Trento è la città più green d'Italia - Classifiche e considerazioni
- by Greenthesis Group
- 17 dic 2019
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Con un punteggio di 81,20%, calcolato su 18 parametri monitorati da Legambiente e Ambiente Italia, Trento sale per la prima volta al vertice della classifica sulle città più green d'Italia grazie al miglioramento nella qualità dell'aria, nell'utilizzo di trasporti pubblici e nell'attenzione alla mobilità ciclabile. Lo certifica la classifica sull'Ecosistema Urbano, sesta tappa di avvicinamento all'indagine sulla Qualità della vita 2019 del Sole 24 Ore che quest'anno celebra i 30 anni dell'iniziativa[1].
A fare la differenza, si legge nel rapporto, sono il miglioramento nella qualità dell’aria, l’utilizzo di trasporti pubblici e l’attenzione alla mobilità ciclabile che hanno contribuito a migliorare la situazione ambientale cittadina su un totale di 18 parametri divisi in cinque macro categorie (qualità dell’aria, rete idrica, mobilità, ambiente e rifiuti) utilizzati per stilare la classifica. Gli indicatori spaziano dal numero di alberi all’offerta del trasporto pubblico, dalla concentrazione di Pm10 nell’aria alla dispersione della rete idrica, fino allo spazio occupato dalle piste ciclabili.
Sono le realtà che ormai da molti anni investono in buona politica urbana, nel trasporto pubblico, nella qualità dei servizi, nella dotazione di aree verdi, nella raccolta differenziata, nella riduzione dell’inquinamento atmosferico, nell’efficienza energetica. E che soprattutto hanno saputo mettere a sistema queste iniziative.
Guardando alle singole città che compongono la classifica 2019, si scopre un discreto dinamismo, fatto di nuove scelte urbanistiche, di servizi di mobilità, di progressiva restituzione di vie e piazze ai cittadini, di crescita degli spazi verdi. Ma se nel complesso il quadro migliora, sono ancora tante le città in allarme smog o incapaci di assicurare un corretto ciclo dei rifiuti, si amplia il divario tra chi produce progressi nel trasporto pubblico e chi ha mezzi pubblici non adeguati alle esigenze di mobilità delle persone, restano gravi le carenze delle reti idriche e nella depurazione dei reflui fognari.
Cercando una chiave di lettura sintetica, bisogna abbandonare il classico binomio nord sud, centri urbani grandi o piccoli e ricchi o poveri. Nelle prime venti posizioni, infatti, si trovano città grandi come Bologna, comuni del sud come Cosenza, capoluoghi non ai vertici delle classifiche del pil come Oristano, a confermare che l’Italia del buon ecosistema urbano è principalmente l’Italia che fa bene e spende bene le sue risorse, che si evolve e pianifica le trasformazioni future.
Nelle ultime posizioni, si trovano città come Napoli, Bari, Torino, Roma, Palermo che sono ciclicamente vittime di piccole-grandi emergenze, lo smog (Torino e Roma), i rifiuti (Napoli e Palermo, ma anche Roma), o l’acqua (Bari). Per non parlare dell’emergenza traffico che interessa più o meno tutti i grandi centri (Roma e Torino hanno ben più di 60 auto ogni 100 abitanti), aggravata, nel caso della Capitale, da un servizio di trasporto pubblico che pare condannato a una crisi senza fine.
Fanalino di coda sono Vibo Valentia, Siracusa, Catania. Vibo Valentia non risponde a nessuna domanda da tre anni, Siracusa da due. Catania, invece, terz’ultima, colleziona una serie di performance non esaltanti: perdite della rete idrica oltre il 45 per cento (45,5 per cento come lo scorso anno); una delle produzioni di rifiuti più alte in assoluto (733 chili per abitante all’anno), messa assieme con un anacronistico 7,7 per cento di rifiuti raccolti in maniera differenziata e meno di venti centimetri quadrati di suolo a testa riservato a chi cammina.
