blog.greenthesisgroup.com Rss https://blog.greenthesisgroup.com/ Greenthesis - Il blog del gruppo it-it Thu, 4 Jan 2024 19:25:17 +0000 Fri, 10 Oct 2014 00:00:00 +0000 http://blogs.law.harvard.edu/tech/rss Vida Feed 2.0 info@greenthesisgroup.com (Il blog di Greenthesis Group) info@greenthesisgroup.com (Greenthesis) Archivio https://blog.greenthesisgroup.com/vida/foto/sfondo.jpg blog.greenthesisgroup.com Rss https://blog.greenthesisgroup.com/ Ambiente: Regione Lazio e Unicusano insieme per la produzione di idrogeno verde dalle discariche https://blog.greenthesisgroup.com/post/565/ambiente-regione-lazio-e-unicusano-insieme-per-la-produzione-di-idrogeno-verde-dalle-discariche

Da circa un anno è partito il dottorato di ricerca cofinanziato dalla Regione: in un’Italia dove le discariche inquinano rilasciando in atmosfera metano e C02, pesando per il 75% del totale delle emissioni di gas serra del settore rifiuti nazionale, l’Unicusano promuove uno studio per un grande obiettivo: trasformare il metano, uno dei più potenti gas serra, in idrogeno verde riutilizzabile.

Entro il 2050 saranno prodotti 3,88 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno a livello globale, con una crescita del 73% rispetto al 2020. Un dato preoccupante soprattutto considerando che la gran parte dei rifiuti ancora viene smaltito in discarica, con l’inevitabile emissione di gas composti da anidride carbonica e metano: quest’ultimo è il secondo gas serra più inquinante dopo l’anidride carbonica. Secondo le stime, saranno sprigionate nell’aria 13 milioni di tonnellate di metano all’anno, a livello globale, dal settore del trattamento di acque e rifiuti nel prossimo decennio, numero che avrà un impatto dirompente nella lotta contro i cambiamenti climatici. Si tratta infatti di un gas serra 25 volte più potente dell’anidride carbonica stessa a parità di massa.

E in Italia? Il 75% delle emissioni di gas serra dal settore dei rifiuti proviene dalle discariche e solo il 25% dagli impianti di trattamento. Le emissioni del solo metano, a livello nazionale, ammontano a circa 1,7 milioni di tonnellate all’anno, contribuendo così in maniera significativa al riscaldamento globale.

Per riabilitare i siti di discarica e trovare un utilizzo alternativo a questa tipologia di gas serra, l’Unicusano ha promosso un dottorato di ricerca cofinanziato dalla Regione Lazio. Della durata di tre anni, “LFGtoGreenH2 – Idrogeno verde: processi innovativi di produzione dal gas di discarica” punterà a teorizzare modelli di processi per catturare il metano rilasciato in atmosfera dai rifiuti organici e ottenerne la trasformazione in idrogeno verde attraverso i processi termici di reforming a temperature elevate (circa 700-800° C).

In particolare il team guidato dalla professoressa Lidia Lombardi studierà processi innovativi di valorizzazione del gas da discarica (LFG) per produrre idrogeno (H2), un vettore energetico che rappresenterà una parte importante della complessiva strategia dell’EU per l’integrazione del sistema energetico europeo. Con questo scopo, l’attività di ricerca si dedicherà all’analisi completa dei processi di reforming per la conversione del LFG in H2, attraverso la modellazione dei processi più promettenti – dry reforming e steam reforming – inseriti nel layout complessivo di un ipotetico impianto di produzione di H2, con attenzione alla definizione della tipologia di dispositivi/reattori da utilizzare. Il lavoro modellistico, supportato da approfondimenti sperimentali in laboratorio sui processi più interessanti per la specifica applicazione, permetterà la definizione dei bilanci di massa e di energia, fornendo le basi per la definizione del layout di tipo industriale, e successivamente effettuare la valutazione tecnico-economica e la valutazione energetico-ambientale dei processi analizzati.

Lo studio promosso dall’Unicusano servirà a rispondere anche alle domande sul rapporto costi/benefici, valutando gli aspetti economici (costi di produzione dell’idrogeno, l’ammontare degli investimenti, la definizione di un costo di produzione), e sugli indicatori ambientali, ovvero quanto sia favorevole o meno questo tipo di processo in termini di emissioni di gas serra o del consumo delle risorse. “Dopo l’analisi di fattibilità tecnica, dobbiamo tracciare un bilancio non solo economico ma anche ambientale – spiega la professoressa Lidia Lombardi – per capire se, effettivamente, gli scenari futuri aperti dallo studio siano migliorativi rispetto allo stato dell’arte, accompagnando lo sviluppo dei processi innovativi alla ricerca delle condizioni ambientalmente più sostenibili”. E aggiunge: “Parliamo spesso di economia circolare, ma dobbiamo assicuraci che i complessi processi necessari al recupero di risorse dai rifiuti siano effettivamente migliorativi dal punto di vista dell’impatto ambientale, rispetto ai processi consolidati. Quindi bisogna fare molta attenzione a cercare di limitarne i consumi e a sviluppare processi di recupero dei materiali – o dell’energia – che siano anche ambientalmente sostenibili. L’economia circolare è l’obiettivo verso cui la nostra società deve tendere, ma con attenzione a che sia effettivamente sostenibile”.

Alla parte teorica farà seguito la parte pratica di attuazione dei modelli elaborati grazie alla collaborazione con l’azienda IND.ECO s.r.l. (parte del Greenthesis Group), che gestisce il sito di discarica di Borgo Montello a Latina.

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Thu, 4 Jan 2024 19:25:17 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/565/ambiente-regione-lazio-e-unicusano-insieme-per-la-produzione-di-idrogeno-verde-dalle-discariche Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Greenthesis & Phoster https://blog.greenthesisgroup.com/post/564/greenthesis-e-phoster

Il progetto PHOSTER, coordinato dal Dipartimento di Ingegneria del Politecnico di Milano, ha come obiettivo lo sviluppo di una soluzione sostenibile di economia circolare per il recupero dei critical raw materials da fanghi di depurazione e sottoprodotti dell’industria mineraria al fine di sostituire le materie prime critiche primarie (fosfato, fosforo, magnesio) nella catena di approvvigionamento della produzione di fertilizzanti. Mira poi a sviluppare pratiche efficaci e sostenibili di gestione dei rifiuti e di recupero delle risorse. 

Greenthesis Group, coprendo l'intera catena del valore nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti urbani e industriali, partecipa al progetto con la società Rea Dalmine, in qualità di pure player indipendente nel settore dei servizi ambientali integrati.

Nella consapevolezza che le risorse ambientali rappresentano un bene primario per la collettività - commentano dal Gruppo – Greenthesis intende coniugare la conduzione del proprio business e la creazione di valore con la tutela dell'ambiente attraverso il miglioramento continuo e l'innovazione dei propri servizi”.

 

Il progetto

In linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, il piano strategico di attuazione del partenariato europeo per l'innovazione (PEI) sulle materie prime e gli obiettivi specifici dell'agenda di ricerca ERA-MIN, PHOSTER introduce approcci e soluzioni sistemiche per diversificare l'approvvigionamento delle materie prime e migliorare l'efficienza delle risorse, mitigando al contempo gli impatti ambientali, sociali e sanitari complessivi. 

Il progetto si basa per la prima volta sulla valutazione integrata del processo produttivo per prodotti finiti di alto valore attraverso una procedura in cui tutte le fasi sono progettate simultaneamente. La metodologia di eco-design adottata è perseguita attraverso uno schema di feedback adattivo bottom-up loop con il quale i processi produttivi vengono riprogettati con un coinvolgimento olistico di tutti i partner fino alla soluzione TRL 4 che potrebbe essere facilmente scalata con la fornitura di elementi tecnici per la prototipazione.

Previste 5 fasi principali che si basano sulla struttura del processo di produzione target:

  • Riprogettazione del processo di monoincenerimento
  • Ottimizzazione dell'estrazione selettiva del fosforo mediante lisciviazione acida evitando la contaminazione da metalli e metalloidi indesiderati
  • Identificazione e preparazione di sottoprodotti minerari ricchi di magnesio
  • Sviluppo di un processo di co-precipitazione selettiva per il recupero di materiale ricco di nutrienti di alto valore
  • Valutazione tecnica e di sostenibilità dei prodotti recuperati e del processo produttivo che guida la metodologia di eco-design. 

 

Il ruolo di Greenthesis

Il consorzio PHOSTER è composto da quattro partner e due partner associati provenienti da tre diversi paesi europei, rappresentativi di tutte le parti interessate: dalla produzione alla gestione dei rifiuti, dall’industria mineraria ai produttori di fertilizzanti fino agli sviluppatori di tecnologie ed esperti di valutazione della sostenibilità. Collaborando sin dalla fase iniziale attraverso una metodologia innovativa per lo sviluppo sostenibile della catena del valore.

Rea Dalmine partecipa in virtù delle proprie competenze riguardo la gestione di impianti di incenerimento di rifiuti solidi e la gestione dei rifiuti solidi su scala regionale. Il personale della società, guidato da Elieto Porcedda, è coinvolto nell’ambito del WP5 e WP6 dove fornisce supporto in relazione al controllo delle condizioni operative e dei processi negli impianti di incenerimento e alla valutazione economica basata su competenze nella gestione dei rifiuti (logistica per il trasporto, lo stoccaggio e la conformità al quadro normativo). 

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Fri, 24 Mar 2023 19:52:35 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/564/greenthesis-e-phoster Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
’A scuola di Economia Circolare’ per i più piccoli https://blog.greenthesisgroup.com/post/563/-a-scuola-di-economia-circolare-per-i-piu-piccoli

Greenthesis ha particolarmente a cuore la diffusione dei principi di sostenibilità e di rispetto per l’ambiente. Consapevole che la transizione da un’economia lineare a un’economia circolare è possibile solo attraverso un’“alfabetizzazione” sui temi ambientali, ha sviluppato “A scuola di economia circolare”, un percorso didattico per diffondere tra i più piccoli e le loro famiglie la cultura della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente che ha ricevuto il Patrocino sia del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare sia di Confindustria Cisambiente.

“Chiaro e coinvolgente – spiega Simona Grossi, Amministratore delegato e Partner di Greenthesis Group nonché a capo delle strategie di Comunicazione Integrata del Gruppo – è pensato per stimolare e conquistare i bambini con una serie di strumenti progettati per incuriosirli e appassionarli alle tematiche ambientali, favorendo la creazione di un circolo virtuoso tra scuola e famiglia”.

 

Learning by doign

I docenti sono supportati con un Kit didattico nel delicato compito di creare consapevolezza sui temi ambientali per formare cittadini responsabili.

Inserito nella cornice dell’Educazione Civica, “A scuola di economia circolare” invita alla riflessione e all’azione senza mai smettere di interessare, coinvolgere e divertire i bambini.

 

Tra i materiali a supporto un coloratissimo libro illustrato ideato e scritto su misura  dei giovani studenti: un’avventura alla scoperta dei modi possibili per tutelare  l’ambiente.

 

Proposte poi una di serie attività divertenti e istruttive per applicare con la pratica le nozioni apprese durante la lettura collettiva e la discussione in classe sui temi della sostenibilità:

Destinazione Cassonetto: trasformare una incombenza in un gioco, trasmettendo ai bambini le nozioni necessarie per differenziare i rifiuti;

Riciclamazzetto: gioco di carte pensato per aiutare a memorizzare la giusta destinazione dei rifiuti;

Il Giardino Del Sapone: riciclare flaconi del detersivo destinandoli a un utilizzo completamente diverso da quello per il quale sono stati prodotti, ovvero trasformandoli in vasi. Un passatempo per stimolare la creatività, dimostrando praticamente ai bambini come per qualsiasi oggetto esista una seconda vita possibile;

Da Cosa Nasce Cosa: trasformare i rifiuti alimentari in un fertilizzante naturale (compost). Tra le altre attività proposte la realizzazione di un teatro delle marionette a tema sostenibilità o la scrittura di una canzone sull’economia circolare.

Previsto poi un concorso educativo finale, una sfida grazie alla quale tutte le classi iscritte al percorso “A scuola di economia circolare” potranno mettersi in gioco. L’obiettivo è la creazione di un elaborato creativo individuale, di gruppo o di classe, dedicato ai temi della sostenibilità e dell’economia circolare: il riciclo, il riutilizzo, i comportamenti necessari per vivere nel rispetto del Pianeta e dei suoi abitanti saranno al centro dei contributi dei piccoli partecipanti. creativo. I migliori elaborati saranno ricompensati con un premio in denaro da utilizzare per l’acquisto di materiale didattico; inoltre gli autori vedranno il loro contributo esposto in mostra negli impianti Greenthesis e nell’ambito dell’edizione 2023 della fiera per la transizione ecologica Ecomondo.

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Fri, 17 Mar 2023 19:18:31 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/563/-a-scuola-di-economia-circolare-per-i-piu-piccoli Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Greenthesis S.p.A. : il desorbimento termico in situ di Bussi sul Tirino https://blog.greenthesisgroup.com/post/562/greenthesis-spa-il-desorbimento-termico-in-situ-di-bussi-sul-tirino

Il sito di Bussi sul Tirino diventa Sito di Interesse Nazionale (SIN) con Decreto del Ministero dell’Ambiente il 28 maggio 2008; interessa un territorio di 236 ettari. All’interno del SIN di Bussi, si estende l’area di Tremonti di circa 30mila metri quadri ove si svolgono i primi interventi della società Tre Monti, nata dalla partnership tra Greenthesis, Herambiente, Edison e Edison Next Environment proprio per realizzare le opere di bonifica dei terreni e delle acque sotterranee.

I lavori di bonifica sono in continuità con le attività avviate da Edison a partire dal 2016, con un ampio piano di indagini volto a completare il lavoro di analisi delle sostanze presenti in superficie e nel sottosuolo avviato dalla precedente gestione commissariale, poi con la progettazione dell’intervento  di bonifica. Il progetto di bonifica è stato autorizzato nel 2018 con decreto ministeriale ed è diventato operativo, grazie alla definizione degli obiettivi di bonifica e alle autorizzazioni locali, nel 2020. Da luglio 2021 Edison opera sull’area attraverso la società Tre Monti, a cui è stato volturato il decreto ministeriale.

Le attività di bonifica principali consistono in un piano di rimozione dei rifiuti tramite scavo e smaltimento (per l’intero sito) e un intervento di desorbimento termico, una tecnologia che permette di trattare i contaminanti presenti in profondità senza movimentazione di terreno, nella porzione settentrionale, preventivo alla rimozione dei rifiuti.

 

La tecnica applicata

Il desorbimento si avvale di sonde termiche che vengono infisse nel terreno, alla profondità corrispondente alla presenza dei contaminanti. Il riscaldamento del suolo fino a temperature di 100°C determina la vaporizzazione delle sostanze volatili e semi-volatili presenti, che vengono captate e convogliate all’interno di impianti di trattamento.

Il vantaggio di questo sistema a ciclo chiuso è quello di consentire l’estrazione di contaminanti senza rendere necessaria la movimentazione di grosse masse di terreno, minimizzando gli impatti sull’ambiente e sulle persone.

 

Il progetto

Il progetto di intervento si sviluppa in due fasi successive:

  1. il modulo pilota, applicato a circa 400 mq, utile e necessario alla calibrazione dei parametri sito specifici;
  2. il full scale per l’applicazione di larga scala sull’intera area interessata (5.200 mq).

Il sistema è inoltre di tipo integrato: sono presenti sia le postazioni di applicazione della tecnologia sia una serie di postazioni di controllo della stessa. A tale scopo sono realizzati: 

  • punti di riscaldamento posizionati, attraverso perforazioni, alla profondità desiderata, in relazione alla presenza della contaminazione;
  • pozzi di estrazione vapori (VEW);
  • pozzi di estrazione multifase (MPE);
  • pozzi di monitoraggio;
  • punti di captazione di eventuali emissioni fuggitive;
  • pozzi di monitoraggio della temperatura (TMP).

 

L’attività di bonifica

Per predisporre al meglio l’attività in sito, l’area è stata completamente compartimentata mediante palancolatura laterale e capping superficiale con lo scopo di isolare e limitare la circolazione idrica nel sottosuolo, riducendo la penetrazione di acqua meteorica, le perdite di calore e impedendo eventuali migrazioni di vapori all’esterno dell’area in trattamento. Gli elementi riscaldanti, inseriti dentro camicie metalliche, consentono di innalzare la temperatura del sottosuolo, sino alla temperatura di ebollizione della soluzione acquosa portando così al desorbimento dei contaminanti legati alla matrice solida e, di conseguenza, alla vaporizzazione degli stessi.

In particolare, per questo sito, il sistema di riscaldamento individuato come il migliore per raggiungere gli obiettivi è stato quello conduttivo: ossia, il riscaldamento del terreno avviene per mezzo di conduzione dalla singola resistenza elettrica posta all’interno di ciascuno degli elementi riscaldanti in acciaio dai quali il calore si diffonde per conduzione. In superficie, poi, gli elementi riscaldanti sono collegati a una Power Unit che regola l’apporto energetico a ciascun elemento per determinare una diffusione ottimale del calore nell’intera area di trattamento.

La captazione dei vapori è assicurata da punti di ventilazione e pozzi di estrazione multifase (equipaggiati con sistemi di dewatering) che raccolgono tutti i vapori generati convogliandoli all’unità di trattamento.

La rimozione dei contaminati dal flusso gassoso avviene per mezzo di filtrazione su carboni attivi, prima dell’emissione nell’atmosfera.

Eventuali acque e condense sono raccolte e separate, per essere qualificate e smaltite a norma di legge.

Le emissioni in atmosfera sono assoggettate a verifica di conformità rispetto ai limiti di emissione previsti in apposito provvedimento AUA (Autorizzazione Unica Ambientale).

 

Le fasi del processo

L’intervento di desorbimento termico in situ si compone di tre fasi distinte:

  • riscaldamento fino alla temperatura di esercizio di ebollizione (100°C);
  • trattamento a temperatura costante e massimizzazione della rimozione di inquinanti;
  • raffreddamento dell’area trattata.

Nella prima fase, oltre al riscaldamento del sottosuolo, si attua anche l’estrazione (emungimento) delle acque presenti al fine di ridurre le perdite di calore per evaporazione della sola fase liquida. Durante questa fase la rimozione dei contaminanti avviene prevalentemente in sostanza liquida o disciolta in acqua. L’aumento della temperatura del suolo, infatti, favorisce la mobilità e la solubilità dei contaminanti facilitandone l’estrazione assieme all’acqua.

Si passa dunque alla seconda fase dove, una volta raggiunta la temperatura di esercizio, essa viene mantenuta costante agendo sull’immissione di energia nel sottosuolo.

Al termine della fase di esercizio attivo del modulo pilota, l’unità di riscaldamento viene spenta (fase tre), mantenendo attivi i soli sistemi di aspirazione e trattamento degli effluenti al fine di garantire il contenimento delle eventuali emissioni gassose provenienti dal sottosuolo sino al raffreddamento (parziale) dei terreni.

Tramite tale tecnologia si è in grado di garantire una decontaminazione di ingenti volumetrie di intervento (circa 20.000 mc) in tempi rapidi e con impatti ambientali ridotti.

L’applicazione del trattamento consente il raggiungimento degli obiettivi di bonifica con apprezzabili vantaggi in termini di:

  • sostenibilità, poiché non comporta asportazione dello strato argilloso-torboso sottostante al rifiuto (trattamento in situ);
  • sostenibilità ambientale, grazie a minori movimentazioni e trasferimenti di matrici contaminate;
  • sostenibilità economica, visto il costo più accessibile del trattamento in confronto ad altre metodologie (es. conferimento off site);
  • sostenibilità sanitaria, non avendo esposizione alle matrici contaminate (che rimangono in situ) per il personale;
  • velocità, è un processo veloce che non dipende dalla disponibilità e ricettività di impianti esterni;
  • sicurezza, poiché agisce a profondità rilevanti, senza bisogno di scavi e opere di sostegno;
  • circolarità delle risorse, grazie alla decontaminazione infatti c’è il recupero totale del terreno autoctono, senza bisogno di riportare materiali vergini.

