La sfida africana: energia dal deserto
- by Greenthesis Group
- 22 lug 2018
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Burkina Faso, Gibuti, Eritrea, Etiopia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Sudan e Ciad. Sono questi gli 11 paesi che hanno abbracciato in Africa, con il sostegno della Banca di sviluppo africana (Bad), l’ambizioso programma “trasformare il deserto in energia” per trasformare l'importante quantità di energia solare disponibile nelle aree desertiche in corrente elettrica, con una capacità produttiva stimata di 10 mila megawatt, da destinare ai consumi domestici, alle attività agricole, di pastorizia e industriali di oltre 250 milioni di persone non connesse sui 400 milioni residenti in questa estesa zona frontaliera col Sahara. A partire dal Senegal verranno cosi costruite nuove centrali solari a Bokhol e Malicounda per un rifornimento delle popolazioni, soprattutto rurali, di energia sostenibile. Sono previste poi in tutti i paesi citati interventi per integrare gli impianti fotovoltaici alla rete di energia domestica, assicurare lo stoccaggio e soprattutto creare delle scuole di formazione per creare nuove competenze nel settore. Tra i donatori che hanno già confermato il proprio sostegno all'ambizioso progetto c'è l'Agenzia di sviluppo francese, l'Agenzia internazionale di energia rinnovabile (Irena) ed altri partner del settore privato, la stessa Bad ha sbloccato un finanziamento di più di 9,6 miliardi di euro a favore della produzione di energia rinnovabile.
Da 30 anni si ragiona sulla possibilità di sfruttare l’irradiamento del deserto per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili. Studi di esperti ci dicono che “per dare energia a tutto il mondo sarebbe sufficiente ricoprire di pannelli fotovoltaici il 2% del deserto del Sahara (un’area pari al Portogallo): l’irraggiamento solare del Nord Africa è infatti 3 volte superiore alla media europea. Per soddisfare il fabbisogno dell’Europa basterebbe lo 0,3%”.
Nel 2016 intanto, proprio in Africa e precisamente in Marocco, è stato acceso “Noor-1” (termine derivante proprio dalla parola araba “noor” che significa luce), ossia il primo lotto (500.000 specchi dislocati su una superficie di 24 kmq in grado di produrre 160 megawatt di energia sufficienti a soddisfare le esigenze di 650.000 persone) di un importantissimo progetto che, una volta completato occuperà un’area grande come 3.400 campi da calcio (circa 3.000 ettari) e diventerà la centrale solare più grande del mondo. Un gigante delle rinnovabili che una volta a regime fornirà corrente ad oltre un milione di abitazioni grazie ad una centrale solare termica che utilizza le più moderne tecnologie ed è in grado di produrre corrente anche nelle ore notturne: gli specchi parabolici, infatti, catturano l’energia del sole e la concentrano riscaldando dei tubi all’interno dei quali scorre olio che una volta scaldato viene utilizzato per produrre vapore e mettere in moto le turbine che generano l’elettricità; il calore dell’olio viene così impiegato per riscaldare fino a 500°C grandi quantità di sale che, a queste temperature, si scioglie conservando così il calore che può essere impiegato per far funzionare i generatori per circa tre ore anche con il buio e garantire una produzione energetica giornaliera di quasi 20 ore. Sarà più grande della città di Rabat la “Ouarzazate Solar Power Station”, questo il nome dell’incredibile progetto, e potrà battere ogni record raggiunto finora, persino quello di Ivanpah, nel deserto della California, che aveva tra i suoi investitori persino Google. Al completamento, si stima nel 2020, la sua produzione potrà raggiungere i 580 MegaWatt, abbastanza da soddisfare il 50% del fabbisogno energetico dell’intero Paese. E questo per il Marocco, che oggi soddisfa il 97% del proprio fabbisogno di energia elettrica grazie alle importazioni dall’estero, sarà sicuramente un grande passo verso l’indipendenza economica. L’obiettivo del governo marocchino è quello di far diventare lo Stato nordafricano un polo per la produzione di energia pulita entro il 2020 e di ridurre del 32% le sue emissioni di anidride carbonica nei prossimi quindici anni. Secondo il Climate Investiment Fund, che ha finanziato il progetto con 435 milioni di dollari sui 9 miliardi complessivi, questa centrale infatti avrà fin da subito l’effetto di far crollare fino al 44% il costo dell’energia elettrica in tutta l’Africa settentrionale. Anche l’Europa è entrata tra i finanziatori del progetto con un accordo di 345 milioni di euro per la prima fase di realizzazione della centrale. Un interesse più che giustificato da parte del Vecchio Continente dal momento che è stato calcolato che il 10% del territorio del Sahara trasformato in centrale solare potrebbe garantire l’intero fabbisogno di energia dell’Unione.
Catturare l’energia del sole tra le sabbie del Sahara, trasformarla in elettricità e condurla fino alle prese di corrente delle famiglie europee. Il sogno di un’Europa più verde, infatti, si lega fortemente con l’energia del sole africano. Sempre nel deserto, ma stavolta in quello tunisino, è stato lanciato da parte di una società inglese leader nel settore delle rinnovabili il progetto “TuNur” ossia una rivoluzionaria centrale a specchi e pannelli solari convergenti che vedrà la luce nell'area di Rjim Maatoug, nel governatorato di Kebili, ed esporterà parte dell'energia elettrica prodotta verso Malta, Italia e Francia tramite tre distinti cavi sottomarini. L'Italia e la Tunisia del resto stanno portando avanti da tempo lo studio del progetto Elmed per la realizzazione di un cavo elettrico sottomarino in grado di collegare la Tunisia alla Sicilia. Dai rispettivi punti di approdo, l'elettricità verrà poi re-distribuita anche nel Regno Unito e in Germania e Svizzera. Il progetto TuNur nasce come seguito della gigantesca iniziativa tedesca Desertec, che puntava a produrre energia solare su larga scala in Nord Africa, sufficiente a fornire il 15% dell'energia dell'Unione europea entro il 2050. La produzione di elettricità del complesso, stimata in circa 4,5 gigawatt, sarà sufficiente, secondo i primi studi, a soddisfare la domanda di almeno 5 milioni di case europee.
E così il sogno allo stesso tempo ambientalista e globalista di Gerhard Knies, il fisico delle particelle tedesco che trent’anni fa, sconvolto dal disastro di Chernobyl e in cerca di alternative alle fonti fossili e nucleari, calcolò che il più grande deserto del mondo, il Sahara, in sei ore riceve dal sole più energia di quanta l’umanità ne consumi in un anno intero, sembra, ogni anno che passa, diventare sempre di più realtà.