Insomma, nonostante gli sforzi apprezzabili di tante amministrazioni, nei nostri capoluoghi, in generale, sopravvivono ancora troppe criticità. Perché per definire una città sostenibile, oggi non basta più solo l’impegno a ridurre traffico e smog o a chiudere il ciclo dei rifiuti. Il sistema città è un sistema complesso, per cui è necessario affrontare anche i temi delle periferie e dell’inclusione sociale, della casa e del lavoro. Ed è necessario un approccio nazionale, che non consideri i problemi urbani semplicemente come delle “questioni locali”. Le politiche che interessano i centri urbani sono spezzettate tra ministeri diversi, con grande spreco delle scarse risorse a disposizione e pochi risultati, non considerando che è proprio nelle città che si gioca la sfida cruciale dei cambiamenti climatici, perché lì si produce oltre la metà delle emissioni di gas serra.
Serve un’accelerazione alla transizione energetica, orientata verso una maggiore giustizia sociale, vanno spinte le città a correggere in chiave ecologica l’edilizia e i rifiuti, i trasporti e l’industria, creando occupazione, green e circular economy, stimolando la domanda di prodotti eco-compatibili, di consumi sostenibili, lo sviluppo di filiere agroalimentari di qualità e a basso impatto ambientale.
I numeri[2]:
- Qualità dell’aria: meno della metà delle città rispettano tutti i limiti di legge.
- Dati sulle Pm10: Solo a Torino e Ragusa almeno una centralina ha un valore medio annuo che oltrepassa il limite per la protezione della salute umana di 40 μg/mc. Scendono da 16 a 11 le città dove il valore medio delle concentrazioni di biossido di azoto è superiore al limite di legge. Per l’ozono: passano da 63 a 53 le città dove il valore medio delle centraline supera la soglia di protezione della salute umana (erano però 38 nel 2016).
- Rifiuti: quasi al 55 per cento la media della raccolta differenziata. Ferrara, Treviso, Mantova, Pordenone, Parma e Trento oltre l’80 per cento. La percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani è in costante miglioramento, l’obiettivo di legge del 65 per cento fissato per il 2012 è stato raggiunto da 38 città, mentre la soglia del 35 per cento, prevista per il 2006, non è stata ancora raggiunta da 18 comuni. Torna però a crescere la produzione di rifiuti, con una media di 537 kg pro capite.
- Rete idrica: oltre il 36 per cento dell’acqua potabile non arriva ai rubinetti. In 18 città la metà dell’acqua immessa nelle condutture viene dispersa e cresce il numero di città dove più del 30 per cento dell’acqua immessa nella rete viene dispersa. Solo Pordenone, Mantova, Lodi, Monza e Macerata riescono a contenere le perdite entro il 15 per cento.
- Trasporto pubblico: Milano, Brescia, Pavia sono le città dove prendere il bus è più facile. Migliora complessivamente, seppur di poco, il servizio di trasporto pubblico. Il tasso di motorizzazione dei capoluoghi italiani, invece, sale in un anno da 63,3 auto ogni 100 abitanti a 63,9. Tra i grandi centri urbani fa eccezione Milano, in lieve decremento.
- Mobilità attiva: Lucca e Venezia le migliori a piedi, Reggio Emilia regina per le bici con 43 metri equivalenti ogni 100 abitanti di percorsi ciclabili, seguita da Mantova. Cresce l’estensione media delle isole pedonali: 0,47 m2 per abitante (era 0,45 lo scorso anno).
- Fonti rinnovabili: coprono il 100 per cento del fabbisogno elettrico delle famiglie in 27 capoluoghi (secondo un calcolo basato sulla produzione stimata delle diverse tecnologie presenti nei territori rispetto ai consumi medi delle famiglie italiane). 90 capoluoghi hanno almeno un impianto solare termico o fotovoltaico sugli edifici pubblici. 73 città hanno impianti solari termici, per 23.428 metri quadrati complessivi di pannelli e sempre 73 capoluoghi presentano impianti solari fotovoltaici per complessivi 76,8 MW.