 

Conclusioni

La scelta delle migliori tecnologie di bonifica applicabili per un sito contaminato deve considerare sempre tre elementi fondamentali: l’utilizzo futuro dell’area oggetto di riqualificazione, un’approfondita valutazione/comparazione delle diverse tecnologie di intervento applicabili, il minor impatto ambientale delle modalità di intervento e la massimizzazione del recupero materiali. Applicare, negli anni a venire, tecnologie di bonifica in situ che permettano di non avviare a smaltimento significativi quantitativi di terreno contaminato, come quella di desorbimento termico è, e deve essere, un obiettivo.

Il desorbimento termico in situ è una tecnica affidabile e collaudata, applicabile a composti organici volatili, semivolatili ed adatta a terreni, anche eterogenei e/o con bassa permeabilità, permettendo di trattarli senza la preventiva rimozione di edifici insistenti sull’area da bonificare.

In particolare, l’uso di questa tecnologia permette di ridurre l’impatto in termini di movimentazioni dei terreni e l’invio a discarica di ingenti quantità di rifiuti con un complessivo beneficio ambientale in termini di risparmio di emissioni di CO2 e di utilizzo del suolo.

Poche sono ad oggi le esperienze applicative in Italia, il nostro augurio è che questo intervento faccia da apripista e punto di riferimento per successivi progetti.

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Tue, 13 Sep 2022 18:29:13 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/562/greenthesis-spa-il-desorbimento-termico-in-situ-di-bussi-sul-tirino Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Compatibilità ambientale dell’attività produttiva: il caso di Greenthesis in Orbassano (TO) https://blog.greenthesisgroup.com/post/561/compatibilita-ambientale-dell&8217attivita-produttiva-il-caso-di-greenthesis-in-orbassano-to

Greenthesis S.p.A. rappresenta una delle principali Imprese Italiane operante nel settore della salvaguardia dell’Ambiente.

Tra i diversi impianti del Gruppo, ad Orbassano è localizzata la Piattaforma più grande, specializzata da oltre trent’anni nella gestione integrata dei rifiuti industriali, sia liquidi che solidi.

Per esercitare l’attività, cosi come tutte le più importanti industrie produttive, l’impianto di Orbassano deve possedere un’ Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), rilasciata a seguito di un’istruttoria tecnico-amministrativa in cui tutti gli Enti Competenti esaminano la compatibilità ambientale delle attività svolte, le tecnologie attuate e i presidi ambientali e di salute e sicurezza di cui l’Azienda è dotata.

Nell’autunno del 2021, dopo circa due anni di verifiche da parte degli Organi preposti, l’AIA dell’impianto Greenthesis di Orbassano è stata rilasciata ad attestazione della conformità degli impianti e delle tecnologie adottate, nonché dell’alto livello di competenza del personale operativo, pronto ad affrontare la gestione dei rifiuti in piena sicurezza e con il minimo impatto ambientale.

Lo Stabilimento possiede attrezzature di ultima generazione, in linea con le migliori tecnologie disponibili (cosiddette BAT), che permettono di monitorare per via telematica le matrici ambientali, i cicli di produzione e il controllo e la manutenzione dei macchinari utilizzati.

Punto di forza dell’Azienda è inoltre la presenza di un Laboratorio Chimico attrezzato con strumentazione d’avanguardia e gestito da Chimici e Biologi formati e qualificati.

L’impegno ambientale di Greenthesis si concretizza, non solo nell’ottemperanza alle prescrizioni di legge contenute nell’AIA, ma anche nella costante ricerca del miglioramento continuo delle proprie performance, con una Politica incentrata sulla Sostenibilità e l’applicazione di un Sistema di Gestione Integrato, conforme agli standard internazionali delle norme UNI EN ISO di qualità (9001), ambiente (14001) e salute e sicurezza (45001)


Contatti:

Greenthesis S.p.A. Via Cassanese 45, 20054 Segrate (MI)

Tel +39 02 893801 fax +39 02 89380290 email info@greenthesisgroup.com      

https://www.greenthesisgroup.com

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Fri, 10 Jun 2022 18:19:12 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/561/compatibilita-ambientale-dell&8217attivita-produttiva-il-caso-di-greenthesis-in-orbassano-to Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Tabui: l’app che promuove la raccolta differenziata in Valle d’Aosta https://blog.greenthesisgroup.com/post/559/tabui-l-app-che-promuove-la-raccolta-differenziata-in-valle-d-aosta

La Valle d’Aosta si sta distinguendo per la grande attenzione all’ambiente e – soprattutto – alla raccolta differenziata.  A fine aprile, il consiglio regionale ha approvato l’aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti per il quinquennio 2022-2026.

I risultati attesi per il 2026 sono:

  • Un tasso di riciclo dei rifiuti pari al 65%;
  • Un tasso di raccolta differenziata pari all’80%.

Il ruolo principale in questa sfida lo gioca ENVAL, Environnement en Vallée.
 

Cos’è ENVAL

Environnement en Vallée è un progetto nato nel 2019 dal raggruppamento di 3 imprese: Rea Dalmine (Capogruppo), Fratelli Ronc e CesaroMac.Import, per partecipare alla gara d’appalto per la gestione dell’impianto di Brissogne. Gli obiettivi principali sono 3:

  1. Riorganizzare l’assetto operativo-gestionale del Centro;
  2. Potenziare gli standard ambientali attraverso investimenti impiantistici;
  3. Riorganizzare gli spazi disponibili per una ottimale gestione dei flussi
     

Per approfondimenti in merito a ENVAL potete consultare questa pagina.
 

Una strategia comunicativa

In Valle d’Aosta l’attenzione alla raccolta differenziata e, in generale, al benessere ambientale è in continua crescita. Per poter sensibilizzare al meglio tutti i cittadini, secondo il Presidente della regione Erik Lavévaz, “è importante – nel settore dei rifiuti – continuare a investire nella comunicazione, utilizzando tutti i media disponibili, fornendo informazioni e ausili chiari e comprensibili, come l’app Tabui, utili per incentivare l’adozione di stili di vita consapevoli e virtuosi”. La strategia comunicativa ideata prevede l’utilizzo di una app, della pagina e del sito ENVAL, nonché della tradizionale campagna offline.
 

L’app: TABUI

Tabui, ossia la forma dialettale piemontese con cui si indica il segugio da tartufi, è il nome dell’app nata dalla collaborazione tra ENVAL e la regione Valle d’Aosta con lo scopo di aiutare i cittadini a districarsi nel mondo della differenziata.

L’applicazione – totalmente gratuita e senza obbligo di registrazione – permetterà agli utenti di capire dove dover smistare un determinato rifiuto, dove trovare il cassonetto giusto ma, anche, l’isola ecologica più vicina, con le relative indicazioni stradali personalizzate. Sarà, inoltre, presente la funzione Wiki Tabui, dove gli utenti potranno segnalare, intervenire e suggerire migliorie.

L’app inaugura, dunque, in anteprima nazionale la sezione ‘Green’ per Valle d’Aosta e grazie alle info e ai consigli su come differenziare correttamente i materiali, ma anche agli indirizzi e agli orari di apertura degli ecocentri, può davvero rivelarsi uno strumento utile per il cittadino nel portare avanti nella vita di tutti giorni una differenziazione migliore.

Inoltre, migliorare la raccolta differenziata significa anche garantire una maggiore efficienza dell’impianto di Brissogne, incidendo così a cascata sui costi di gestione.
 

Conclusioni

Infine, al contrario di quanto si possa pensare, l’app non è progettata soltanto per i cittadini valdostani, ma anche e soprattutto per i turisti e i non residenti, per farli sentire a loro agio nel gestire correttamente i rifiuti prodotti durante il loro soggiorno, mostrando l’attenzione della Regione sia nei confronti del territorio, sia di chi lo abita, anche transitoriamente.

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Wed, 8 Jun 2022 18:35:44 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/559/tabui-l-app-che-promuove-la-raccolta-differenziata-in-valle-d-aosta Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Gli impianti di Barricalla e di GEA - società partecipate del Gruppo Greenthesis - scelgono le api come bioindicatori di salubrità https://blog.greenthesisgroup.com/post/558/gli-impianti-di-barricalla-e-di-gea-societa-partecipate-del-gruppo-greenthesis-scelgono-le-api-come-bioindicatori-di-salubrita

Gli impianti di Barricalla e di GEA - società partecipate del Gruppo Greenthesis - scelgono le api come bioindicatori di salubrità

Nel 2017 l’ONU ha istituito per il 20 maggio la Giornata mondiale delle api, avendo come obiettivo quello di rafforzare le misure di protezione di api e altri impollinatori, preziosi alleati nel tentativo di risolvere i problemi legati all’approvvigionamento alimentare globale.

 

PERCHÉ LE API SONO COSÌ IMPORTANTI?

Le api, ma anche altri animali impollinatori come farfalle, pipistrelli e colibrì, anno dopo anno sono sempre più a rischio a causa dell’attività umana, dimenticandosi che il loro ruolo nel mantenimento e nella sopravvivenza dei nostri ecosistemi è fondamentale. Grazie a loro è possibile conservare la biodiversità dei territori e quasi il 90% di tutte le specie di piante da fiore selvatiche nel mondo dipende strettamente dall’attività di impollinazione messa in atto da questi preziosissimi animali.

Tramite l’impollinazione, dunque, le api svolgono una funzione strategicamente capitale per la conservazione della flora terrestre, contribuendo non solo al mantenimento, ma anche al miglioramento della biodiversità.

La Food and Agriculture Organization (FAO) ha dovuto purtroppo annunciare alla comunità internazionale l’allarmante diminuzione della presenza di questi insetti a livello mondiale, sottolineando come l’80% circa dell’intera produzione alimentare europea dipenda dall’opera di api e impollinatori. Pertanto, il valore economico del servizio di impollinazione offerto dalle api risulta fino a dieci volte maggiore rispetto al valore del miele prodotto (Aizen et al., 2009; FAO, 2014).

Api Barricalla

 

COME MAI LE API SONO A RISCHIO?

Secondo quanto riportato dal sito dell’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, “nel corso degli ultimi anni in Italia si sono registrate perdite di api tra cento e mille volte maggiori di quanto osservato normalmente (EFSA, 2008). La moria delle api costituisce un problema sempre più grave in molte regioni italiane, a causa di una combinazione di fattori, tra i quali la maggiore vulnerabilità nei confronti di patogeni (protozoi, virus, batteri e funghi) e parassiti (quali Varroa destructor, Aethinia tumida, Vespa vetulina e altri artropodi, incluse altre specie alloctone), i cambiamenti climatici e la variazione della destinazione d’uso dei terreni in periodi di penuria di fonti alimentari e di aree di bottinamento per le api. Infine, una progressiva diminuzione delle piante mellifere e l’uso massiccio di prodotti fitosanitari e di tecniche agricole poco sostenibili rappresentano ulteriori fattori responsabili della scomparsa delle api (Le Féon et al., 2010; Maini et al., 2010)[1].

Proprio il massiccio impatto umano e l’indiscriminato impiego di terreni che utilizzano tecniche agricole scarsamente sostenibili vanno a incidere pesantemente sulla precaria situazione degli impollinatori.

 

BARRICALLA E GEA, SOCIETÀ DEL GRUPPO GREENTHESIS, SONO IN PRIMA LINEA PER L’AMBIENTE E PER LE API

Un altro ruolo importante che svolgono le api è quello di poter diventare nostre alleate nel capire lo stato ambientale e la contaminazione chimica di un dato terreno. Tramite accurate analisi di laboratorio svolte sui prodotti apistici (polline incamerato e miele prodotto) siamo infatti in grado di rinvenire sostanze che ci aiutano nella valutazione della qualità dell’ambiente e dello stato degli ecosistemi naturali presenti.

Barricalla, una delle società partecipate da Greenthesis Group, gestisce a Collegno, alle porte di Torino, uno degli impianti di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi più importanti d’Italia e, tra i monitoraggi ambientali introdotti dalla società, per la verifica dello stato di salubrità del territorio, si è scelto di avvalersi delle api, che come noto, sono tra gli esseri più delicati presenti in natura.

Arnie Api in Barricalla

L’allevamento di api all’interno dei terreni dell’impianto ha avuto inizio nel 2000, e nonostante la difficile situazione per questi insetti nel resto del mondo, vista la loro sensibilità a ogni forma di inquinamento, nel sito di Barricalla non sono mai venute meno le condizioni alla loro attività e alla loro vita. Periodicamente il miele prodotto viene analizzato e confrontato con quello generato da api di normali zone definite bianche, ossia lontano da concentrazioni antropiche o industriali. Fino ad oggi, a dimostrazione di come la gestione di un impianto di smaltimento di rifiuti, anche pericolosi, possa essere virtuosa, non sono mai state rilevate minacce alla loro esistenza.

In questa tendenza, così virtuosa, è stata coinvolta un’altra società del Gruppo Greenthesis, ossia GEA SRL che gestisce la discarica tattica regionale per rifiuti urbani e rifiuti non pericolosi nel comune di Sant’Urbano (PD). Tramite i suoi appassionati collaboratori, da marzo 2021, ha insediato al perimetro verde del sito della discarica prima un apiario (composto da 4 arnie) e dati i buoni risultati tramite sinergie con apicoltori locali sono arrivati più apiari composti da decine di arnie della razza di ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola).

Dai dati indicati dagli apicoltori, i cui apiari sono posti a ridosso della discarica, si rileva una produzione di miele in linea con l’andamento climatico dell’anno 2021. In generale le famiglie hanno tratto giovamento dalla buona postazione e posizione degli apiari per la presenza delle fioriture delle varie specie erbacee mellifere del territorio e delle specie arbore, come anche delle fioriture dei frutteti posti lungo la sponda del fiume Adige.

Arnie Api in Gea

Da segnalare inoltre che l’attività di GEA si è spinta anche a curare l’inserimento, nella fascia del corridoio ecologico nella parte nord del sito, di specie arbore autoctone e mellifere per migliorare la disponibilità e l’approvvigionamento di alimento (nettare) delle api.

L’intervento è pianificato per l’autunno 2022 e prevede la messa a dimora di circa 35 alberi. Sono previsti inoltre interventi gestionali per la cura del verde a favore delle fioriture naturali e quindi del miglioramento della biodiversità, visto che le api dipendono totalmente dalla flora degli ambienti in cui si trovano o vengono portate a operare.

Ricordiamo infine che ogni arnia può contenere più di 90.000 individui costituite da tre caste: l'ape regina, i fuchi e le api operaie. Le api che si incontrano normalmente sono le operaie specializzate nella bottinatura alle quali, come per tutte le altre, dobbiamo il nostro impegno per tentare di preservare gli ambienti in cui operano vista la loro importantissima funzione.

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Fri, 20 May 2022 17:03:20 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/558/gli-impianti-di-barricalla-e-di-gea-societa-partecipate-del-gruppo-greenthesis-scelgono-le-api-come-bioindicatori-di-salubrita Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Osmosi inversa ed evaporazione sottovuoto: ecco come funziona l’impianto di trattamento del percolato nella discarica GEA S.r.l. di Sant’Urbano (PD) https://blog.greenthesisgroup.com/post/557/osmosi-inversa-ed-evaporazione-sottovuoto-ecco-come-funziona-l-impianto-di-trattamento-del-percolato-nella-discarica-gea-srl-di-sant-urbano-pd-

Gea, società del gruppo Greenthesis, è il gestore e titolare della discarica “tattica” nella Regione Veneto, sita a Sant’Urbano in provincia di Padova, nella quale vengono conferiti rifiuti solidi urbani e speciali non pericolosi. Al suo interno è presente anche un impianto di trattamento del percolato in grado di abbattere il contenuto di PFAS attraverso un sistema innovativo.

gea sant urbano

 

IL SITO GEA DI SAN’URBANO (PD)

Il sito di GEA nasce come discarica all’avanguardia e rispettoso, da sempre, di tutte le norme tecniche di settore. È attivo dal 1990 ed è destinato allo smaltimento dei rifiuti non pericolosi e rifiuti urbani dei bacini dei vari territori veneti, nonché all’attività di recupero energetico da fonti rinnovabili tramite la valorizzazione del biogas. Al suo interno ospita, inoltre, un impianto di trattamento del percolato, realizzato con la finalità di abbattere il contenuto di PFAS attraverso un sistema a osmosi inversa, per far fronte al problema di queste nuove sostanze inquinanti emergenti, presenti in modo diffuso nel territorio Veneto e in altre regioni italiane in particolare nelle acque da destinare all’uso irriguo /potabile.

 

COSA SONO I PFAS?

I PFAS sono sostanze di sintesi formate dall’unione di fluoro e carbonio, resistenti anche alle alte temperature, non biodegradabili, idro e oleorepellenti, usate su larga scala fin dagli anni Cinquanta i PFAS sono utilizzati da molti decenni in numerosissimi prodotti e attrezzature di uso comune, sia commerciale (trattamento di tessuti, carta, pentolame, tappeti, prodotti per la Pulizia ecc.) che industriale (metal plating galvanico, schiume antincendio, prodotti e componenti elettronici ecc.).

Pertanto, una grande varietà di prodotti contenenti PFAS, alla fine del loro ciclo di vita è stata, ed è tuttora, conferita in discarica.

I prodotti finali di degradazione sono identificabili come gli acidi perfluroalchilici (PFAA).

I PFAA presentano spiccate caratteristiche acide (acidi forti, per cui in ambiente acquoso si ritrovano in forma dissociata (anionica). I PFAA comprendono quattro ulteriori sub-classi in base al gruppo funzionale legato alla catena perfluoroalchilica. Tra questi, i PFCA (acidi perfluorocarbossilici) e i PFSA (acidi perfluorosolfonici) costituiscono le due sub-classi più estesamente studiate a livello globale, principalmente per la loro ubiquità nell’ambiente (acqua, aria, sedimento e biota), oltre che negli impianti di trattamento di acque di scarico e di rifiuti.

 

DOVE SI TROVANO IN DISCARICA?

Gli scarti presenti nei rifiuti domestici urbani, negli scarti di attività artigianali e commerciali, come pure nei fanghi di depurazione delle acque reflue possono contenere tali sostanze e attraverso il sistema di gestione dei rifiuti alla fine del loro ciclo di vita arrivare in discarica. Queste sostanze, in una discarica, si distribuiscono fra il percolato, il rifiuto solido, e il gas, in accordo con i coefficienti di ripartizione di ciascuna sostanza. In particolare, le specie anioniche e maggiormente idrosolubili si ritrovano principalmente nelle matrici acquose, tra cui il percolato da discarica, mentre altre, neutre e meno solubili in acqua (come i FTOHs, alcoli fluorotelomeri), tendono ad evaporare e si ritrovano anche in aria, con concentrazioni molto variabili a seconda del valore della costante di Henry (Hamid, Li, & Grace, 2018). Inoltre, mentre sono soprattutto i PFAA a catena corta e ultracorta a essere individuabili in aria, i PFAA a catena perfluoroalchilica lunga (C≥8) si concentrano preferibilmente nel solido.

Nel caso delle discariche attraverso la pioggia i rifiuti subiscono un dilavamento, con un trasferimento di inquinanti compresi i Pfas che finiscono in parte nel percolato, questo liquido viene raccolto e allontanato obbligatoriamente in impianti di trattamento che nella maggior parte dei casi per abbattere questi tipi d’inquinanti usano i carboni attivi. I dati nella letteratura scientifica relativi alla presenza di PFAS in percolati da discarica mostrano una grande varietà sia di classi di sostanze, che di livelli di concentrazioni.

