratiche quotidiane? Sicuramente di grande rilevanza, a tal proposito, è la questione dei rifiuti e della loro gestione. I gesti che tutti noi compiamo ogni giorno per smaltirli possono rivelarsi, ora più che mai, di cruciale importanza, soprattutto se visti in ottica di prevenzione del contagio. Partendo dagli esempi più semplici e banali, mascherine e guanti non vanno per nessun motivo dispersi nell’ambiente e nel lavarci le mani, attività che siamo chiamati a svolgere frequentemente, dobbiamo stare attenti a evitare gli sprechi di acqua.
Una domanda, però, ancora più urgente che siamo invitati a porci in questo approfondimento sul Covid-19 è: sappiamo, o ci siamo informati, come vadano trattati e differenziati i rifiuti delle persone risultate positive al virus o esposte ad esso?
Se la risposta è no, vi invitiamo a consultare i siti del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore della Sanità, i quali hanno pubblicato un vademecum [1] di estrema chiarezza che ci mette nelle condizioni di differenziare a dovere i rifiuti e trattarli nel modo corretto. Tra le norme più basilari c’è quella di non differenziare i rifiuti come viene fatto di consueto se essi appartengono a persone contagiate o esposte e nel confezionare il sacchetto di immondizia premurarsi di verificare che sia ben chiuso, quasi sigillato, per impedirne la fuoriuscita del contenuto. Il vademecum consiglia di utilizzare più sacchetti uno dentro l’altro per renderli più resistenti affinché sia più difficile che si rompano. Un’altra buona pratica è quella assicurarsi che i propri animali domestici non abbiano accesso ai rifiuti casalinghi, sempre affinché il sacchetto sia isolato e non venga a contatto con altre superfici. Ogni volta che lo si maneggia, dopo, è opportuno lavarsi accuratamente le mani.
Aldilà di queste pratiche domestiche, però, un problema ben più complesso è costituito dai rifiuti ospedalieri, che si sono triplicati nel volume e nella quantità e che quindi necessitano di essere prontamente gestiti nonostante la loro ingente quantità.
Uno dei nostri impianti, ossia quello di termovalorizzazione di Rea Dalmine (BG), seguendo un rigorosissimo protocollo, è in prima linea in questo processo di gestione dei rifiuti ospedalieri. Qui giungono i rifiuti (a monte potenzialmente infetti) in assoluto regime di sicurezza, in quanto il nostro lavoro è affiancato da quello di aziende specializzate che si occupano proprio di effettuare un pretrattamento di sterilizzazione tramite passaggi di triturazione e, poi, un successivo impiego di vapore ad alta temperatura per abbattere la pericolosità. Solo dopo aver garantito l’assenza di patogeni, riceviamo i rifiuti nell’impianto che portandoli a incenerimento recupera energia elettrica dalla loro combustione [2].
Questo esempio di Rea Dalmine è utile per mostrare come, anche e soprattutto, in tempi di Coronavirus si possa agire secondo i criteri della circolarità. L’impianto termovalorizzatore di Dalmine è, infatti, ad oggi, uno fra gli impianti di utilizzazione termica dei rifiuti a garantire le migliori prestazioni in Europa in termini di emissioni, grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanzate.
[2] È doveroso precisare che nessun lavoratore dei nostri impianti entra a contatto in maniera diretta con il rifiuto: la sicurezza dei lavoratori è sempre una priorità, ancor di più in aziende come le nostre.