La filiera dei rifiuti e la necessità di un'integrazione tra le parti
- by Greenthesis Group
- 15 mag 2019
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La gestione e lo smaltimento dei rifiuti rappresentano due processi di estrema importanza e di fondamentale amministrazione nei confronti del territorio, in particolar modo nel contesto odierno che ci vede sempre più consapevoli di quanto lo stile di vita moderno abbia un impatto di lungo periodo sull’ambiente.
Per questo motivo i Paesi dell'UE hanno provveduto a predisporre un adeguamento a livello normativo così da regolare una materia sensibile per la salvaguardia del benessere dei cittadini e del territorio. Per quanto concerne il termine “rifiuto” l’Italia, ha adottato la definizione di "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi". Con il termine detentore, poi, non facciamo riferimento al semplice produttore del materiale ma parliamo anche e soprattutto di chi se ne fa carico in un determinato arco di tempo. È questo soggetto, infatti, ad occuparsene nel passaggio dal possesso al riciclo o allo smaltimento.
La normativa di riferimento è quella del decreto legislativo 152/2006, dove nell'articolo 190 si parla dei produttori di rifiuti e del loro obbligo a detenere un registro di carico e scarico in cui siano di volta in volta riportati i rifiuti gestiti. Una specifica, questa, che non riguarda soltanto l'aspetto quantitativo ma anche quello qualitativo. Ogni caratteristica del rifiuto dal momento in cui entra nella zona ecologica dell'impresa deve necessariamente essere riportato sul registro, entro e non oltre i 10 giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dal suo scarico, il tutto per girare poi la comunicazione al Catasto.
C'è un'eccezione che riguarda le aziende che superano le 10 tonnellate di rifiuti non pericolosi annui e le 2 tonnellate l'anno di materiale pericoloso, per le quali non è obbligatoria la compilazione del suddetto registro di carico e scarico che viene delegato all'opera della società dei servizi incaricata della trascrittura mensile dei dati.
E' invece delegata all'articolo 183 del dl 152/2006 la parte che riguarda lo stoccaggio, con un focus specifico sul deposito temporaneo dei rifiuti. Per quanto riguarda i rifiuti speciali, infatti, ad ogni tipologia è destinata un'area debitamente assegnata all'interno della ditta. Questa zona dovrà essere delimitata e contrassegnata, così da scongiurare il pericolo di dispersione involontaria di sostanze nocive. Anche sui contenitori riservati a questa tipologia di rifiuti dovrà essere riportato lo stesso passaggio di assegnazione e delimitazione, attraverso l'utilizzo di etichette informative contenenti in primis il codice CER (Codice Europeo Rifiuti). Questo codice, infatti, non si limita ad indicare la provenienza del materiale ma anche come esso è stato generato, e quale tipologia di rifiuto ne sia derivata. Anche nella fase di trasporto i rifiuti pericolosi, che saranno stati suddivisi da quelli non pericolosi in specifici colli, saranno poi etichettati secondo codice CER e un asterisco così da mantenerne la safety zone.
Qualsiasi azienda, come d'altronde quelle del Gruppo Green Holding, dovrà rigorosamente rispettare questi passaggi per poter operare nel settore, così come risulta per tutti fondamentale l'analisi dei materiali volta alla catalogazione degli stessi e all'indicazione del relativo livello di pericolo nella loro gestione. E' questa l'accortezza che consentirà la vera e propria idoneità di smaltimento[1].
L'argomento dello smaltimento, poi, riveste un'importanza strategica in quanto si presenta come un'assoluta priorità sia per le imprese che per la cittadinanza, chiamata quotidianamente a fare la sua parte mediante la giusta ripartizione.
Le linee guida sono sempre rappresentate dalle normative di riferimento e verso uno sviluppo sostenibile, un tema che da qualche anno è diventato centrale all'interno dell'agenda d’intervento internazionale.
Al fine di soddisfare la necessità di un ambiente più sano, infatti, si è reso fondamentale istruire tutti gli attori sociali mediante comunicazioni che vertono sull'aspetto sociale, paesaggistico e, naturalmente, economico. E' tutta la società a doversi adattare a questo nuovo paradigma di consumo e di gestione dei servizi, ed è importante che per questo motivo ci sia una continua e diretta programmazione volta al bene di tutti nel lungo periodo.
Lo stesso concetto di sviluppo sostenibile, d'altronde, si basa sui principi prettamente socio-economici del genere umano e fonda l'intera linea di pensiero intorno al tema dell'ecosostenibilità e dell’Economia Circolare. Questa può considerarsi come un'attività svolta dall'uomo sulla base di teorie volte a preservare l'ambiente che ci circonda, mediante azioni quali la salvaguardia delle risorse e la re-immissione dei prodotti in un maggiore numero di cicli di consumo. Quello a cui si punta nel lungo periodo è quindi la riduzione al minimo indispensable di ogni tipo di scarto.
C'è quindi bisogno di un'integrazione seria e strutturata tra il piano degli investimenti, la scelta e l'impiego delle risorse, le rettifiche istituzionali e la propensione verso l'innovazione tecnologica. Tutte variabili in grado di massimizzare gli sforzi e, quindi, ottimizzare la gestione della cittadinanza e dei soggetti interessati nei confronti di questo problema di cui, ovviamente, non finiremo mai di occuparci.
A partire dal quadro normativo, che vede il decreto legislativo n. 22/97, conosciuto anche come Decreto Ronchi, collegarsi a un più recente articolo 152 dell'aprile 2006 riguardante la materia ambientale, indicare le regole alla cittadinanza, siamo quindi tutti chiamati ad una sana e lungimirante difesa dell'ambiente che ci circonda. Questa è riconducibile sia a una coscienza personale e, quindi, a una preoccupazione civica, sia alla conseguente promulgazione di regole giuridiche[2].
Tutto questo perché, come ha recentemente affermato il consigliere della giunta di Roma Enrico Panunzi, "l’economia circolare sarà sempre di più al centro delle Politiche ambientali e di gestione dei rifiuti solidi urbani. Temi come tipologia e qualifica di rifiuto, sperimentazione di iniziative di realizzazione dell’economia circolare in ambito regionale, di sistemi integrati e di riciclo dei rifiuti. In particolare le Regioni hanno chiesto che, in attesa di una normativa nazionale, potenziando i controlli, sia possibile continuare a livello regionale le iniziative di realizzazione dell’economia circolare, dei sistemi integrati e di riciclo, già attivate sul territorio"[3].