 

QUALI TECNICHE SI USANO SOLITAMENTE PER RIMUOVERLI?

Le tecniche di rimozione ad oggi più utilizzate per il trattamento di reflui con moderato contenuto di PFAS, possono essere suddivise in tecniche distruttive, che si basano sulla distruzione delle molecole in oggetto, e tecniche di adsorbimento/filtrazione, che mirano invece separare i PFAS dalla matrice acquosa trasferendoli in una matrice diversa.

I sistemi attuali di trattamento dei PFAS con i carboni attivi hanno performance di abbattimento non ottimali, inoltre tale sistema risulta molto costoso per la saturazione celere dei carboni stessi. I carboni attivi una volta saturi, vengono sottoposti a un processo di rigenerazione in appositi forni ad alta temperatura per liberare le parti trattenute.

L’osmosi inversa, come confermato da numerose ricerche riportate in letteratura, è stata considerata una delle migliori tecniche disponibile in termini di efficienza di rimozione di queste sostanze.

 

LA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI PFAS

In Italia i PFAS, sostanze organiche di acidi perfluoralchilici sono diventati tristemente famosi dal 2013, quando, uno studio del Cnr rivelò livelli allarmanti di perfluoroalchilici in Veneto e altre regioni del centro-nord italia quali il Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. Nel maggio dello stesso anno la Regione Veneto confermò che la principale fonte di contaminazione si trovava sotto la ditta chimica Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza con tonnellate di rifiuti e scarti industriali sepolti dagli anni Settanta, che da allora inquinano fiumi, falda e terreni.

Attualmente, a livello europeo sono stati stabiliti solamente per il PFOS gli Standard di qualità

ambientale (SQA) relativi alle acque superficiali e al biota (Direttiva 2013/39/UE 4 sull’ampliamento dell’elenco delle sostanze prioritarie contenuto nella Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/Ce).

La normativa nazionale, ad oggi, non prevede limiti allo scarico per i PFAS ma, in considerazione della ubiquitarietà di questa classe di sostanze, è stata espressa la volontà, sia a livello europeo che nazionale, di aggiornare e rivedere la normativa vigente, nello specifico il D. Lgs 152/06 (Parte terza, Allegato 5, Tabella 3) relativo agli scarichi idrici.

La Regione Veneto, a seguito di attività di monitoraggio condotte da Arpav nel territorio in merito al problema PFAS e in merito alle iniziative per la salvaguardia dell’ambiente, ha emanato una comunicazione con prot. n. 477961 del 15 novembre 2017 riguardante gli “Indirizzi operativi relativi al controllo e al monitoraggio delle discariche per la sorveglianza delle sostanze perfluoroalchiliche”, che ha posto l’attenzione degli operatori sulle problematiche inerenti al trattamento e alla destinazione dei reflui, sollecitandoli a ricercare tecniche, processi e trattamenti idonei per ottenere l’abbattimento dei PFAS.

In Italia il decreto legislativo 172/2015 ha stabilito dei valori di riferimento per gli standard di qualità per le acque superficiali interne, cioè fiumi e laghi. Nel tema specifico la Regione Veneto con DGRV 1590/2017 ha definito per le acque potabili destinate al “consumo umano” dei valori di perfomance (obbiettivo) validi nell’ambito del territorio regionale più restrittivi rispetto a quelli definiti da Ispra a livello nazionale.

 

COME AGISCE GEA NEL SUO IMPIANTO?

Gea, consapevole del proprio ruolo, per una più completa funzionalità del sito tattico di Sant’Urbano (intendendo la strategia come versatilità degli impianti per conseguire il fine della migliore gestione del ciclo completo dei rifiuti) a seguito delle problematiche conseguenti alla pubblicazione della nota in parola (per lo smaltimento del percolato), alla presa di coscienza delle singolarità di queste sostanze e della loro presenza anche nel percolato della discarica di Sant’Urbano, ha dato avvio a una serie di valutazioni e specifiche sperimentazioni che hanno portato a sviluppare la migliore soluzione perseguibile e sostenibile per la propria discarica.

gea sant urbano

Uno dei primi impianti italiani per l’abbattimento specifico dei PFAS del percolato è stato realizzato a Sant’Urbano, in provincia di Padova, da Gea Srl, società di Greenthesis Group, uno dei principali operatori integrati della gestione dei rifiuti urbani e industriali e nel settore delle bonifiche ambientali, di cui fa parte anche il termovalorizzatore Rea di Dalmine.

«A fine del 2017 anche la nostra discarica, in provincia di Padova, si è trovata, come tante altre del Veneto, ad affrontare il problema dei PFAS nei percolati. – racconta Gianluca Brevigliero Direttore Tecnico di Gea SrlCi siamo attivati per rispondere non solo alle prescrizioni della Regione Veneto, ma anche per cercare di renderci autonomi dai depuratori consortili. Per gestire internamente i percolati con la collaborazione di Roberto Zocchi, chief technical officer di Greenthesis Group, abbiamo progettato e costruito in un’area della discarica un impianto innovativo, che ora è nella fase finale di “esercizio provvisorio”, con ottimi risultati finali conformi alle aspettative».

La tecnologia usata a Sant’Urbano si basa su un sistema di trattamento a osmosi inversa che separa dall’acqua, e concentra in fase liquida, le sostanze inquinanti del percolato trattenendo in particolare i PFAS in modo da non disperderli nell’ambiente ed inviare il residuo liquido concentrato a trattamento finale, la maggior parte dell’acqua depurata “permeato” viene avviata in acque superficiali e/o utilizzata per usi interni apportando un sostanziale miglioramento ambientale del sito di discarica.

Il liquido concentrato dell’osmosi viene ulteriormente trattato con un processo di evaporazione sottovuoto per ridurre ulteriormente la parte destinata a smaltimento finale.

«Il risultato – spiega Zocchi – è che di 100 parti di percolato trattate si producono 90 parti di acqua depurata che si scaricano in corpo idrico superficiale e 10 parti di concentrato contenente tutti gli inquinanti che viene destinato a termodistruzione a temperature altissime, sopra i 1.000 gradi che riescono a rompere il legame tra carbonio e Fluoro».

L’impianto di GEA srl è autorizzato a trattare solo il percolato della discarica di Sant’Urbano, «ma in quanto discarica “tattica regionale” il suo sviluppo potrebbe costituire un riferimento per altre esigenze del territorio», aggiunge Brevigliero. «Prese singolarmente, le tecnologie che usiamo nel nuovo impianto sono già note», chiosa l’ing. Zocchi, «ma il loro insieme sistemico potrebbe essere brevettato». Sant'Urbano potrebbe così fare scuola in Italia e nel mondo.

Gea rappresenta un vero laboratorio tecnologico e ambientale, con una visione strategica rivolta a una costante innovazione, del quale il gruppo va molto fiero.


*Come da Decreto del Direttore dell'Area Tutela e Sviluppo del Territorio n. 75 del 09 novembre 2018 e da Decreto del DATST n. 64 del 29-12-2020 Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (P.A.U.R.)

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Tue, 5 Apr 2022 19:20:10 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/557/osmosi-inversa-ed-evaporazione-sottovuoto-ecco-come-funziona-l-impianto-di-trattamento-del-percolato-nella-discarica-gea-srl-di-sant-urbano-pd- Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Barricalla: un modello virtuoso verso l’ampliamento https://blog.greenthesisgroup.com/post/555/barricalla-un-modello-virtuoso-verso-l-ampliamento

Barricalla è il sito di stoccaggio per rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi tra i più importanti in Europa posseduta da due soci operativi – Ambienthesis (35%) e Iren (35%) – e da Finpiemonte Partecipazioni (30%)

Barricalla sorge nel comune di Collegno e si estende su una superficie di 150 mila metri quadrati, in un ampio spazio tra la tangenziale e l’ingresso ovest della città di Torino, in un’area che precedentemente aveva ospitato una cava di ghiaia utilizzata proprio per la costruzione della tangenziale di Torino, poi abbandonata.

L’impianto è senz’altro un esempio virtuoso per la gestione in sicurezza di rifiuti pericolosi e non pericolosi prodotti da industrie o provenienti dalla bonifica di aree contaminate. Barricalla, in cui sono conferiti rifiuti che non possono essere reimmessi nel ciclo produttivo, si configura come un modello di tutela ambientale non avendo mai generato, in 33 anni di attività, problemi per la salute delle comunità del territorio e per l’ambiente. Sin dal 1998 è in possesso della certificazione EMAS, ossia da quel sistema comunitario di ecogestione e audit adottato dalle aziende che si impegnano a valutare e incrementare la propria efficienza ambientale. I lotti all’interno dell’impianto sono 5, di cui 4 già esauriti. Due lotti sono stati valorizzati con la costruzione di due parchi fotovoltaici da 1,9 GWh all’anno di energia che viene immessa in rete.

In 33 anni di attività, Barricalla ha raccolto oltre 1,7 milioni di metri cubi di rifiuti. Dal momento che l’impianto è prossimo all’esaurimento delle volumetrie disponibili è stata presentata alla Città metropolitana di Torino l’istanza per l’autorizzazione di un nuovo impianto, sempre situato nel Comune di Collegno, che si svilupperebbe partendo, sempre, da una cava esaurita.

Grazie al piano di ripristino ambientale, che ha portato anche alla realizzazione dei due impianti fotovoltaici si generano parte delle risorse necessarie per il “post mortem”, ossia quelle funzionali alla gestione della struttura una volta esaurita la sua attività di conferimento dei rifiuti.

I diversi monitoraggi ambientali che regolano la vita di Barricalla comprendono anche l’utilizzo delle api, l’animale più delicato presente in natura, che sono presenti all’interno dell’impianto sin dal 2000. Il confronto del miele prodotto in Barricalla con quello prodotto con una zona “bianca” si ha evidenza gli elementi, eventualmente pericolosi, presenti nell’ambiente. Le analisi ci dicono che il miele di Barricalla non è affatto diverso da quello prodotto nella zona bianca, la collina di Torino. In 22 anni di monitoraggio, infatti, non sono mai state rilevate concentrazioni anomale di inquinanti.

Quello dei rifiuti speciali, è un settore non facile: Barricalla ha però dimostrato una visrtuosità che potrebbe e dovrebbe essere presa da esempio. Gli impianti di smaltimento di rifiuti speciali, pericolosi o non pericolosi, sono l’anello di chiusura del paradigma dell’economia circolare, ossia il punto di arrivo di quei rifiuti che non possono essere reimmessi nel ciclo produttivo. Impianti come Barricala garantiscono che vengano conferiti e stoccati in modo sicuro e presidiato, nel rispetto delle norme, evitando sia che prendano la via dell’estero, erodendo valore al nostro paese sia che cadano nelle mani delle ecomafie, che del traffico dei rifiuti, soprattutto quelli pericolosi, hanno fatto il loro business (basti pensare che la media dei sequestri da parte delle forze dell’ordine in un anno si aggira attorno ai quattro milioni di metri cubi).

Innovazione, ambiente, sostenibilità: questi i nostri pilastri.

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Thu, 17 Mar 2022 19:00:08 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/555/barricalla-un-modello-virtuoso-verso-l-ampliamento Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
My Octopus Teacher: Oscar come miglior documentario e riflessione sull’ecosistema marino https://blog.greenthesisgroup.com/post/554/my-octopus-teacher-oscar-come-miglior-documentario-e-riflessione-sull-ecosistema-marino

Quella del docufilm Netflix, uscito in Italia con il titolo Il mio amico in fondo al mare, è una storia davvero incredibile che ha emozionato pubblico e critica. Se ancora non l’avete visto, vi raccontiamo perché farlo!

Dopo essersi aggiudicato l’Oscar come miglior documentario nella scorsa 93° edizione dei premi, My Octopus Teacher di Pippa Ehrlich, James Reed e Craig Foster, ha raggiunto ancora di più il grande pubblico che dalla piattaforma Netflix si è appassionato alla storia di Craig Foster, amante delle profondità marine, e alla sua strampalata amicizia con una femmina di polpo, nelle profondità del mare sudafricano.

Di solito si pensa che siano i mammiferi e gli uccelli le creature animali più intelligenti, ma si va consolidando sempre di più una nuova evidenza, ossia che esista una forma di intelligenza superiore: i cefalopodi. Seppie, calamari e soprattutto polpi che, quando in cattività, dimostrano di essere addirittura in grado di distinguere i propri guardiani, per cercare di ingannarli, procurandosi cibo extra o addirittura tentando mirabolanti evasioni. In Altre menti, meraviglioso testo di Peter Godfrey-Smith, edito in Italia da Adelphi nel 2018, si parla proprio di questo, della complessità mentale dei cefalopodi sostenendo che, probabilmente, “il contatto con i polpi sia quanto di più vicino all'incontro con un alieno intelligente ci possa mai capitare”.

Il docufilm My Octopus Teacher sembra andare proprio in questa direzione, mostrando l’incredibile acutezza di questi esseri, oltre a restituirci la meraviglia dell’habitat naturale in cui vivono che, grazie alla maestria di registi e montatori, fa sentire lo spettatore letteralmente immerso. Craig Foster, cinquantaduenne video reporter naturalista cresciuto vicino all’oceano e appassionato dell’ecosistema marino, ha incontrato per la prima volta il polpo femmina protagonista del documentario una decina di anni fa immergendosi al largo della costa sudafricana di False Bay. Nasce così l’idea di raccontare il mondo sottomarino, osservando la sua amica cefalopode con cui giorno dopo giorno, quasi in un appuntamento fisso e imprescindibile, è riuscita a instaurare, in un certo qual modo, un rapporto con l’insolito frequentatore.

Foster racconta che quando ha iniziato le immersioni si trovava in un stato emotivo di grande difficoltà personale, molto vicino alla depressione. Decidendo di affidarsi alla riconnessione con la natura e a quella strampalata amicizia, però, è riuscito a ritrovare un equilibrio personale, una sua dimensione e a fare pace con la vita.

False Bay, Sud Africa, foto free Pixabay.

Inoltre, grazie al grande successo, giunto dopo il riconoscimento con il Premio Oscar, è stato possibile dare maggiore risalto e visibilità alla grande foresta marina africana e all’oceano circostante, e questo, come ha affermato lo stesso Foster è stato un grande obiettivo raggiunto, poiché con il documentario si voleva lanciare proprio questo messaggio, ossia che viviamo in un tesoro di biodiversità così prezioso da non poterci permettere di non proteggerlo con tutte le nostre forze.

«Ciò che è stato più entusiasmante per noi come organizzazione è stato il feedback. Abbiamo ricevuto migliaia di messaggi da tutto il mondo. Molte persone hanno iniziato a fare immersioni, studiare scienze marine o usare My Octopus Teacher come strumento nei seminari sulla salute mentale e nelle discussioni sull’ecologia emotiva e sulla connessione profonda con la natura. Volevamo mostrare al mondo questo meraviglioso ecosistema, la grande foresta marina africana, e ci siamo riusciti»

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Wed, 16 Jun 2021 17:31:57 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/554/my-octopus-teacher-oscar-come-miglior-documentario-e-riflessione-sull-ecosistema-marino Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
L’inquinamento causato dalla pandemia. Ricerca scientifica su mascherine riciclabili https://blog.greenthesisgroup.com/post/553/l-inquinamento-causato-dalla-pandemia-ricerca-scientifica-su-mascherine-riciclabili

Il 18 maggio è andato in onda a Carta Bianca su RAI 3 il servizio “L'inquinamento causato dalla pandemia. Ricerca scientifica su mascherine riciclabili”.

Sono intervenuti Marco Sperandio, Presidente del C.d.A. REA DALMINE S.p.A., Stefano Ciafani Presidente di Legambiente, la Dott.ssa Claudia Brunori, Responsabile Divisione Uso efficiente delle risorse e chiusura dei cicli del Centro Ricerche ENEA, e la Prof.ssa Cristina Fossi, Docente di Ecotossicologia dell'Università di Siena.

Qui potete seguire la puntata

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Wed, 16 Jun 2021 17:17:02 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/553/l-inquinamento-causato-dalla-pandemia-ricerca-scientifica-su-mascherine-riciclabili Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
La resilienza del bosco: consiglio di lettura green https://blog.greenthesisgroup.com/post/552/la-resilienza-del-bosco-consiglio-di-lettura-green

Il ricercatore italiano Giorgio Vacchiano, nominato nel 2018 dalla rivista Nature come uno degli 11 migliori scienziati emergenti nel mondo, ha scritto un libro intitolato La resilienza del bosco, una lettura davvero interessante che ci parla di un ecosistema di cui in verità non sappiamo davvero molto: le foreste.

Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente all’Università Statale di Milano, con il suo libro d’esordio ha dato vita a un testo che riesce a fondere narrazione e divulgazione scientifica, fornendo spunti interessantissimi circa gli studi condotti in ambito forestale e spiegando al grande pubblico quale sia lo stretto rapporto che lega il mondo vegetale a quello animale.

La parola resilienza è stata una di quelle che nell’ultimo anno e mezzo, soprattutto in relazione alla pandemia di Covid-19, è stata davvero spesso chiamata in causa. Abbiamo imparato a capire che fa riferimento a quella capacità, erroneamente attribuita in via preferenziale al genere umano, di riuscire a rialzarsi nelle difficoltà e a non farsi piegare dalle vicende avverse.

Ma siamo sicuri che la resilienza sia davvero soltanto così “umana”?

Giorgio Vacchiano ci racconta un’altra resilienza, quella della natura, quella delle foreste! Nonostante esse siano abitualmente pensate come qualcosa di immutabile e statico, sempre uguali nel tempo, a meno di un’intrusione umana, le foreste invece sono assolutamente vive e in continuo mutamento e adattamento, lento e costante.

E, paradossalmente, ce ne rendiamo pienamente conto quando c’è una grossa calamità che vi incombe: alluvioni, incendi, colate laviche in seguito a un’eruzione vulcanica e così via. Apparentemente tutto sembra distrutto, ma a questi fenomeni catastrofici non segue, come ci si aspetterebbe, un’estinzione, ma anzi si aprono scenari nuovi di enormi possibilità.

Un caso esemplare di resilienza vegetale è quanto accaduto in seguito all’eruzione distruttiva del vulcano Mount Saint Helens (nello Stato di Washington, Stati Uniti d’America), che nel maggio 1980 con 3 miliardi di metri cubi di fango, cenere e neve in fusione spazzò via i boschi sulle sue pendici. Il primo pensiero vedendo lo scenario immediatamente successivo alla catastrofe fu quello di una desertificazione definitiva, invece la natura, senza il minimo intervento umano, ha operato nel corso degli anni e la foresta è tornata rigogliosa. Gli uccelli hanno portato semi e hanno utilizzato i tronchi caduti per proteggere le nuove piante da vento e intemperie. Insomma, il miracolo della natura in tutto il suo splendore.

L’ecosistema è tutt’altro che fermo, cambia, si plasma, lascia spazio a nuove specie e tutto muta senza che nulla si distrugga davvero. I boschi e le foreste che Vacchiano ha attraversato girando in lungo e in largo per il pianeta sono l’esempio principe di questa “naturale resilienza”. Resilienza che però, badate bene, il nostro pianeta ha acquisito in milioni e milioni di evoluzione e che potrebbe essere messa a dura prova dalla repentinità dei cambiamenti climatici, tutt’altro che naturali, a cui stiamo sottoponendo la Terra con il nostro operato non proprio virtuoso.

