Packaging compostabile, nuova frontiera del settore alimentare.
- by Greenthesis Group
- 22 giu 2018
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Imballaggi di carta e bioplastiche, altamente biodegradabili, che possono essere smaltiti come rifiuti organici insieme agli scarti alimentari. La nuova frontiera del settore alimentare passa dal cosiddetto “packaging compostabile”. Fino ad oggi il cibo che abbiamo comprato, anche quello acquistato con maggiore attenzione e magari ricercato come prodotto biologico o a km zero, è stato confezionato in imballaggi (come retine di plastica, vassoi di polistirolo o scatolette di metallo) di difficile riciclo e potenzialmente pericolosi per l’ambiente, anche semplicemente perché i consumatori non sempre hanno le idee chiare proprio sul possibile tipo di riciclo verso cui indirizzare questi imballaggi. I dati ci dicono poi che il nostro paese ricicla solo il 50% della plastica (la media Ue è ancora peggiore, 35%). Il resto viene bruciato nei termovalorizzatori (al Nord) o va in discarica (al Sud). Ma una parte finisce direttamente nell’ambiente. Secondo studi ENEA presentati lo scorso dicembre inoltre l’83% dei rifiuti in plastica censiti nei mari italiani è costituito da packaging, per lo più di plastica usa e getta.
La soluzione può essere oggi quella dell’accoppiamento della carta con le bioplastiche in maniera tale da poter essere smaltito col cartone o, se sporco, con i rifiuti organici. Soluzioni che si stanno diffondendo sempre di più specialmente nei negozi bio: coppette compostabili, cannucce biodegradabili, cartoni per l'ortofrutta che rilasciano oli vegetali, le soluzioni da parte dell’industria sono le più varie possibili. Tutti prodotti che però, al momento, hanno costi naturalmente maggiori rispetto ai materiali comunemente usati fino ad oggi, poiché non ancora entrati in una una dimensione industriale che permetterebbe economie di scala e quindi prezzi inferiori. Il futuro potrebbe essere diverso, sia grazie ad imposizioni dettate per legge, sia e sopratutto grazie ad una maggiore educazione ai consumatori sempre più attenti, fortunatamente, ai temi ambientali. Sono molte, infatti, le persone che al supermercato, prima di acquistare un prodotto, controllano data di scadenza, origine, qualità, provenienza e fanno un check di tutte le informazioni riguardanti gli alimenti e il loro confezionamento per decidere se acquistare o meno qualcosa. In questo contesto si fa strada un nuovo tipo di imballaggio decisamente più ecologico rispetto alla plastica e del tutto eco-friendly che sfrutta le ultime tecnologie scientifiche sviluppate nel campo della trasformazione dei materiali e degli scarti alimentari, e così rivestimenti plastici biocompatibili di oggi e di domani vengono ottenuti, ad esempio, dalla buccia dei peperoni e dei pomodori, dagli scarti dei legumi e dai tuberi che attraverso delle trasformazioni in laboratorio vengono lavorati per ottenere la bioplastica, un tipo di plastica biodegradabile derivante da materie prime vegetali che a differenza della plastica tradizionale non inquina, rispettando l’ambiente.
Crescono anche progetti di università e aziende per creare prodotti sempre più nuovi per dire di no allo spreco di cibo, materiali ed energia. Uno di questi per esempio punta a utilizzare le acque reflue della filiera casearia per produrre bioplastica per imballaggi e packaging per la conservazione degli alimenti, come vaschette per i formaggi o bottiglie per il latte, 100% biodegradabili e compostabili. Un vero e proprio cambio di paradigma che rivoluziona il concetto tradizionale del refluo come rifiuto trasformandolo in risorsa “green”, in grado di rispondere alla domanda di innovazione tecnologica per la sicurezza alimentare, di nuovi materiali ad elevato valore aggiunto per un'agricoltura e industria sostenibili, con l’obiettivo di favorire un circuito virtuoso di sostanze nutritive tra aree urbane e rurali, promuovendo il risparmio energetico, il riciclo e la produzione a basse emissioni di carbonio.
Attualmente, le bioplastiche rappresentano circa l’1% delle plastiche prodotte ogni anno in Europa (circa 300 milioni di tonnellate). Ma la domanda è in aumento e con materiali più sofisticati, applicazioni e prodotti emergenti, il mercato è già in crescita. Nel 2016 sono state prodotte 47.800 tonnellate di imballaggi in plastica compostabile, con un trend di crescita del 59% rispetto al 2013. Secondo gli ultimi dati di mercato inoltre la capacità di produzione mondiale delle bioplastiche è destinata a crescere di circa il 50% nel medio termine, passando da circa 4,2 milioni di tonnellate del 2016 a 6,1 milioni di tonnellate nel 2021. I dati attuali ci dicono ancora di più quindi che la filiera del compostaggio è in forte crescita, segno ancora una volta di una maggiore sensibilità nei confronti del tema del riciclo dei rifiuti. Negli impianti dedicati alla produzione del compost in Italia arrivano ogni anno circa 31.000 tonnellate di bioplastica, che vengono trasformate direttamente in compost, e circa 73.500 tonnellate di plastica, che invece devono prima essere lavorate per separare ed estrarre i materiali con cui si può produrre compost di qualità. Il compost, che ricordiamo è un fertilizzante che si ricava dalla lavorazione dei materiali biodegradabili, non serve solo per combattere l'effetto serra, ma anche per fare agricoltura, per migliorare la fertilità del suolo, per dare da mangiare a miliardi di persone. Grandi benefici, anche economici, possono derivare quindi dall’agricoltura biologica.
Gli imballaggi in plastica e bioplastica hanno il vantaggio di essere materiali riciclabili ma tra plastica e bioplastica ci sono nette differenze, con la prima che, al momento del conferimento nei contenitori della raccolta differenziata va, ovviamente, in quello della plastica e con la seconda che viene conferita invece con la frazione organica dei rifiuti. Comunicare e dialogare con i cittadini è indispensabile per noi per garantire il successo delle raccolte differenziate, leve fondamentali anche in funzione delle normative relative all'uso di materiali ecosostenibili e al consumo consapevole.