Ed ecco che quindi emerge quel filo strettissimo che lega le nostre vite alla vita degli alberi, degli animali, degli ecosistemi che costituiscono la nostra casa comune. Non dobbiamo dimenticare che la vita dell’uomo cammina di pari passo con quella dell’ambiente che ci ospita e questo libro ci insegna a ripensare il nostro futuro in relazione a tutto ciò che ci circonda e di cui noi stessi facciamo parte.

Per concludere proprio con le parole che l’autore ha scelto per l’epilogo di questo libro, il suo è stato un tentativo di scrivere un testo di divulgazione scientifica che fosse “in grado di spiegare in maniera chiara e coinvolgente che cultura e natura, uomo e ambiente, crisi climatica e diritti umani sono in realtà due facce di uno stesso, unico sistema. Che la resilienza del bosco è, anche la nostra resilienza”.

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Mon, 14 Jun 2021 17:07:29 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/552/la-resilienza-del-bosco-consiglio-di-lettura-green Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Invertire la rotta è possibile! https://blog.greenthesisgroup.com/post/550/invertire-la-rotta-e-possibile-

Eccoci alla seconda tappa lungo il viaggio alla scoperta del libro “Tutto Ruota”, edito da Guerini e Associati, scritto da Luciano Canova e Fabrizio Iaconetti e promosso da Greenthesis Group. In questo secondo appuntamento, dopo aver parlato degli indicatori del benessere e dell’importanza del pensiero sistemico per attuare la rivoluzione ecologica, passiamo dalla teoria alla pratica e scopriamo come invertire la rotta e convertirsi alla circolarità non è affatto utopia, ma al contrario può diventare realtà.

invertiamo la rotta

 

Per portare avanti la transizione ecologica nel settembre del 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, nella quale sono presenti 17 obiettivi, i così detti Sustainable Development Goals, che hanno validità globale e che quindi ciascuno Stato deve impegnarsi a portare avanti per tentare di raggiungerli entro il 2030. La volontà sinergica di far muovere tutti i Paesi del mondo nella stessa direzione è figlia di quella nuova visione sistemica (di cui abbiamo parlato nel primo appuntamento) che supera il concetto di distinzione tra paesi e pone l’accento sulla necessità del coinvolgimento di tutte le componenti delle diverse società: dalle imprese private al settore pubblico, dalla società civile agli operatori dell’informazione e della cultura.

Testo: Ecco quali sono gli obiettivi Onu:

  1. Porre fine alla povertà in tutte le sue forme;

  2. Azzerare la fame, realizzare la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere l’agricoltura sostenibile;

  3. Garantire le condizioni di salute e il benessere per tutti;

  4. Offrire un’educazione di qualità e promuovere per tutti opportunità di apprendimento;

  5. Realizzare l’uguaglianza di genere e migliorare le condizioni di vita delle donne;

  6. Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e condizioni igieniche per tutti;

  7. Assicurare l’accesso all’energia pulita, a buon mercato e sostenibile per tutti;

  8. Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva, sostenibile oltre che la piena e produttiva occupazione;

  9. Costruire infrastrutture resistenti, promuovere l’industrializzazione sostenibile e inclusiva e favorire l’innovazione;

  10. Riduzione delle disuguaglianze tra i Paesi;

  11. Rendere le città e le comunità sicure, inclusive, resistenti e sostenibili;

  12. Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili;

  13. Attuare con urgenza politiche che combattano il cambiamento climatico e il suo impatto;

  14. Salvaguardare gli oceani, i mari e le risorse marine per un loro sviluppo sostenibile;

  15. Proteggere, ristabilire e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri;

  16. Promuovere società pacifiche e inclusive per lo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia, realizzare istituzioni effettive, responsabili e inclusive a tutti i livelli;

  17. Rinforzare e rivitalizzare le collaborazioni globali per lo sviluppo sostenibile.

Alla luce degli obiettivi appena elencati, che hanno tutti in comune lo sviluppo sostenibile e la messa in atto dell’ambiziosa transizione energetica, per la sua realizzazione bisogna necessariamente passare attraverso una gestione più integrata e oculata delle risorse, proprio a partire dai rifiuti!

La cattiva gestione dei rifiuti, infatti, sta danneggiando la salute umana e l’ambiente e chi ne paga maggiormente le conseguenze sono i più poveri. Secondo il rapporto della Banca Mondiale intitolato What a Waste 2.0: A Global Snapshot of Solid Waste Management to 2050 i rifiuti che produrremo entro quella data saranno il 70% in più rispetto ad oggi se non verrà tempestivamente abbracciato un modello economico che favorisce e stimola il riuso e il riciclo. Ecco perché, per perseguire l’obiettivo di ridurre il più possibile l’uso di fonti di energia non rinnovabili e arrivare in pochi anni a una situazione di neutralità, sarà fondamentale partire anche dall’intera gestione della filiera dei rifiuti ripensandola completamente in ottica circolare.

Pensate che in Italia ciascuno produce in media 497 chilogrammi di rifiuti urbani all’anno di cui il 51% circa viene sottoposto a riciclaggio e compostaggio. Un dato che, sebbene in linea con l’Unione Europea, non è sufficiente. Fare la raccolta differenziata con coscienza è un piccolo gesto ma in grado di produrre un grande risultato. Attuando noi la prima scrematura nella differenziazione dei rifiuti facciamo in modo che una quantità sempre minore di essi finisca in discarica e possa procedere lungo il cammino della rigenerazione! La nostra spazzatura differenziata, infatti, dopo essere stata prelevata arriva alle stazioni di trasferimento dove essi vengono smistati, compattati e preparati per essere portati negli impianti finali per il trattamento. Quando differenziamo, quindi, stiamo agendo seguendo un ragionamento collettivo, vedendo la nostra parte come un tassello di un processo più grande che ha bisogno anche di noi per funzionare, stiamo pensando in maniera sistemica e non lineare, stiamo facendo nostra la filosofia per la quale ciò che oggi gestiamo chiamandolo “rifiuto” è quel che domani diventerà (e chiameremo) “risorsa”!

Qualche esempio pratico per concludere questo secondo appuntamento alla scoperta di “Tutto Ruota”:

  • la plastica riciclata può essere usata per innumerevoli scopi, dagli arredi urbani, agli oggetti di arredo, alle cose che meno vi aspettereste: sapevate, ad esempio, che da 20 bottiglie PET si può ottenere una coperta di pile?

  • 1 kg di vetro riciclato genera 1 kg di nuovi recipienti (senza necessità di aggiungere materiale) e anche l’alluminio ha questa proprietà di poter riciclato senza limite alcuno;

  • la carta, tra i materiali più riciclati, con il suo percorso circolare fa sì che il 90% di sacchetti, scatole e giornali siano prodotti a partire da quella riciclata.

Allora, credete sia possibile continuale a chiamarli semplicemente “rifiuti”?

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Mon, 14 Jun 2021 15:43:14 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/550/invertire-la-rotta-e-possibile- Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Rifiuti: da problema a opportunità! https://blog.greenthesisgroup.com/post/551/rifiuti-da-problema-a-opportunita

Siamo già arrivati alla terza tappa del nostro viaggio all’interno dei capitoli del libro “Tutto Ruota”, edito da Guerini e Associati, scritto da Luciano Canova e Fabrizio Iaconetti e promosso da Greenthesis Group. Nell’appuntamento di oggi, prendendo le mosse dall’attuale situazione normativa ed effettiva del trattamento dei rifiuti, arriveremo a concepire il rifiuto come molto di più di un semplice scarto o un problema da risolvere, ribaltando la nostra visione e ponendo l’accento su quanto esso possa invece tramutarsi in un’opportunità, in una risorsa!

Per arrivare all’End of Waste Era bisogna capire e attraversare prima il percorso del rifiuto quando ancora è considerato tale e puntare a una cultura del better waste come passaggio intermedio: ed è proprio questo il punto del viaggio a cui siamo arrivati dopo le prime due tappe alla scoperta di “Tutto Ruota” negli articoli precedenti!

A livello comunitario vi sono dei Regolamenti atti a classificare esattamente ogni tipo di rifiuto affinché a partire da questa classificazione si possano pensare norme specifiche per lo smaltimento di ciascuna categoria. L’Elenco europeo dei rifiuti (Eer) è presupposto di questa divisione, in quanto attribuisce a ogni rifiuto un determinato codice (chiamato CER) che lo identifica. La distinzione principale è quella operata secondo l’origine del rifiuto che distingue i rifiuti urbani da quelli, così detti, speciali; secondariamente c’è un’altra distinzione che divide i rifiuti (a prescindere dalla loro origine) in pericolosi e non pericolosi.

Didascalia: Uno schema utile per la classificazione, su base normativa, dei rifiuti. 

 

Ma quanti sono i rifiuti che vanno gestiti? Quanti sono effettivamente i rifiuti solidi urbani che vengono prodotti ogni anno nel mondo? Si stima che siano più di due miliardi di tonnellate di cui, per tenersi bassi, almeno il 33% non viene gestito in maniera ecologicamente sicura. Si aggiunga a questo che si prevede che, inoltre, con il progresso di alcune società e il tasso di crescita della popolazione si arriverà nel 2050 a produrne circa 3,40miliardi all’anno.

Ed ecco che qui risiede l’importanza dell’economia circolare: essa è l’unica via possibile affinché si riescano a risolvere alla radice problemi come questo, rendendo una parte maggiore possibile di questi rifiuti nuove risorse (materie prime seconde) e facendo sì che le produzioni siano sempre più sostenibili. Non è un più differibile questo cambio di passo, perché laddove i rifiuti non vengono differenziati adeguatamente, vanno a finire in discariche aperte senza sistemi di raccolta del gas di scarico, essendo anche un’enorme fonte di inquinamento atmosferico. Discariche di questo tipo, ad esempio, secondo una stima del 2016, sono state in grado di produrre 1,6 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra equivalenti di anidride carbonica. Tali numeri non servono a nulla se non sono in grado di innescare la consapevolezza che misure rapide ed efficaci vanno prese immediatamente.

Concetto di End Of Waste

Se ci si rende conto dell’entità del “problema” rifiuti, si comprende che l’unica strada possibile è quella di trasformarlo in “opportunità”. Già con l’avvento della green economy, parlando di efficienza energetica, il rifiuto aveva iniziato a trasformarsi in risorsa, ma adesso più che mai urge un ammodernamento legislativo che operi su tre assi cardine:

  • i flussi di rifiuti per i quali non è più necessaria la qualifica di rifiuto ma che possono re-immessi nel sistema produttivo ed economico come materie prime seconde;

  • i flussi di rifiuti attualmente non riutilizzati o riciclati a causa di ostacoli di tipo legislativo, autorizzativo, organizzativo, economico, competitivo e che frenano lo sviluppo economico;

  • i flussi di rifiuti attualmente non riutilizzabili o riciclabili. Su di essi occorre intervenire affinché si sviluppino nuovi materiali, nuovi prodotti da reimmettere in produzione, nuovi sistemi e nuovi sbocchi di mercato, valutando anche la progressiva eliminazione o la sostituzione con altri che siano riutilizzabili o riciclabili.

La cessazione della qualifica di rifiuto, in particolare, deve diventare lo strumento principale per innescare e realizzare la società del riciclo, dando alla materia prima seconda uno status nuovo, che la faccia competere alla pari con la materia prima “vergine”. Allo stesso modo, troppo spesso la possibilità di considerare un residuo come un sottoprodotto e destinarlo a nuovi cicli produttivi si scontra con il timore di riuscire a provarlo davanti alle autorità responsabili della verifica. È necessario, dunque, aiutare gli operatori nel controllo delle condizioni che consentono di classificare i residui come sottoprodotti e prevedere criteri standard per quanti più flussi di residui possibile in modo da dare certezza ai produttori del residuo e anche alle stesse autorità.

 

Nel concreto bisognerà partire con una forte agenda istituzionale che sviluppi un piano di riduzione delle quantità e delle modalità di gestione dei rifiuti, considerando che l’integrazione di strumenti ambientali o fiscali può essere un driver di iniziative che, ad esempio, rendano più diffusa la riparazione, affrontino l’obsolescenza programmata, agevolino il mercato dell’usato e altre azioni tangibili in grado di stimolare la domanda e dare vita alle condizioni migliori in vista di un mercato più efficiente. Si deve osare e introdurre un’efficace azione di riforma basata su tre capisaldi: collaborazione (incentivando un sistema economico che coinvolge più attori per sviluppare una dinamica cooperativa basata sulla fiducia), finanziamento della ricostruzione (promuovendo politiche governative che danno sostegno alle imprese che fanno investimenti in chiave green) e accelerazione digitale (adottando capillarmente tecnologie e servizi digitali come leva per favorire la transizione circolare).

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Mon, 17 May 2021 17:49:56 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/551/rifiuti-da-problema-a-opportunita Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
End of Waste, economia digitale e green jobs: 3 concetti per chiudere il cerchio dell’economia circolare! https://blog.greenthesisgroup.com/post/549/end-of-waste-economia-digitale-e-green-jobs-3-concetti-per-chiudere-il-cerchio-dell-economia-circolare-

Le prime tre fermate di questo viaggio alla scoperta del libro “Tutto Ruota”, edito da Guerini e Associati, scritto da Luciano Canova e Fabrizio Iaconetti e promosso da Greenthesis Group, hanno avuto come focus quello di fornire la base teorica per ripensare l’intero modello produttivo con una mente diversa, più aperta. Ora, però, è il momento di entrare nel vivo dei processi di circolarità a partire da dove ci siamo lasciati: l’avvento dell’End of Waste Era.

il lavoro che circola

Nei prossimi paragrafi, prendendo le mosse proprio dal concetto di End of Waste, approfondendolo con alcuni esempi concreti, passeremo a dare risalto alla digitalizzazione e all’innovazione all’interno del processo di cambiamento del modello economico, per poi giungere a parlare dei “lavori del futuro” collegati alla Green Economy. Insomma, quella di oggi sarà una tappa davvero molto ricca, sia di spunti teorici che pratici, siete pronti?

 

End of Waste: qualche esempio virtuoso

Se davvero il “rifiuto” in quanto tale può diventare un concetto obsoleto e ogni cosa può iniziare una nuova vita e tornare a essere risorsa, sorge spontaneo chiedersi: esistono già esempi concreti e virtuosi di questa riconversione del business in senso circolare? La risposta è sì!

Eccone 3 esempi:

  • Campi da calcio sintetici dagli pneumatici riciclati: tutto nasce dai PFU, ovvero Pneumatici Fuori Uso, che se come rifiuto sono pericolosissimi (scarsamente biodegradabili, prendono fuoco facilmente, bruciati generano emissioni tossiche, non si possono smaltire in discarica, ecc.), possono invece diventare un’incredibile risorsa nel momento in cui vengono recuperati, stoccati, separati dai cerchioni e frantumati. Sì, proprio così, perché i frammenti trattati che ne derivano e possono essere fusi e riutilizzati in molti modi, tra cui campi in erba sintetica o pannelli insonorizzati o aree giochi per bambini. Questo grazie alle proprietà della gomma, che sapientemente unita ad altri materiali, è in grado di impermeabilizzare, attutire gli urti, ridurre i rumori e far durare più a lungo le infrastrutture che con essa vengono realizzate. Una società senza fini di lucro italiana, chiamata Ecopneus, fa proprio questo, occupandosi dell’intera gestione dei PFU.

  • Fibre tessili dallo scarto delle arance: da Catania un esempio virtuoso è quello di Orange Fiber, start up pluripremiata che ha brevettato un processo produttivo che ottiene dal cosiddetto “pastazzo” (l’umido che rimane dopo la spremitura delle arance) una fibra tessile simile alla seta, molto gradevole al tatto e che potrebbe rivelarsi anche benefica per la pelle, contenendo al suo interno diverse proprietà vitaminiche.

  • Carburanti dalla FORSU: la FORSU, ossia la Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani, è la parte di rifiuti che viene dalla raccolta differenziata dell’umido e che contiene principalmente scarti alimentari, tovaglioli sporchi, residui di cibo e così via. Contenendo moltissima acqua (il 70%) tramite la sua liquefazione si può estrarre il suo contenuto energetico e convertirlo in bio-olio e poi in bio-carburante. Del resto la natura, con processi millenari, ha fatto lo stesso decomponendo in maniera anaerobica i primi organismi viventi e facendo sì che si producesse nelle viscere della terra gas naturale e petrolio. Con il waste-to-fuel facciamo lo stesso: attuiamo in qualche ora, grazie alla termoliquefazione, un processo che genera a partire dal FORSU, un bio-olio che in seguito a un ulteriore grado di raffinazione diventa bio-carburante, eccellente alternativa per alimentare le nostre automobili.

Materiale di riuso

Digitalizzazione e innovazione

L’economia, al tempo della circolarità, non può che cambiare a favore di un modello imperniato sui concetti di recupero e riutilizzo delle risorse. Non bisogna però dimenticare di integrare, all’interno di questo modello, l’incessante trasformazione del sistema di produzione che porta a sempre maggiori livelli di digitalizzazione e innovazione tecnologica.

In tale contesto la sfida è quella di riuscire a controbilanciare tra di loro i tre pilastri dell’economia digitale che sono macchina (machine), piattaforma (platform) e folla (crowd).

  • La macchina, intesa come oggetto in grado di operare tramite la gestione di dati e l’utilizzo di algoritmi, è elemento fondativo della trasformazione digitale e sebbene sia progettata per essere al nostro servizio c’è sempre il timore che un’eccessiva automazione possa “annientare” i posti di lavoro.

  • La piattaforma è uno spazio digitale nel quale è possibile la scalabilità di business senza che si debbano possedere fisicamente i beni e i servizi che si vendono. Un esempio su tutti? Uber, la più grande società di trasporti, ma che non possiede neanche un veicolo. Le piattaforme garantiscono maggiore efficienza del processo produttivo, ma i lavoratori che operano per esse, invece, sono garantiti?

  • La folla, ossia la comunità di utenti che unendosi spontaneamente produce enormi risultati complessivi (pensate al crowdfunding) e creando community ingolosisce i giganti dell’hi-tech affinché possano accentrare sempre di più questa massa, tesoro incredibile per i loro business. In questo caso il contraltare è facile da immaginare: dove vanno a finire allora le competenze e le identità specifiche?

Senza scadere in scenari apocalittici di orwelliana memoria c’è dunque da prendere il buono della digitalizzazione, rifuggire lo spauracchio della disoccupazione tecnologica e focalizzarsi su quello che ci ha già mostrato la storia passata, ossia che si è sempre stati in grado di reagire di fronte alle grandi innovazioni generando ogni volta sempre più posti di lavoro di quanti ne andavano perduti. E questo è possibile, soltanto se, applicando quel modo di pensare per sistemi che abbiamo definito nelle precedenti tappe, ci predisponiamo a incorporare le innovazioni e i passi in avanti del progresso in modo integrativo. Ed è così che arriviamo al terzo punto.

Green Economy: i lavori del futuro

Un interessante studio del 2013 condotto da Frey e Osborne, due economisti dell’Università di Oxford, che si propone di stimare gli impatti dell’innovazione tecnologica sul mercato del lavoro, classifica le occupazioni in 3 categorie:

  1. quelle che richiedono manipolazione e percezione;

  2. quelle che si affidano a creatività e originalità;

  3. quelle che si caratterizzano per un alto livello di intelligenza sociale.

La prima categoria è senz’altro quella più colpita da automazione ed è per questo che sempre di più sarà fondamentale implementare quelle competenze che richiedono necessariamente il lavoro dell’uomo, ossia attività che presuppongano creatività, originalità e intelligenza sociale. In una società guidata dai dati e fondata sull’informatizzazione il coding e l’informatica saranno le skills più richieste, ma assieme ad esse si sbloccheranno sempre di più posizioni nei settori della Green Economy, dall’agricoltura al manifatturiero, dall’amministrazione al reparto ricerca e sviluppo, tutte orientate alla preservazione o al restauro della qualità ambientale. Anche il Next Generation EU e l’Agenda europea in generale sembrano mostrarci che questa sia la via da battere nei prossimi anni.

E allora, concludiamo questa quarta tappa menzionando il report di GreenItaly 20191 nel quale sono state elencate tutte quelle professioni green che nei prossimi anni saranno maggiormente richieste: dai meccatronici green agli educatori ambientali per l’infanzia, ce n’è un po’ per tutti!

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Mon, 17 May 2021 17:35:31 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/549/end-of-waste-economia-digitale-e-green-jobs-3-concetti-per-chiudere-il-cerchio-dell-economia-circolare- Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Alla scoperta di Tutto Ruota https://blog.greenthesisgroup.com/post/548/alla-scoperta-di-tutto-ruota

Un viaggio capitolo dopo capitolo all’interno del libro “Tutto Ruota”, edito da Fabbri Editore e scritto da Luciano Canova e Fabrizio Iaconetti, frutto del lungo lavoro di divulgazione e sensibilizzazione ai temi dell’economia circolare portato avanti con il progetto “A scuola di Economia Circolare” promosso da Greenthesis Group.

tutto routa

Tutto Ruota, disponibile in tutte le librerie fisiche e virtuali dal 7 gennaio scorso, è dunque un vero e proprio manifesto che vuole spingere ciascuno di noi, a cominciare dai giovanissimi, a diventare parte attiva della rivoluzione circolare: quel cambiamento urgente che è necessario attuare per ripensare un futuro diverso, più sostenibile, più equo, più green e anche più prospero e felice!

Visto che questo testo può, secondo noi, rivelarsi uno strumento prezioso per essere consapevoli tasselli della transizione circolare, qui sul blog potrete trovare una serie di contributi in cui passo passo avrete un quadro generale dei 5 capitoli di cui è composto il testo. Partiamo subito con il primo!

tutto ruota

Per arrivare a quelli che sono i pilastri attorno a cui ruota la narrazione è bene infatti partire da alcuni quesiti di base: come si misura lo sviluppo e il benessere di una nazione? E perché è necessario sviluppare un pensiero di tipo sistemico per interpretare la complessità della realtà e, di conseguenza, mettere in pratica la cultura della rigenerazione?

 

Come misurare il benessere?

Per rispondere al primo quesito si è deciso di approfondire la metrica più usata per misurare lo stato di ricchezza e benessere di una nazione: il PIL o Prodotto Interno Lordo. Sicuramente si tratta di un valore importante in grado di fotografare buona parte della qualità della vita e del valore prodotto dalle attività economiche di una nazione, ma da solo non basta. Infatti che esso sia considerato come valore di beni e servizi finali prodotti da un’economia in un dato periodo, che sia considerato come la somma di valori aggiunti o di tutti i redditi prodotti da un’economia, ciò che questo valore non potrà mai misurare sono tutti quegli aspetti centrali nella nostra vita che producono senz’altro valore, senza però che esso sia immediatamente quantificabile sotto il profilo monetario, valore che in economia è genericamente raggruppato sotto il nome di capitale sociale.

Pensate che negli anni ’70 il re del Bhutan (piccolo stato himalayano) propose come metro dello sviluppo l’indicatore della Felicità Interna Lorda! Sembra una battuta, ma non lo è affatto.

Tant’è vero che a distanza di più di 30 anni, nel 2021 l’Onu ha portato avanti un progetto intitolato World Happiness Report che monitora il livello di felicità in più di 150 paesi del mondo e ciò non significa affatto abbandonare metriche scientifiche, o diventare hippie, bensì abbracciare una visione complessa del concetto di “qualità della vita”, sempre tramite statistiche quantitative fondate su dati empirici. Il Report 2020, poi, ha avuto come focus tematico proprio quello di Felicità e Ambiente, dove l’ambiente è stato declinato in tutte e tre le sue accezioni principali: ambiente naturale, ambiente urbano e ambiente sociale. Conducendo questa ricerca ci si è resi conto di quanto modificare l’ambiente circostante impatti sul nostro benessere, con stime che quantificano in termini monetari la perdita di qualità ambientale, e di quanto invece comportamenti più green (in termini di sensibilità ambientale) facciano riscontrare un maggiore benessere.

tutto ruota

 

Perché è importante un pensiero sistemico?

Alla luce di quanto detto, risulta chiaro come la complessità sia la vera e propria cifra del mondo e dunque, per coglierla, ma anche per aprirsi a una prospettiva generatrice di opportunità sinora inesplorate, è necessario pensare per sistemi e non per “compartimenti stagni”. Pensare per sistemi significa cercare di vedere la realtà nella sua totalità, come un insieme di elementi tra di loro interconnessi che condividono qualcosa, che sia la funzione o l’obiettivo.

Pensare in questo modo ci aiuta a capire che affinché ogni elemento che fa parte di un sistema funzioni, non bisogna focalizzarsi solo su esso ma prenderlo in considerazione in base a ciò che lo lega agli altri, non come singolo ma come componente di una relazione. Se applichiamo questo sistema di pensiero al processo produttivo inizieremo a cambiare il nostro modo di approcciarci ad esso.

Nel processo produttivo lineare l’elemento “risorsa” viene visto come un singolo che serve per essere trasformato affinché si arrivi a dei beni finali, da consumare e, sostanzialmente, gettare via una volta usati, disperdendo così energia e materia. Si tratta di un modello pensato intrinsecamente per sprecare che ha come unico movente la massimizzazione del profitto.

Da un punto di vista di pensiero sistemico, invece, un processo produttivo di questo tipo non può che risultare fallato. La risorsa non deve essere considerata solo come uno strumento che innesca il processo, ma nella sua relazione con gli altri elementi può continuare a generare valore anche una volta che la prima parte della sua vita produttiva si è conclusa, rigenerandosi! Solo ragionando per sistemi si può entrare nel meccanismo logico del paradigma di produzione rigenerativo (circolare). Si elimina il concetto di rifiuto per farlo tornare ad essere risorsa. In quest’ottica tutto torna a essere cibo nel processo produttivo circolare, sia le risorse biologiche legate a suolo, animali o vegetali che possono in ogni fase della loro decomposizione creare valore, sia quelle tecniche come materiali sintetici, plastica, metalli che possono comunque essere riparate o riusate o ristrutturate o riciclate per diventare materie prime seconde. Nel progettare i beni del futuro, in ottica sistemica, si deve dunque pensare non solo all’oggi del bene prodotto, ma anche al suo domani, affinché sia pensato a monte per avere le caratteristiche giuste per essere reimmesso nel ciclo della produzione rigenerativa.

In quest’ottica potremmo far sì che i rifiuti industriali del XX secolo siano trasformati nei beni produttivi del XXI! Alla prossima puntata, con il secondo capitolo di Tutto Ruota!

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Mon, 19 Apr 2021 17:07:52 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/548/alla-scoperta-di-tutto-ruota Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
5 obiettivi strategici universali per orientare l’economia circolare https://blog.greenthesisgroup.com/post/547/5-obiettivi-strategici-universali-per-orientare-l-economia-circolare

Il 28 gennaio scorso la Fondazione Ellen MacArthur ha indicato quali dovranno essere i 5 obiettivi da perseguire universalmente affinché si possa davvero mettere in atto, intraprendendo una strada comune, la transizione verso l’economia circolare. Scopriamoli tutti, capendo anche quali politiche nel concreto potrebbero portare alla loro realizzazione.   

 

Perché la Fondazione ha stilato questa lista?

Avere degli obiettivi comuni, universali, è fondamentale per fornire un quadro di riferimento per i singoli governi, per le città, per le imprese nazionali. La Fondazione, infatti, vuole con questi obiettivi fornire un modello per la cooperazione tra settore pubblico e settore privato, spronando le classi politiche nazionali, perché si possa lavorare insieme, rendere efficaci i provvedimenti presi e allineare le proprie ambizioni facendole convergere su principi transazionali che hanno come unico obiettivo generale il raggiungimento dell’economia circolare, scorporando il concetto di crescita da quello del consumo di risorse (limitate) e dal conseguente degrado ambientale. Una stretta cooperazione, inoltre, ridurrà al minimo il rischio che le singole misure politiche rimangano isolate in un sistema economico generale che continua invece a basarsi sul modello lineare “take-make-waste”.

Avere degli obiettivi comuni, universali, è fondamentale per fornire un quadro di riferimento per i singoli governi, per le città, per le imprese nazionali

 

Perché è così importante la transizione Green? Quali sono i benefici dell’Economia circolare?

L’Economia circolare può rigenerare l’ambiente circostante, aumentando anche la resilienza, la salute e il benessere di chi la mette in pratica. Può, inoltre, concorrere ad affrontare problemi di portata globale quali:

  • cambiamento climatico;
  • inquinamento;
  • perdita della biodiversità.

L’economia circolare porta benefici per la salute riducendo l’impatto ambientale, migliorando la gestione delle risorse e facendo fare passi da gigante circa la questione della salubrità e sicurezza del cibo che arriva nelle nostre tavole. Oltre a tutto questo, gli studi condotti dalla Fondazione dimostrano anche che l’economia circolare è potenzialmente un motore per l’aumento medio dell’occupazione netta. Il passaggio a questo tipo di modello economico è essenziale anche per il raggiungimento di molti dei 17 obiettivi Onu per lo Sviluppo Sostenibile, come ad esempio il 12° che riguarda il consumo e la produzione responsabili dei beni, o il 9° che mira all’innovazione industriale e al potenziamento delle infrastrutture, o ancora al 13° che invita all’azione per il clima.

Vediamo, dunque, quali sono i 5 obiettivi.

Vediamo, dunque, quali sono i 5 obiettivi

 

Obiettivo UNO: Incentivare una progettazione circolare

Consentire e stimolare la progettazione, l’accesso e l’utilizzo di prodotti (che siano essi beni di consumo “fast” o che siano destinati a durare più a lungo) in ottica circolare, così da ridurre e poi eliminare sprechi e inquinamento. Esempi concreti di attuazione di questo punto possono essere:

  • l’incentivazione di progettazioni qualitativamente alte per quanto riguarda prodotti e imballaggi, ponendo l’accento in fase creativa su concetti quali la durabilità, la riutilizzabilità, la riparabilità, la riciclabilità e la compostabilità;
  • la condivisione e il monitoraggio di informazioni circa i materiali e i prodotti, attraverso l’uso di label, tag e passaporti digitali;
  • l’incoraggiamento di una produzione rigenerativa, sempre attraverso una attenta fase di progettazione del prodotto, ma anche tramite pratiche etiche di approvvigionamento o politiche agricole e di utilizzo del suolo ad hoc.

Obiettivo UNO: Incentivare una progettazione circolare

 

Obiettivo DUE: Gestire le risorse per preservarne il valore

Promuovere uno sviluppo di modelli economici e sistemi di gestione delle risorse che garantiscano ai prodotti e ai materiali il raggiungimento e mantenimento del loro maggiore livello di valore possibile. Il raggiungimento di questo punto è strettamente collegato con quei principi di progettazione che sono propri dell’Obiettivo Uno e senza i quali sarebbe complesso portare avanti modelli economici che preservano il valore. Alcuni esempi:

  • realizzare politiche fiscali e di approvvigionamento che promuovano la riparazione, la condivisione, la ri-vendita, la rigenerazione, affinché si possa massimizzare l’uso delle risorse e il ritorno economico sull’energia investita;
  • revisionare e adottare, nella legislazione dei rifiuti, classificazioni, denominazioni e definizioni delle risorse;
  • rafforzare i cicli delle risorse per dare supporto a iniziative circolari (dal riuso al riciclo) attraverso politiche EPR (ossia di Responsabilità Estesa del Produttore che così diventa responsabile del prodotto anche nella fase del “fine vita”) e DRS (ossia i Sistemi di Deposito Cauzionale).

Obiettivo DUE: Gestire le risorse per preservarne il valore

 

Obiettivo TRE: Far “funzionare” l’economia

Per far “funzionare” l’economia bisogna dare vita a incentivi economici e impostare requisiti normativi che inneschino soluzioni circolari affinché esse stesse diventino poi la norma e non più l’eccezione, sbloccando conseguentemente grandi vantaggi su più larga scala. Alcuni esempi:

  • un allineamento della tassazione e un piano di incentivi tariffari (come le politiche EPR) quando si raggiungono determinati risultati in termini di economia circolare;
  • una riforma e distribuzione, laddove necessaria, dei sussidi;
  • l’inclusione all’interno delle politiche commerciali dei principi fondativi dell’economia circolare.

Obiettivo TRE: Far funzionare l’economia

 

Obiettivo QUATTRO: Investire in innovazione, infrastrutture e competenze specifiche

Sarà fondamentale per la costruzione di una società basata sul paradigma circolare investire soldi pubblici, ma anche stimolare gli investimenti privati, in ambito formativo per accrescere le competenze necessarie a generare opportunità di lavoro nella green economy. Ciò garantirà una transizione inclusiva, sostenendo l’innovazione e sviluppando infrastrutture necessarie per l’avanzamento del cambio di paradigma. Esempi concreti per mettere in pratica l’obiettivo:

  • provvedere a fondi per la ricerca interdisciplinare;
  • supportare soluzioni di finanza sostenibile per le infrastrutture (digitali e fisiche) e per l’innovazione;
  • integrare nei programmi scolastici e d’istruzione superiore le tematiche dell’economia circolare.

Obiettivo QUATTRO: Investire in innovazione, infrastrutture e competenze specifiche

 

Obiettivo CINQUE: Collaborare per la modifica dell’intero sistema economico

Per modificare il sistema vigente bisogna innescare una collaborazione tra pubblico e privato intorno alle catene del valore per rimuovere quelle barriere che impediscono il cambiamento, per sviluppare nuove politiche e allinearsi sulle vecchie. Affinché questo avvenga si deve lavorare a livello nazionale e internazionale innescando la cooperazione tra dipartimenti governativi. I progressi raggiunti, poi, andranno monitorati e misurati in ogni singolo settore per dirigersi verso l’economia circolare con un approccio integrato. Alcuni esempi pratici:

  • creazione e adozione di meccanismi di lavoro multi-stakeholder, con una catena del valore trasversale, inclusivi ed efficienti per sviluppare soluzioni sistemiche e per costruire sinergie tra pubblico e privato;
  • la costruzione di politiche internazionali allineate affinché i principi dell’economia circolare diventino la normalità nelle singole politiche nazionali;
  • un’accelerazione del progresso misurando con attenzione e facendo buon uso dei dati.

Obiettivo CINQUE: Collaborare per la modifica dell’intero sistema economico

Documento originale su ellenmacarthurfoundation.org

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Thu, 25 Feb 2021 10:27:06 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/547/5-obiettivi-strategici-universali-per-orientare-l-economia-circolare Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
EnVal in prima linea per il documentario -Lo spirito del TOR- https://blog.greenthesisgroup.com/post/546/enval-in-prima-linea-per-il-documentario-lo-spirito-del-tor-

Proprio in questi giorni celebriamo un anno dalla conferenza stampa[1] che lo scorso ottobre ha sancito la nascita di EnVal, un progetto nato nel 2019 per rispondere alle linee guida del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti della Regione Autonoma Valle d’Aosta.

EnVal unisce la professionalità di tre realtà imprenditoriali: il Gruppo Greenthesis, attraverso la propria società REA Dalmine, la Fratelli Ronc e la Cesaro Mac Import.

Il Gruppo Greenthesis e REA Dalmine rappresentano, in Italia, uno dei principali operatori integrati nell’ambito della gestione dei rifiuti urbani e industriali e nel settore delle bonifiche ambientali. Il Gruppo è un unicum che copre l’intera catena del valore nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti confermandosi al contempo leader della green economy.

La Fratelli Ronc, costituita nel 1982, nel tempo si è strutturata e diversificata arrivando a coprire tutte le svariate esigenze e problematiche dell’impiantistica ambientale. Ciò grazie alle sue divisioni Edilizia e Energia e alle proprie specializzazioni nei settori della carpenteria metallica, degli apparati elettrici, elettronici, di automazione e telecontrollo e di ingegneria idraulica unite a doti di flessibilità e innovazione.

La Cesaro Mac Import, nata nel 1985 come una piccola impresa commerciale, diventa, nel corso degli anni, un’importante realtà nella vendita di impianti e macchinari industriali mantenendo ferma la sua identità di azienda familiare. Essa è oggi un punto di riferimento globale nel settore delle tecnologie ambientali e il partner qualificato per la risoluzione delle problematiche ambientali più complesse.

Conoscenza del territorio, disponibilità della migliore tecnologia presente sul mercato, adozione di sistemi di gestione dei rifiuti consolidati e performanti sono le distintive credenziali in suo possesso che garantiscono l’eccellenza del suo servizio e l’estrema cura dell’ambiente. Le attività di EnVal sono il presupposto per la concreta attuazione dell’economia circolare.

In linea con lo spirito di EnVal, una delle recenti iniziative di cui la Società è stata felice di farsi promotrice è il sostegno alla produzione di un documentario indipendente intitolato “Lo Spirito del TOR”, in qualità di main sponsor. La sponsorizzazione persegue l’impegno dell’azienda e dell’intero Gruppo Greenthesis a dare voce a quelle realtà territoriali che s’impegnano nella realizzazione di progetti in grado di sensibilizzare un bacino di persone sempre maggiore sulle tematiche che più ci stanno a cuore, quali l’ambiente, lo sport e la cultura portati avanti nei territori sede dei nostri impianti.

 

Cos’è “Lo spirito del TOR” e perché ne siamo tanto orgogliosi?

Lo Spirito del Tor è un film indipendente nel quale viene raccontata l’avventura di Daniele Persico, atleta amatoriale, che si è imbarcato in un’audace impresa: terminare in solitaria il Tor des Géants, ovvero uno dei trail più duri al mondo (con i suoi 330km di tracciato che attraversa 34 diversi comuni per un dislivello complessivo positivo di 24.000 metri), entro 150 ore, come previsto da regolamento ufficiale. Poiché, però, quest’anno il Tor des Géants non si è svolto a causa dei ben noti motivi sanitari di cui tutti sappiamo, Daniele Persico ha deciso di intraprendere l’impresa in solitaria, non avvalendosi come avviene nel Tour ufficiale dell’ordinaria assistenza, ma avendo soltanto un accompagnatore esperto durante le ore di buio. L’idea, la produzione e la comunicazione del documentario Lo Spirito del Tor, come si legge nel comunicato stampa da loro rilasciato, è il frutto del lavoro di cinque professionisti dell’immagine, il Babel Collective (www.babelcollective.it), che sono Alexo Athanasios (regista, montatore, fotografo), Daniele Lazzaretto (direttore fotografia, operatore, fotografo), Dario Fortunato (regista, dronista, colorist), Emanuele Biagio Cucca (regista, operatore, montatore), Erica Brunetti (comunicazione e ufficio stampa).

Il protagonista 2Daniele Persico[2], un ingegnere di Bergamo, ha da sempre la passione per lo sky-run e ama sfidare sé stesso spingendosi al proprio limite per il desiderio di scoprire luoghi incontaminati sempre nuovi e stare a contatto con la natura selvaggia. Nel documentario Daniele attraversando in lungo e in largo la Val D’Aosta mostra come la solidarietà e l’accoglienza valdostani siano veramente grandi e capaci di scaldare il cuore: tante persone che hanno aperto le porte delle loro case per mettersi a disposizioni degli atleti che affrontano questo percorso così bello e accidentato. Nelle riprese, svoltesi tra il 13 e il 18 settembre, li vedrete commossi nel raccontare aneddoti delle precedenti edizioni del Tor, immersi nella grande bellezza della natura valdostana. Il team che lo ha seguito, oltre al supporto delle comunità locali e a quello di Lifegate (media partner dell’impresa), è stato fondamentale per raggiungere l’obiettivo prefissato, che non era solo compiere, appunto, una grande prova fisica, ma soprattutto quello di far emergere le piccole comunità montane locali. Nulla è stato lasciato al caso: «Lo seguiamo con una jeep e un camper per ogni evenienza, una squadra dietro e una davanti. L’idea di Emanuele Cucca, ideatore del progetto, è quella di raccontare l’impegno e il percorso trail di Daniele, ma anche di far emergere la realtà locale circostante. Sensibilizzare il pubblico ad apprezzare e amare sempre più la vita di montagna»[3], queste le parole dei componenti del Babel Collective.

Il documentario, insomma, si fa portavoce sia del senso di appartenenza alla Valle D’Aosta sia dello spirito solidaristico delle persone che la abitano, sia dell’immenso amore per i paesaggi e la bellezza incontaminata di questi luoghi, che fanno di questa regione una delle più intriganti d’Italia.

“La sfida di scalare, valicare e scendere 16 vette racchiude l’essenza stessa dell’avventura umana: spingere al limite corpo e mente nella ricerca di sé stessi. Perdersi in un’aspra salita, trovare l’intero pianeta in cima alla montagna, raggiungere il cielo e camminarci dentro. Sentirsi liberi e capaci di imprese che dal basso sembrano impossibili”, ecco le parole emozionate di Persico che potrete presto sentire guardando Lo spirito del TOR. La solitudine del viaggio che si intreccia con la presenza accogliente di una collettività che si spende per il viaggiatore donandogli cibo, acqua, riparo. L’asperità della fatica fisica che si fonde nella profonda bellezza della natura, per sensibilizzare più persone possibile all’importanza della preservazione del territorio e delle comunità montane che lo abitano.

Questo e molto altro è Lo spirito del TOR! Ecco perché EnVal si è voluta fare promotrice del documentario, che ha sposato in pieno diventandone il main sponsor, condividendo alla base la gli stessi valori: fiera appartenenza al territorio e la cura per l’ambiente circostante.

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Fri, 30 Oct 2020 17:05:40 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/546/enval-in-prima-linea-per-il-documentario-lo-spirito-del-tor- Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Torna il Salone della CSR e dell’Innovazione sociale https://blog.greenthesisgroup.com/post/545/torna-il-salone-della-csr-e-dell-innovazione-sociale

Il Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale, il più grande evento sulla sostenibilità in Italia, è giunto quest’anno alla sua ottava edizione e si è svolto alla fine dello scorso mese nei giorni 29 e 30 settembre. La premessa da cui si è partiti quest’anno è stata la constatazione che durante lockdown e anche nel post-lockdown i cittadini siano stati più attenti riguardo le tematiche sociali e ambientali, evidenza che si fonda sul crescente interesse degli italiani per la circolarità tramite il compimento di scelte più sostenibili e diventando sempre di più dei consumatori consapevoli e attenti. Dal risparmio energetico alla riduzione degli sprechi, dal riuso degli oggetti alla raccolta differenziata, dalla mobilità responsabile agli investimenti sostenibili, queste sono tutte azioni che i cittadini hanno messo in atto in prima persona, oltre alla richiesta rivolta alle aziende di una maggiore trasparenza e cura nella creazione di prodotti attenti alle tematiche che implicano la responsabilità sociale e ambientale. Non a caso, in un recente Rapporto del Censis[1], in collaborazione con Assogestioni, è emerso che più della metà degli italiani guarda con interesse alla finanza sostenibile per investire i propri risparmi, dicendosi propenso nei confronti degli investimenti in ESG (Enviromental, Social, Governance).

Il Salone, dunque, si è inserito quest’anno in un contesto che guarda con favore ogni anno maggiore queste iniziative, motivo per cui la sua natura anche digitale (l’ottava edizione ha compreso 80 incontri in diretta web) ha permesso a un’audience numerosissima di partecipare all’evento: «Il Salone vuole essere anche una piattaforma comunicativa per offrire alle imprese l’opportunità di raccontare le proprie esperienze e ascoltare quelle di altre organizzazioni. In una società che sta attraversando una rapida ‘metamorfosi’ è molto importante saper ascoltare per riuscire a sincronizzare i comportamenti dell’impresa con le attese delle persone. Anche grazie al Giro d’Italia della CSR, il Salone ha potuto raccogliere idee, bisogni, richieste che arrivano dai territori e ha permesso di conoscere le azioni positive di chi, a livello locale, ha trovato soluzioni innovative per rispondere ai problemi sociali e ambientali. Stiamo assistendo a un cambiamento non solo economico ma anche culturale: a partire dalle grandi multinazionali per arrivare alle PMI le imprese sono sempre più impegnate per rendere sostenibili prodotti e processi e migliorare la relazione con tutti gli stakeholder»[2], ha dichiarato Rossella Sobrero, del Gruppo promotore del Salone.

Tra le tante organizzazioni e aziende che hanno partecipato all’evento, anche Greenthesis ha potuto dare il suo contributo grazie a una tavola rotonda svoltasi il 29 settembre in cui l’Ing. Giuseppe Farolfi (Direttore dell’Area Sostenibilità e Responsabilità Sociale d’Impresa e Direttore dell’Area Progettazione, Gestione e Costruzione di Greenthesis Group) ha trattato il tema dei servizi di pubblica utilità tra innovazione e digitalizzazione. L’emergenza sanitaria, infatti, ha messo in luce il ruolo fondamentale dei servizi pubblici quali la fornitura di acqua sicura e pulita, di energia, di servizi di igiene ambientale, di trasporto pubblico, solo per fare qualche esempio. Utility e aziende hanno dovuto mettere a punto piani di emergenza, agendo rapidamente e ripensando al business model al fine di garantire continuità e sicurezza nell’erogazione dei servizi. E questo cambiamento nella gestione, nelle modalità di erogazione e di fruizione dei servizi necessitava di essere pensato in un’ottica sempre più sostenibile e che facesse uso massivo delle innovazioni tecnologiche e degli strumenti digitali a disposizione. Partendo, perciò, dall’esperienza del Gruppo che è impegnato da più di trent’anni nel settore della gestione integrata dei rifiuti (dal trattamento e recupero, alla progettazione, costruzione e gestione di impianti industriali, fino anche alle attività di bonifica ambientale), l’ingegner Farolfi ha illustrato più nel dettaglio il caso di Rea Dalmine (BG) che oltre ad essere la punta di diamante del Gruppo Greenthesis con il suo termovalorizzatore all’avanguardia in Europa nato per rispondere all’emergenza rifiuti che colpì quasi tutte le province lombarde negli anni ’90, è anche situato in una delle zone maggiormente colpite dalla pandemia e perciò è stato uno degli impianti che maggiormente si è dovuto adattare alla nuova situazione rimodulando il proprio regime operativo per garantire delle performance ottimali visto il carico di rifiuti indifferenziati prodotti in particolare dal settore sanitario.

L’impianto di Dalmine, dunque, si è immediatamente dotato di protocolli atti a minimizzare al massimo il rischio e, tenendo conto che il rifiuto indifferenziato viene quasi completamente conferito in impianti di incenerimento, si è fatto in modo che a Rea i rifiuti arrivassero già sterilizzati tramite un processo attuato con vapore ad alta temperatura. Si è inoltre proceduto immediatamente con la valutazione dei rischi da parte dei direttori tecnici, l’attuazione di protocolli COVID, l’installazione dei presidi come termoscanner, mascherine, pannelli in plexiglass, ecc. e l’adozione dello smart working, laddove possibile, per tutti quei dipendenti i quali non dovevano svolgere attività in presenza non interrompibili. Per queste ultime sono stati attuati protocolli di gestione della sicurezza sanitaria sul lavoro particolarmente stringenti e di garanzia per evitare la formazione di cluster infettivi pregiudizievoli per la prosecuzione del servizio. Grazie al “green pragmatism” proprio di Greenthesis si è riusciti in tempi strettissimi a modificare il business model facendosi forti anche e soprattutto della digitalizzazione, smaterializzando le procedure aziendali tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie e raccogliendo i frutti della lunghissima esperienza nel campo della gestione integrata dei rifiuti urbani e speciali.

L’esempio di Rea Dalmine è quello di una realtà ormai consolidata di cui siamo orgogliosi e che puntiamo a migliorare ancora prevedendo un upgrade tecnologico che ottimizzi sempre di più l’efficienza energetica anche in ottica di teleriscaldamento, ma il Gruppo Greenthesis, con la convinzione e la determinazione nel costruire un domani sempre più green, ha in cantiere altri numerosi progetti per il prossimo futuro. Alcuni esempi sono l’impianto di trattamento del percolato contaminato da PFAS (tramite osmosi inversa a triplice effetto presso GEA Sant’Urbano (PD), oppure i sistemi di cogenerazione per la produzione di energia elettrica e l’utilizzo di ossidatori termici rigenerativi per l’abbattimento dei composti organici volatili nello stabilimento di Ambientehsis Orbassano (TO), oppure ancora nello stabilimento Ind.Eco. di Borgo Montello (LT) l’upgrade impiantistico a favore dell’economia circolare grazie allo sfruttamento dei biogas da fonti rinnovabili per produrre biometano.

Del resto, come dice il nostro claim, per agire in modo brillante, bisogna pensare green: think green, act smart, impegniamoci tutti a farlo!

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Thu, 8 Oct 2020 08:46:08 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/545/torna-il-salone-della-csr-e-dell-innovazione-sociale Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Il lavoro di domani è GREEN! https://blog.greenthesisgroup.com/post/544/il-lavoro-di-domani-e-green

Il progresso tecnologico è stato, nel ventesimo secolo, propulsore di benessere economico diffuso e di un forte incremento occupazionale che hanno, a loro volta, generato abbondanza e crescita. Come mai negli ultimi anni, allora, la tecnologia sempre più spesso viene vista come una minaccia? Innanzitutto, quello che preoccupa (e preoccupava, a dirla tutta, già nel 1933 il grande economista John Maynard Keynes) è la così detta “disoccupazione tecnologica”. Con questa espressione si fa riferimento a quel processo secondo cui il ritmo della crescita tecnologica è più veloce di quello umano di riuscire ad adattarsi all’innovazione, lasciando così porzioni di lavoratori senza più occupazione perché non si è in grado di capire simultaneamente al progresso come impiegare la forza lavoro che non serve più nella sua “vecchia” posizione lavorativa. Queste le parole di Keynes: «Soffriamo per un attacco di pessimismo economico. […] Abbiamo conosciuto un progresso tecnologico più rapido negli ultimi dieci anni che in tutta la storia precedente […]. La rapidità del cambiamento tecnico produce problemi difficili da risolvere. I Paesi che soffrono di più sono quelli che non sono all’avanguardia del progresso tecnico. Siamo colpiti da un nuovo malessere […]: la disoccupazione tecnologica. Una forma di disoccupazione causata dal fatto che scopriamo nuovi modi per risparmiare lavoro a una velocità superiore di quella alla quale scopriamo nuovi modi per impiegare il lavoro. Ma è soltanto un disallineamento temporaneo»[1].

Con ciò non bisogna, però, pensare che sia il progresso tecnologico il “problema”, al contrario esso continua a essere un aspetto necessario e positivo: quello che può costituire un problema è il mancato adattamento, tramite la continua innovazione, alle nuove esigenze del mercato del lavoro. Se all’avanzamento tecnologico, infatti, non corrisponde un’innovazione del mercato occupazionale avviene proprio quel disallineamento temporaneo di cui parla Keynes.

Ma allora, quali sono, ad oggi, i lavori del futuro? Su cosa si deve puntare per generare occupazione?

Se pensiamo alla società contemporanea, vediamo come tutto ciò che implica la ripetitività, la meccanicità e la segmentazione di un processo o di una operazione, può essere facilmente portato a termine da una macchina che sarà in grado di operare molto più velocemente, efficientemente e con mino margine di errore di un uomo. Bisogna perciò guardare a tutto ciò che la macchina non può fare. Nell’interessante saggio di Luciano Canova, intitolato Pop Economy, viene preso in esame uno studio americano condotto da Carl B. Frey e Michael A. Osborne[2] sul futuro dell’occupazione e si evince che: «Prendendo dati relativi al mercato americano e tratti da O*NET[3], un servizio web sviluppato per il Dipartimento del Lavoro del governo americano, e incrociandoli con quelli su reddito e occupazione raccolti nel 2010 dal Bureau of Labour Statistics (BLS), Frey e Osborne sono arrivati a classificare più di 700 lavori in base alle loro caratteristiche specifiche, in termini di manualità e altre attività richieste. Per 70 di questi lavori, riconosciuti da un gruppo di informatici esperti come soggetti, probabilmente, ad una rapida automazione negli anni a venire, vengono stimate le determinanti principali che favoriscono la meccanizzazione e i pesi, così ottenuti, sono poi applicati alle altre 600 occupazioni per predire quelle a basso rischio di automazione, medio rischio ed alto rischio. […] Quasi un lavoro su due, infatti, è classificato come ad alto rischio di automazione in un periodo di tempo non superiore ai 20 anni e, tra questi lavori, molti sono di natura impiegatizia e si tratta, dunque, di attività fino a poco tempo fa ritenute al riparo dall’innovazione tecnologica»[4].

Nonostante la metodologia dello studio presenti dei limiti, ciò che importa trarre da esso è l’aver dato rilievo all’incontestabile questione che l’automazione comporta un grande rischio per moltissimi lavori, anche quelli che credevamo “al sicuro” da questo processo. Ecco quindi che si rende centrale possedere delle competenze che siano “esclusive” dell’uomo, che coinvolgano la sfera della creatività, dell’intelligenza sociale e dell’originalità, ossia quelle più spiccatamente umane. Tutto questo discorso diventa ancora più importante se declinato secondo la green economy. Moltissime delle professioni che il cambiamento di paradigma dell’economia verso la circolarità implica, necessitano di queste doti e difficilmente saranno, in un prossimo futuro, sostituibili: le professioni del futuro, dunque, sono green! Dal report 2019 di GreenItaly emerge proprio questo dato: «il numero dei green jobs, elaborato a partire da una analisi dei microdati dell’indagine Istat sulle forze di lavoro, ha superato la soglia dei 3 milioni, arrivando a 3.100 mila unità, rappresentando il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva, valore che nel 2017 era pari a 13,0%. L’occupazione green nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100 mila unità, con un incremento del +3,4% rispetto al +0,5% verificato per le altre figure professionali. Negli ultimi cinque anni la crescita complessiva è stata del +5,3% (altre figure professionali: +4,0%)»[5]. Inoltre, da oggi al 2023, come emerge dal Focus Censis e Confcooperative Smart &Green, l’economia che genera futuro[6], ogni cinque nuovi posti di lavoro creati in Italia uno sarà nelle aziende ecosostenibili. Quindi nei prossimi anni ci sarà bisogno di quasi 500mila nuovi professionisti del verde, che è circa il doppio della cifra generata dall’altro trend innovativo preso in esame nell’indagine, ossia il digitale. I green jobs, poi, sono caratterizzati da una maggiore stabilità dei contratti, con assunzioni a tempo indeterminato nella metà dei casi contro il 24% per le altre figure; e si richiedono, tra le soft skills più importanti da possedere, l’attitudine al risparmio energetico e la sensibilità verso i temi della sostenibilità ambientale. Alcuni esempi di questi lavori del futuro potrebbero essere: l’installatore di reti elettriche a migliore efficienza; il programmatore agricolo della filiera corta; il meccatronico green (meccanici ed elettrauti entro il 2023 per essere abilitati ad esercitare l’attività di autoriparazione dovranno diventare per legge “meccatronici”); il manovale esperto di calcestruzzi green; l’installatore di impianti di condizionamento a basso impatto ambientale; il risk manager ambientale; l’educatore ambientale per l’infanzia (definito dal Ministero dell’Ambiente «uno strumento fondamentale per sensibilizzare i cittadini e le comunità ad una maggiore responsabilità e attenzione alle questioni ambientali e al buon governo del territorio»[7]); e l’elenco potrebbe continuare ancora al lungo, passando ad esempio per tutti quei lavori in ambito comunicativo (socia media management in primo luogo) che si occuperanno di raccontare e rendere d’impatto gli investimenti in ambito green di un’azienda che diventeranno, appunto, sempre più importanti e strategici per ogni business.

Concludendo, è fondamentale sapersi rendere capaci interpreti del cambiamento, per cavalcarlo e non subirlo e soprattutto, ancora una volta, anche in ambito occupazionale, le parole chiave del futuro sono sempre quelle di cui Greenthesis si fa da anni portatrice: economia circolare, progresso, innovazione, ambiente, sostenibilità.


[2] A questo link il testo completo dello studio di Frey e Osborne a cui si riferimento Canova nel suo saggio qui riportato: https://www.oxfordmartin.ox.ac.uk/downloads/academic/The_Future_of_Employment.pdf

[4] Per l’Introduzione di L. Canova, Pop Economy: #Gamification, #Crowfunding, #Big Data, Hoepli, Milano 2015, p. 4-6, è possibile consultare questo link: https://books.google.it/books?id=7O5tCQAAQBAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false

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Fri, 11 Sep 2020 18:08:23 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/544/il-lavoro-di-domani-e-green Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
End of waste: da scarto a nuova risorsa https://blog.greenthesisgroup.com/post/540/end-of-waste-da-scarto-a-nuova-risorsa

Negli ultimi anni si legge e si sente parlare sempre più spesso di “end of waste”, ma cosa si intende di preciso con questa espressione? È bene partire dalla traduzione italiana della locuzione, ossia “cessazione della qualifica di rifiuto”, per capire come con End of waste parliamo di quel processo tramite il quale si porta un rifiuto a non essere più tale ma a divenire un nuovo prodotto, una nuova risorsa, un nuovo mattone da inserire nel ciclo produttivo di domani.

L’urgenza di un cambiamento di paradigma produttivo che debba tenere conto delle esigenze ambientali e della cura del pianeta, impone infatti anche un ripensamento della gestione dei rifiuti e il conseguente innesco di quel processo che ha come obiettivo smettere di considerare il rifiuto come scarto, in quanto in realtà esso è, a ben vedere, un sottoprodotto ancora utilizzabile di una produzione precedente, e quindi quella che è più giusto chiamare “materia prima seconda”. È giusto dare, in merito, una definizione di materia prima e di materia prima seconda, laddove con la prima accezione si parla di materiali ottenuti dallo sfruttamento delle risorse naturali (a seconda della loro provenienza possono essere materie prime agricole, minerarie, alimentari o industriali e si distinguono in rinnovabili e non rinnovabili); mentre con la seconda accezione si fa riferimento a quei materiali che appunto derivano dal recupero e dal riciclaggio dei rifiuti o dai residui della lavorazione di una materia prima (plastica, vetro, alluminio, per fare qualche esempio, se riciclati in modo corretto possono essere facilmente trasformati in nuove risorse). L’obiettivo è dunque quello di promuovere il riciclaggio, garantendo un elevato livello di protezione ambientale, al fine di ridurre drasticamente il consumo di materie prime vergini e anche l’accumulazione di rifiuti da smaltire. Per fare ciò bisogna rendere il quadro normativo certo, armonizzarlo nei suoi criteri tra i vari stati membri dell’Unione e ridurre gli oneri amministrativi. b.

L’Europa ha revisionato la normativa dei rifiuti contenuta nella direttiva 2006/12/CE, tramite l’adozione di una nuova direttiva, la 2008/98/CE del novembre 2008, che è quella ad oggi in uso come direttiva quadro in materia di rifiuti. Proprio grazie a quest’ultima si è dato un grande impulso ai singoli stati affinché venisse messa al primo posto tra le priorità di gestione dei rifiuti la preparazione al riutilizzo (oltre che la prevenzione). L’Italia, pertanto, nel recepimento della normativa ha compiuto, negli ultimi anni, molti passi in avanti nel processo di ottimizzazione della gestione dei rifiuti ed è proprio del novembre 2019 l’emendamento approvato in Parlamento con il quale è stato affidato «al Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente il compito di effettuare i controlli su quegli impianti per il recupero dei rifiuti che hanno ricevuto l’autorizzazione dalle regioni»[1] affinché si finalizzi nelle singole realtà regionali una concreta politica di recupero che segua il processo dell’end of waste. Inoltre, sempre a livello normativo, un ulteriore passo in avanti è stato fatto nello scorso aprile, quando il Ministro Costa nel corso di una videoconferenza organizzata da Ecofuturo ha annunciato la firma e l’emanazione del decreto End of Waste sugli pneumatici fuoriuso (PFU). «Sono circa 400.000 le tonnellate di PFU che si generano ogni anno nel mercato del ricambio e della demolizione dei veicoli interessate dal decreto e circa 25 le aziende, con oltre 1.000 addetti, che sul territorio nazionale producono granulo da utilizzare in utili ed eccellenti applicazioni nel settore degli asfalti stradali, dell’impiantistica sportiva, dell’edilizia e dell’arredo urbano da parte di aziende specializzate. Un sistema che garantisce la raccolta e recupero della totalità dei PFU generati da pneumatici regolarmente immessi sul mercato (uno contro uno) con una raccolta capillare e costante presso gli operatori del mercato del ricambio su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una filiera che, in 10 anni, ha trasformato gli PFU da problema da gestire a risorsa preziosa, consentendo la trasformazione in materia prima seconda di più della metà della quantità di PFU raccolta»[2].

Accanto al calzante esempio degli pneumatici, è altrettanto importante fare menzione del processo di termoliquefazione che porta al recupero della FORSU, ossia della Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani. Essa è la materia che deriva dalla raccolta differenziata dell’umido ed è costituita principalmente da scarti o avanzi di cucina, residui di cibo, tovaglioli sporchi, e così via. La FORSU viene trattata nel processo insieme ai fanghi degli impianti di depurazione, alle potature degli alberi, agli scarti dell’industria agroalimentare e della grande distribuzione. L’insieme di questi rifiuti solidi di origine organica è chiamato “umido” perché ha un elevato contenuto d’acqua, fino al 70%, che viene totalmente recuperata. Attraverso la liquefazione il contenuto energetico della biomassa di[MD1]  scarto iniziale si ottiene bio-olio che a sua volta, dopo un’ulteriore raffinazione, può portare alla conversione in biocarburante. Per avere un’idea dell’imponente entità di materiale convertito vi basti pensare che da una tonnellata di materia organica, che include anche il peso dell’acqua, si ottengono fino a 150 chilogrammi di bio-olio. I ricercatori, infatti, studiando il processo naturale che ha generato in milioni di anni petrolio e gas naturali a partire dalla decomposizione anaerobica dei primi organismi viventi accumulatisi nelle viscere della terra, hanno trovato un modo per replicare l’intero processo in due o tre ore (portando il materiale organico a temperature di circa 250-310 °C) e senza la necessità di eliminare preliminarmente l’acqua: così è nata la termoliquefazione. Questi trattamenti sono fondamentali perché valorizzano i rifiuti in termini energetici e danno la possibilità di generare sottoprodotti riutilizzabili: non solo un materiale di scarto diventa preziosissima risorsa ma si mette in pratica una virtuosa e alternativa soluzione di gestione dei rifiuti.

L’elenco potrebbe ancora continuare a lungo, citando ad esempio la termovalorizzazione, ossia il processo attraverso il quale grazie al calore sviluppato dalla combustione dei rifiuti si recupera il vapore per produrre direttamente energia elettrica; oppure menzionando il teleriscaldamento, cioè quella modalità di riscaldamento degli edifici tramite impianti che utilizzano fonti rinnovabili e recuperano il calore da cicli produttivi industriali e di trattamento dei rifiuti (l’energia recuperata riscalda l’acqua che viene distribuita agli edifici con una rete di tubazioni in acciaio coibentate); ma quello che interessa in questa sede è più che altro mostrare come vi sia un ventaglio molto più ampio di soluzioni per rendere davvero circolare l’economia riducendo al minimo gli sprechi.

Grazie alla sinergia di ricerca, innovazione e politiche ambientali un’alternativa all’economia lineare non[MD2]  solo è possibile, ma è attuabile nel concreto e, proprio per questo, va attuata senza tentennamenti. Realtà come quella di Greenthesis ne sono la dimostrazione concreta: con investimenti mirati nel campo della ricerca di BAT (Best Available Techniques) per garantire alle generazioni future ciò che è necessario in termini di protezione ambientale affinché si possano far diventare realtà gli obiettivi del Green New Deal. Un’economia diversa è già qui, alla nostra portata, pronta a creare nuovi posti di lavoro, a generare valore, a salvaguardare il pianeta e non ci si può tirare indietro.

 

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Tue, 1 Sep 2020 08:01:03 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/540/end-of-waste-da-scarto-a-nuova-risorsa Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
European Plastic Pact: l’Italia c’è https://blog.greenthesisgroup.com/post/539/european-plastic-pact-l-italia-c-e

Nella primavera del 2019 Francia e Paesi Bassi si sono fatti promotori a livello europeo del così detto European Plastic Pact, ossia un patto tra organi governativi, ONG, associazioni e imprese, che ha come scopo principale quello di facilitare e velocizzare la transizione dell’Europa verso una gestione circolare della plastica. “Gli obiettivi europei includono, nel dettaglio: ridurre i prodotti e gli imballaggi in plastica vergine di almeno il 20%, aumentare la capacità di raccolta e riciclo degli imballaggi di plastica in Europa di almeno il 25% e aumentare l’uso di plastica riciclata negli imballaggi di almeno il 30%.  Tali obiettivi dovranno essere raggiunti entro il 2025, andando anche oltre l’attuale legislatura” [1].

L’Italia, che fino all’inizio del mese non compariva tra gli stati aderenti, ha dato il suo definitivo appoggio al progetto in data 7 marzo 2020 e il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in occasione della sottoscrizione del Patto, ha dichiarato: “Abbiamo aderito con convinzione al Patto europeo sulla plastica. Siamo convinti che una tematica così complessa come quella legata alla plastica, e il contrasto all’inquinamento prodotto, necessiti di strumenti condivisi tra i Paesi europei e tra i molteplici attori coinvolti nella gestione. Il Patto è uno strumento prezioso per affrontare meglio il ciclo della plastica, dalla progettazione dei prodotti alla produzione al corretto riciclo” [2].

Infatti, sono quattro i settori fondamentali su cui si è deciso di puntare all’interno del Patto per gestire al meglio, come ha detto Costa, l’intero ciclo della plastica: la progettazione circolare di prodotti e imballaggi; l’uso consapevole e responsabile della plastica; il riciclo corretto; l’impegno nell’impiegare plastiche riciclate.

Tra i firmatari [3] ci sono anche aziende molto grandi che, sottoscrivendo questo Patto, si sono assunte la responsabilità di accogliere quella che si presenta come un’enorme sfida dal punto di vista economico. Un esempio in tal senso sono due colossi come Nestlé e Unilever che, occupandosi di prodotti che per la maggior parte fanno uso di imballaggi di plastica vergine, dovranno mettere in atto una vera e propria rivoluzione aziendale. La plastica vergine, infatti, è molto più economica delle plastiche riciclate e convertire l’intera catena produttiva è un passaggio non indifferente. Nestlé, a tal proposito, ha fatto sapere che è stato necessario un investimento di oltre un miliardo e mezzo di franchi svizzeri per dotarsi di plastica riciclata per uso alimentare, oltre ad aver cominciato a ripensare da zero le modalità di distribuzione dei prodotti laddove fosse possibile fare a meno dell’imballaggio, come nel caso del caffè solubile o di alcuni alimenti per animali che potrebbero essere venduti nei punti vendita tramite erogatore come prodotto sfuso. Ha lanciato, infine, un fondo da 250 milioni di franchi svizzeri per sostenere start-up che progettino imballaggi plastic free o che si impegnino nel trovare nuovi materiali, soluzioni di riciclo o tutto ciò che potrebbe innovare il settore degli imballaggi in generale. Queste le parole di Marco Settembri, CEO di Nestlé per l’Europa, il Medio Oriente e il Nord Africa, in proposito: “Siamo lieti di aver firmato l’European Pact. Uno dei nostri obiettivi comuni è quello di creare un’economia circolare migliorando i programmi di raccolta, smistamento e riciclo in tutta Europa. In futuro vogliamo assicurarci che anche altri imballaggi, come i nostri involucri e i nostri sacchetti, possano essere riciclati in nuove confezioni per alimenti” [4].

Unilever, d’altro canto, una delle più grandi multinazionali di beni di consumo che produce e vende circa 400 marche in oltre 190 paesi, all’interno del suo Sustainable Living Plan ha dedicato un’intera macro-sezione all’ambiente ponendosi entro il 2030 l’ambizioso obiettivo di dimezzare l’impatto ambientale derivato dai suoi prodotti. Per fare ciò tra gli altri, è stato dedicato un capitolo alla questione packaging e rifiuti, nel quale alcune delle azioni concrete da mettere in atto sono: l’uso di packaging riutilizzabili, riciclabili o in plastica compostabile, la riduzione degli imballaggi quando possibile e negli altri casi il loro riciclo; eliminazione dell’uso del PVC e dei rifiuti generati dalle bustine monouso [5].

L’essere in prima linea sul campo da parte di queste aziende e la nascita dello European Plastic Pact fanno seguito anche alla decisione già presa da parte dell’Unione Europea di vietare a partire dal 2021 la produzione di alcuni tipi di oggetti di plastica come posate, cannucce, stoviglie monouso e cotton-fioc. Questo genere di prodotti, infatti, è responsabile da solo di circa il 70% di rifiuti che finiscono nei nostri mari. “Una vera e propria battaglia alla plastica monouso, che partita dall’alto con le direttive europee arriverà pian piano nella quotidianità con l’applicazione della normativa da parte degli enti locali” [6].

Accanto a queste decisioni prese a Bruxelles quindi è necessario sempre di più promuovere e dare linfa vitale a tutte quelle iniziative che proattivamente si impegnano affinché la rivoluzione della green economy e della circolarità diventino reali. Motivo per cui non possiamo non salutare con gioia il grande passo in avanti fatto dal nostro Governo con la scelta di aderire all’European Plastic Pact, che ha previsto il suo primo incontro annuale per l’8 ottobre 2020, data in cui verrà eletto il comitato direttivo.

Certo la strada da fare è ancora lunga e la sfida maggiore per le aziende resta soprattutto quella dei costi che comporta l’inversione di tendenza dall’uso dalla plastica vergine a quella riciclata (o ad altri materiali), ma noi di Greenthesis, non solo siamo fiduciosi, ma siamo in prima linea nell’impegno comune e nella cooperazione attiva in questo cambio di paradigma che ci chiede l’Europa e il Pianeta.


[1] https://www.rinnovabili.it/ambiente/rifiuti/italia-aderisce-european-plastic-pact/

[2] https://www.iconaclima.it/italia/politiche/european-plastic-pact-italia/

[3] Per un elenco completo dei firmatari dell’EPP consultare: https://europeanplasticspact.org/signatories/

[4] http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/in_breve/2020/03/06/nestle-firma-leuropean-plastic-pact_66d4867d-d168-46fd-abaf-a0bc690e40f1.html

[5] https://www.unilever.it/sustainable-living/

[6] https://www.recoverweb.it/european-plastic-pact-anche-l-italia-aderisce/

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Thu, 27 Aug 2020 01:37:17 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/539/european-plastic-pact-l-italia-c-e Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Carburante dai rifiuti: Il biometano avanzato non consuma suolo https://blog.greenthesisgroup.com/post/538/-carburante-dai-rifiuti-il-biometano-avanzato-non-consuma-suolo

Vi ricordate “Ritorno al futuro 2”? Sotto gli occhi esterrefatti di Marty McFly, il dottor Brown usava gli scarti di cucina per far viaggiare nel tempo la sua DeLorean. Era il 1989 e sembrava fantascienza, ma dopo trent’anni trasformare i rifiuti in carburante per auto è una realtà consolidata.

L’Italia è oggi il primo mercato europeo per l’uso di metano per autotrazione, con un parco circolante di quasi 1 milione di autoveicoli (circa il 2,4% del totale) e circa 1.250 distributori che erogano un miliardo di metri cubi di metano all’anno. Ma c’è anche un mercato “extra rete”, principalmente dedicato a flotte di trasporto pubblico, che consuma circa 90 milioni di metri cubi di metano. Nel trasporto pesante si sta sempre più affermando anche l’impiego del gas naturale liquefatto, con oltre una trentina di distributori già in esercizio, alcuni anche in territorio bergamasco.

Le due tipologie

«In Italia il decreto 2 marzo 2018 promuove e incentiva il biometano come biocarburante destinato ai trasporti e ne individua due tipologie: il biometano “avanzato” e quello non avanzato», spiega Roberto Zocchi, chief technical officer di Greenthesis Group, uno dei principali operatori integrati della gestione dei rifiuti urbani e industriali e nel settore delle bonifiche ambientali, di cui fa parte anche il termovalorizzatore Rea Dalmine.

Articolo completo su ecodibergamo.it

 

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Mon, 10 Aug 2020 20:15:31 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/538/-carburante-dai-rifiuti-il-biometano-avanzato-non-consuma-suolo Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Circular Economy Action Plan: azioni concrete per un Europa più green https://blog.greenthesisgroup.com/post/537/circular-economy-action-plan-azioni-concrete-per-un-europa-piu-green

L’Europa non si ferma e continua a dare seguito ai progetti per un Unione sempre più sostenibile inaugurati ufficialmente con la Presentazione dello European Green Deal l’11 dicembre scorso. E, tra i vari appuntamenti mensili della Commissione Europea sul tema ambientale, dopo la presentazione del piano di investimenti e del meccanismo per una transizione giusta, dopo la proposta della prima legge sul clima volta a garantire un’Unione europea a impatto climatico zero entro il 2050 e dopo l’adozione della strategia industriale europea, c’è stato circa un mese fa (l’11 marzo) l’importante incontro per la presentazione del Piano d’azione per l’economia circolare*, incentrato sull’uso responsabile delle risorse.

Nel 2018 la strategia sulla gestione della plastica presentata in Commissione aveva un po’ scontentato per la sua nebulosità, configurandosi come un insieme di belle proposte non abbastanza ancorate, però, a una futura fattibilità. Con questo Piano d’azione, invece, si può vedere finalmente cosa in concreto l’Europa farà per abbracciare l’intera vita del prodotto e aderire a una strategia che porti all’abbandono dell’usa e getta. Si parte quindi dall’eco-progettazione dei materiali, ossia focalizzandosi su una produzione, a monte, più “circolare”, in grado di riutilizzare le materie prime, visto che, ad oggi, solo il 12% delle risorse impiegate trova una seconda vita, quando invece questo è dei modi più efficaci per il raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050 (tra gli obiettivi che l’UE si è posta con il Green Deal).

È, infatti, risultato necessario dare priorità, proprio in fase di progettazione, al contenimento dello spreco di risorse, aumentando il più possibile l’utilizzo di materiali riciclati anziché materie prime primarie, favorendo così il riuso e il riciclo anche del prodotto al termine della sua vita, fino poi a contemplare quel concetto ormai quasi dimenticato, ma invece fondamentale nel contenimento dello spreco e della logica del monouso, ossia la riparazione. È stato, anzi, previsto che i consumatori abbiano accesso a informazioni attendibili sulla riparabilità e sulla durabilità dei prodotti, così che possano compiere scelte più sostenibili e possano beneficiare di un vero e proprio “diritto alla riparazione”. Questo punto è molto importante perché mostra come ci sia una rinnovata attenzione al consumatore che non è più soltanto un semplice utente, ma è anch’esso parte attiva nel processo della circolarità tramite le sue scelte consapevoli, non sono durante l’acquisto, ma anche in seguito durante tutto il ciclo di vita del prodotto.

Maggiormente “colpiti” da questi provvedimenti sono i dispositivi elettronici, riguardo i quali viene indicato che “i prodotti immessi sul mercato europeo, quali cellulari, tablet, laptop, dovranno essere progettati per durare più a lungo e per essere riciclati più facilmente. Non solo, per i telefoni cellulari sarà necessario introdurre un caricatore universale. Tema che si ricollega direttamente allo smaltimento delle apparecchiature elettroniche (Raee): oltre a migliorarne la raccolta (limitando tra l’altro l’uso di sostanze pericolose), il piano prevede anche di mettere a punto un sistema di restituzione dei dispositivi usati per consentire un corretto avvio al riciclo” [1]. Sono le case madri, quindi, che, nativamente, dovranno produrre dispositivi riparabili, riciclabili e riutilizzabili: un’incredibile stoccata, questa, al concetto di obsolescenza programmata alla base del modello lineare dell’economia.

Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea ed executive vice-president per l’European Green Deal, interpellato al riguardo, ha ulteriormente spiegato quali sono gli obiettivi e i vantaggi di questa riforma: “Oggi il nostro ciclo economico è quasi del tutto lineare […]. Molti prodotti si rompono troppo facilmente e non possono essere riutilizzati o riparati, questo perché spesso sono costruiti per essere usati fin tanto che non si guastino. L’economia circolare offre quindi un immenso potenziale per le imprese e per i consumatori. Con il piano di riforma che stiamo lanciando vogliamo cambiare il modo in cui i prodotti vengono costruiti, così da dare al consumatore la possibilità di operare una scelta ecosostenibile” [2].

Oltre alla responsabilizzazione dei consumatori e all’eco-progettazione, il Piano si è voluto concentrare su tutti quei settori che, utilizzando più risorse, hanno un elevato fattore di circolarità. In particolare, oltre all’elettronica, di cui si è già parlato, viene fatto riferimento al settore degli imballaggi e quello dei materiali da costruzione per i quali verranno proposte disposizioni vincolanti relative al contenuto di plastica riciclata nelle loro produzioni e per far sì che tutti gli imballaggi immessi sul mercato dell’UE siano riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile entro il 2030.

Anche il tessile è chiamato ad avere una nuova parola d’ordine: innovazione. Secondo i dati forniti dall’Unione europea, infatti, meno dell’1% di tutti i prodotti tessili del mondo vengono da materie prime seconde, l’obiettivo del piano è quindi quello di incentivare l’uso di tessuti riciclati e di rendere i capi d’abbigliamento più sostenibili (oltre che privi di sostanze tossiche). Una proposta di questo tipo estende la responsabilità del produttore e implica una cooperazione internazionale, visto che il 60% per cento della produzione è di origine extra-europea.

Anche il tema a noi più caro, ossia quello dei rifiuti, è stato preso in esame dalla Commissione che ha previsto la “possibilità di introdurre un modello armonizzato a livello europeo per la raccolta differenziata dei rifiuti, mentre l’accento sarà posto sia sulla necessità di ridurre a monte la produzione di rifiuti sia di riciclarli per immetterli in un mercato delle materie prime seconde davvero efficiente: ad esempio, nuove misure aumenteranno il ricorso agli appalti pubblici verdi (che continuano a latitare nel nostro Paese, nonostante le misure di legge previste in materia), con l’introduzione di obiettivi o criteri minimi obbligatori in materia” [3].

Nonostante l’ambizione del Circular Economy Action Plan, l’attuazione di quest’ultimo potrebbe portare, secondo le stime dell’Unione, a una crescita del Pil di un ulteriore 0,5% con la creazione di oltre 700 mila posti di lavoro nelle professioni green. Come ha dichiarato Virginijus Sinkevičius, Commissario per l’Ambiente, “il nuovo piano renderà la circolarità il mainstream della nostra vita e accelererà la transizione verde della nostra economia. Le azioni creeranno opportunità commerciali e di lavoro, conferiranno nuovi diritti agli europei, sfruttando innovazione e digitalizzazione e assicurando che nulla venga sprecato” [4].


*Per il testo integrale del Circular Economy Action Plan si rimanda a questo link: https://ec.europa.eu/environment/circular-economy/pdf/new_circular_economy_action_plan.pdf

[1] https://www.lifegate.it/persone/news/europa-economia-circolare

[2] https://www.html.it/13/03/2020/commissione-europea-presentato-il-circular-economy-action-plan/

[3] http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/economia-circolare-lue-raddoppiera-limpiego-di-materiali-riciclati-in-un-decennio/

[4] https://www.rinnovabili.it/economia-circolare/riciclo/economia-circolare-ue-piano-azione/

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Mon, 13 Jul 2020 07:51:14 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/537/circular-economy-action-plan-azioni-concrete-per-un-europa-piu-green Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
AISEC e Greenthesis: insieme per l’economia circolare https://blog.greenthesisgroup.com/post/536/aisec-e-greenthesis-insieme-per-l-economia-circolare

L’AISEC (Associazione Italiana per lo Sviluppo dell’Economia Circolare) è un’associazione no-profit che si occupa di promuovere, diffondere e applicare l’economia circolare in Italia, con la solida convinzione, condivisa anche dal nostro Gruppo, che questo modello economico sia l’unico in grado di portare a uno sviluppo sostenibile, rispettoso dell’ambiente e valorizzante di ogni materia prima.

Eleonora Rizzuto, fondatrice di AISEC, a riguardo, ha dichiarato che «l’Economia Circolare è un modello economico che trascende i singoli perimetri aziendali e che implica modifiche profonde di processo non solo all’interno delle aziende che vogliano dotarsi di tale modello ma anche nelle relazioni tra gli attori coinvolti. […] L’impresa, unitamente agli altri attori coinvolti nel ciclo produttivo, può contribuire al cambio di passo verso una nuova Economia Circolare e Responsabile attraverso pratiche e modelli produttivi a forte impatto rigenerativo, per sé stessa e per la comunità del suo indotto, con moltiplicatori sociali importanti. Fare di necessità virtù, riuscire a trasformare un esubero o un rifiuto in una “risorsa”, pensare un prodotto in chiave rigenerativa: questi i cardini principali dell’economia circolare, il modello di sviluppo che abbandona il modello lineare di produzione, uso e rifiuto, e che mira a chiudere i cicli. Non solo riuso, quindi, ma anche differenziare, riciclare e, soprattutto, pensare e progettare i prodotti in modo tale che, una volta arrivati a fine ciclo vita, possano essere facilmente disassemblati, riciclati, o riutilizzati per altri fini»[1].

Proprio al fine di incrementare questa visione all’interno delle aziende, affinché possano coinvolgere anche tutti i loro stakeholder nel processo di cambiamento, che una delle tante iniziative a cui l’AISEC ha dato vita è stata quella di attivare dei corsi di formazione online con l’ulteriore obiettivo di fornire un’introduzione alla materia della circolarità, partendo dalla nascita del concetto di economia circolare e dal quadro normativo attuale, sino ad arrivare ai casi studio da monitorare, ai risultati che sono stati ottenuti negli ultimi anni in termini di sostenibilità e alle metodologie di misurazione dei parametri che rendono un’azienda al 100% sostenibile, per l’agire del futuro. Abbracciare, infatti, il modello circolare, significa, come si diceva in apertura, cambiare profondamente paradigma economico e ciò non può che coinvolgere una molteplicità di aspetti: chiaramente quello produttivo, ma a catena anche quello normativo, organizzativo e di consumo, implicando – con quest’ultimo – una forte ricaduta sulla vita quotidiana dei singoli e avendo “il potere” di influenzare le abitudini di milioni di consumatori.

Greenthesis Group ha collaborato e preso parte attivamente a questi corsi recependo e restituendo svariati spunti di riflessione interessanti. In particolare, di grande importanza nella comprensione del come riuscire a ottenere nella pratica questo cambio di paradigma, è stata l’individuazione di tre aree d’intervento:

  • Area 1. Offerta degli attori economici;
  • Area 2. Domanda e comportamento dei consumatori;
  • Area 3. Gestione dei rifiuti.

In ciascuna di queste tre aree ci sono vari settori specifici che devono essere tenuti sotto controllo affinché ci si migliori in termini di circolarità. Della prima area, ad esempio, fanno parte tutte quelle soluzioni che portano a trovare dei sistemi di approvvigionamento sostenibile, premiando magari le materie prime seconde, affidandosi a dei fornitori piuttosto che altri in base alla loro sostenibilità e al loro impegno in materia di green economy e che possano fornire certificazioni ambientali. Oltre a questo, bisogna poi impegnarsi in una progettazione ecologica dei prodotti, che valuti sin dalle fasi embrionali del prodotto il suo impatto ambientale futuro, quindi pensare a qualcosa che sia di lunga durata, facilmente riparabile, riutilizzabile, possibilmente disassemblabile e che una volta dismesso possa essere il più possibile riciclato e reimmesso nel ciclo della vita di futuri prodotti. Anche la simbiosi industriale, ossia «lo scambio di risorse (materia, energia, acqua, sottoprodotti o esperienza) tra industrie tradizionalmente separate, al fine di realizzare con un approccio integrato uno strumento per la chiusura dei cicli delle risorse»[2], è senz’altro un settore da prendere in considerazione per dare vita a una sinergia e a una collaborazione tra imprese per raggiungere l’obiettivo ZeroWaste. Sempre nella prima area, quella dell’offerta degli attori economici, bisognerebbe incentivare il passaggio a un’economia della funzionalità, ossia quel meccanismo in grado di spronare «un’azienda, qualunque sia la sua forma, nel passare dalla vendita di un bene o di un servizio alla contrattualizzazione di una performance d’uso fondata sull’integrazione di beni e servizi», fornendo così «una risposta alle sfide di sviluppo territoriale sostenibile»[3].

Per quanto riguarda il secondo campo d’azione dell’economia circolare, ossia l’area che si riferisce alla domanda e al comportamento dei consumatori, bisogna concentrarsi su due settori principali: il consumo responsabile e il prolungamento della durata d’uso. Entrambi sono sicuramente più facilmente gestibili se a monte sono stati messi in atto tutti i cambiamenti sin qui esplorati, ma è fondamentale avere una cura particolare nei confronti del fruitore, spingerlo ad acquisti consapevoli, a un consumo collaborativo (ad esempio portandolo verso beni e servizi della sharing economy) e a una sempre maggiore attenzione verso un uso meno vorace del bene, puntando a farlo durare il più a lungo possibile grazie alla riparazione, al reimpiego e al riutilizzo come metodi di allungamento della vita del prodotto.

L’ultimo campo d’azione, quello della gestione dei rifiuti, che è anche quello che ci riguarda più da vicino, risulta essere altrettanto importante, perché senza di esso non sarebbe proprio possibile chiudere il ciclo della circolarità. Il rifiuto deve smettere di essere scarto e iniziare a essere risorsa. Come farlo? Cercando di dare al rifiuto una seconda vita: o attraverso il riciclo, riprocessando materiali scartati per ottenerne di nuovi, oppure tramite il recupero, cioè utilizzando questi materiali per la produzione di energia pulita.

Riuscendo a ottimizzare i vari settori di ciascuna area d’interesse, diventa davvero possibile dare vita alla rivoluzione copernicana della circolarità, la quale indubbiamente è in grado di portare benefici non solo a livello micro-economico, ma anche a livello macro-economico. Se, infatti, è facile immaginare l’impatto micro-economico positivo per l’impresa, in termini di spesa (in fase di approvvigionamento), di ambiente, di reputazione e di customer care; più difficile è ragionare in termini macro-economici. Bisogna perciò pensare a lungo termine e immaginare uno scenario in cui viene abbattuto il fattore di rischio della volatilità dei prezzi delle materie prime (per i paesi importatori) potendo ridurre notevolmente i flussi di queste ultime che si vedrebbero sostituite in misura sempre maggiore con materie prime seconde; uno scenario in cui puntando sull’innovazione e sulla ricerca si potranno avere maggiori tassi occupazionali e, dunque, un incremento della crescita economica; uno scenario in cui, infine, preservando il capitale naturale e ricostituendolo si potrà realmente incidere sui cambiamenti climatici e dare vita a un’inversione di rotta che porti a un mondo a emissioni zero.

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Thu, 2 Jul 2020 08:06:19 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/536/aisec-e-greenthesis-insieme-per-l-economia-circolare Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Decarbonizzazione e sostenibilità edilizia https://blog.greenthesisgroup.com/post/535/decarbonizzazione-e-sostenibilita-edilizia

A marzo scorso è stato reso pubblico il Manifesto di GBC Italia (Green Building Council) sezione nostrana della World GBC, ossia la più grande organizzazione al mondo attiva sul fronte dell’edilizia sostenibile. Con il titolo “Un ambiente costruito sostenibile per l’Italia del futuro” questo documento si propone di seguire le linee guida tracciate già a livello europeo con l’avvento del Green Deal e di proporre delle azioni concrete per raggiungere, in particolare, uno degli obiettivi comunitari più importanti: la decarbonizzazione entro il 2050.

In questo periodo così delicato in cui si trova l’intero paese (e non solo) è impossibile pensare di non calare il manifesto nell’attuale situazione di emergenza. Nei prossimi mesi, infatti, le istituzioni saranno chiamate a prendere importanti provvedimenti per dare nuovo impulso all’economia e rilanciare le attività produttive. Perciò, forse, è proprio questo il momento giusto per attuare quell’indispensabile cambio di rotta verso l’economia circolare, passando anche attraverso la promozione di costruzioni sostenibili affinché esse siano bandiera per il rilancio dell’intero settore edile.

Il presidente di GBC Italia, Giuliano Dall’Ò, nel presentare il manifesto ha dichiarato: “Con questo manifesto GBC Italia non vuole semplicemente stimolare il mondo istituzionale, ma si mette a disposizione per collaborare affinché le politiche già messe in campo vengano rafforzate, nell’interesse di tutti gli attori coinvolti nella filiera delle costruzioni e delle infrastrutture, molti dei quali fanno già parte della nostra comunità” [1].

Il Manifesto è stato inviato al Presidente del consiglio Conte, rivolgendosi di riflesso a tutta la classe politica italiana mostrando come anche il comparto dell’edilizia con le sue proposte di ripresa, cerchi di far sentire la propria voce, aggiungendosi alle richieste e agli appelli di singoli professionisti e costruttori.

Obiettivo principale è quello di ridurre le emissioni di co2 e per farlo è necessario agire proprio a livello edilizio dal momento che gli edifici sono “responsabili del 36% di tutte le emissioni, del 40% di energia, del 50% di estrazione di materie prime nell’Ue, del 21% del consumo di acqua” [2]. Inoltre, considerando che il patrimonio edilizio mondiale verosimilmente raddoppierà da qui al 2060, risulta ancora più urgente ristrutturare ciò che già esiste e progettare i nuovi edifici in modo del tutto diverso, passando dal concetto di edificio a energia zero, a quello di edificio a Zero Emissioni di co2.

Da qui la necessità di compiere un’azione coordinata, non lasciata alle singole iniziative, da parte di tutto il settore, per cambiare drasticamente il modo in cui gli edifici sono progettati, costruiti, usati e decostruiti. Per fare questo servono obiettivi di riduzione volontaria dall’industria e l’introduzione di nuove leggi a livello locale e nazionali. Ma, anche, il massimo utilizzo di risorse esistenti, promuovendo la ristrutturazione, anziché la demolizione. E la ricerca di nuovi modelli commerciali circolari che riducano la dipendenza da materie prime ad alta intensità di CO2. In Italia, ad esempio, il contributo a questo disegno potrebbe arrivare dall’approvazione della legge contro il consumo di suolo, che sostiene il riuso e il recupero degli edifici” [3]. Si potrebbero prendere come riferimento per l’agire futuro le pratiche virtuose già in uso nei paesi del Nord Europa, come ad esempio la Norvegia, in cui la maggior parte dei cantieri è alimentata da sole energie rinnovabili.

Se molti miglioramenti sono stati attuati nel campo dell’efficienza energetica, del riscaldamento o dell’illuminazione, è comunque ancora troppo poco. È vero che abbiamo nuovi sistemi di illuminazione più efficienti e che le migliorie nei serramenti e nei sistemi di isolamento hanno fatto sì che serva meno energia per riscaldare (o raffreddare) le abitazioni; è vero anche che c’è stato dal 2010 ad oggi un aumento di oltre il 20% nell’uso delle energie rinnovabili per alimentare gli edifici,  eppure il consumo di suolo è cresciuto in tutto il mondo e di conseguenza anche il consumo globale di energia. È necessario, quindi, catalogare gli edifici che verranno costruiti (e quelli già esistenti) con sistemi di rating che indichino quanto consuma un edificio, quali sono i materiali di realizzazione, qual è il grado di isolamento acustico e termico, e così via. A tal proposito all’interno del recente Circular Economy Action Plan, lanciato dall’Unione Europea come piano operativo per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal, è prevista un’intera sezione che si focalizza sull’edilizia, tramite il progetto Level(s). Sul sito ufficiale della Commissione Europea si legge che Level(s) è uno strumento open source volto al miglioramento della sostenibilità edilizia. Utilizzando gli standard già esistenti, Level(s) si arricchisce con nuove metriche di valutazione al fine di arrivare a un approccio comune a tutta l’Unione nella valutazione delle prestazioni ambientali degli edifici. All’interno di Level(s) vengono utilizzati indicatori affidabili tarati sulle norme europee in materia di energia, materiali, acqua, salute, cambiamento climatico e valore del ciclo di vita, cercando così di collegare l’impatto del singolo edificio con le priorità di sostenibilità europee [4].

Giuliano Dall’Ò in proposito ha chiarito che: “Il progetto europeo Level(s), a cui partecipiamo insieme al World Gbc, è […] una conferma di quanto sia importante trovare una sinergia tra il nostro lavoro e le attività legislative e normative” [5].

A fianco, infatti, alle iniziative delle singole aziende è necessario sentire il supporto delle istituzioni, tramite, ad esempio, i CAM (Criteri Ambientali Minimi), che devono essere continuamente aggiornati per poter davvero tendere alla valorizzazione della qualità ambientale e al rispetto dei criteri sociali, rispondendo anche all’esigenza di razionalizzare i consumi, prerogativa della Pubblica Amministrazione.

Il tema della decarbonizzazione edilizia è, dunque, un tassello molto importante nel processo di trasformazione che porta verso un’economia sempre più circolare. E se, chiaramente, è fondamentale il supporto e l’impegno concreto delle istituzioni (statali ed europee), altrettanto importante è sottolineare come, anche in un settore così diverso dal nostro, la parola chiave da tenere presente sia, però, la stessa: innovazione. Quell’innovazione che è da sempre il nostro vessillo e tratto distintivo in trent’anni di esperienza in favore dell’ambiente che ci circonda.


[1] https://elettricomagazine.it/tecnologia-ambiente-sostenibile/costruzioni-sostenibili-manifesto-futuro/

[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/arte/2020/04/02/coronavirus-il-futuro-passa-per-ledilizia-sostenibile_8f49e9d2-104d-4048-bb71-da0f3855b606.html

[3] https://valori.it/edilizia-responsabile-del-39-emissioni-di-co2/

[4] https://ec.europa.eu/environment/eussd/buildings.htm

[5] https://www.infobuildenergia.it/approfondimenti/decarbonizzare-edilizia-costruzioni-sostenibili-434.html

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Wed, 24 Jun 2020 09:36:14 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/535/decarbonizzazione-e-sostenibilita-edilizia Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Singapore anti sprechi. Innovazione e avanguardia https://blog.greenthesisgroup.com/post/534/singapore-anti-sprechi-innovazione-e-avanguardia

Singapore è una città modello nella lotta agli sprechi di acqua. Dovendo importare l’acqua dalla Malesia, con enormi costi in termini di bolletta energetica e di inquinamento, gli amministratori locali hanno fatto una scelta radicale. Meno sprechi, e più auto-produzione. Così, in pochi anni, sono entrati in funzione due grandi impianti di desalinizzazione che ogni giorno pescano dal mare e mettono nel circuito dell’acquedotto urbano la bellezza di 400 milioni di litri di acqua,. Inoltre a Singapore ci sono impianti, molto sofisticati da un punto di vista tecnologico, che catturano l’acqua piovana, e riciclano quella già utilizzata, per ottimizzare i consumi. E attraverso un sistema di filtri ultravioletti, diventa potabile perfino l’acqua degli scarichi dei bagni[1]. Ai cittadini, poi, si chiedono specifiche azioni civiche, ispirate al buonsenso e al contrasto degli sprechi. Per esempio: ridurre il numero dei lavaggi delle auto, e anche l’uso dell’acqua potabile per innaffiare i giardini. L’obiettivo è una metropoli più intelligente e meno sprecona[2].

Secondo i dati delle Nazioni Unite, oggi due miliardi di persone, circa un quarto della popolazione mondiale, consumano acqua a un ritmo di gran lunga superiore a quello con cui la risorsa si rigenera. Gli esperti dicono che quasi metà di quella che arriva a Singapore proviene dal fiume Johor, in Malesia, grazie a una serie di accordi stipulati nel 1927. Quello in vigore scadrà nel 2061 e da anni alimenta dissapori tra i due paesi per via dei prezzi. La città-stato compra quasi quattromila litri d’acqua per 3 cent – meno di un decimo di centesimo di euro. Un prezzo “ridicolo”, secondo il primo ministro malese. Tanto più che Singapore la rivende purificata alla Malesia per 50 sen.

All’inizio di quest’anno i leader dei due paesi hanno accettato di valutare un arbitrato per mettere fine a uno scontro in corso da mesi. Conflitti di questo tipo sono sempre più frequenti in Asia, dove quasi metà della popolazione vive nei bacini idrografici di appena dieci fiumi. Tra questi, in quattro diminuirà sensibilmente la portata nei prossimi cinquant’anni, secondo il think tank China water risk.

Continuiamo a parlare di quanto sia importante, ma il settore idrico è tra quelli in cui la cooperazione è più scarsa”, spiega Dechen Tsering, responsabile del programma per l’ambiente delle Nazioni Unite che si occupa di Asia e Pacifico. L’incertezza sulle importazioni delle risorse idriche e le piogge sempre più irregolari a causa del cambiamento climatico stanno spingendo Singapore ad aumentare la produzione di acqua, combinando risparmio, riutilizzo e tecnologie innovative. Dal 2006 il paese – tra i più ricchi del sudest asiatico – ha speso quasi mezzo miliardo di dollari per migliorarle.

Quando vivevamo in Australia la nostra casa era molto vecchia e la temperatura dell’acqua non era costante”, racconta Adam Reutens-Tan, 42 anni, che vive insieme alla moglie e ai due figli in un palazzo residenziale nel distretto di Hougang. “Così ho acquistato una doccia da campeggio e ho cominciato a usarla sia d’estate sia d’inverno. Mi sono accorto che così riducevamo moltissimo il consumo”. La famiglia Reutens-Tan fa docce da cinque minuti, utilizzano l’acqua nebulizzata per lavare i pavimenti e cucinano i pasti in un’unica pentola per lavare meno cose. Ogni componente della famiglia usa una tazza per lavarsi i denti. La bolletta dimostra che i Reutens-Tan consumano meno di metà dell’acqua rispetto alla media di Singapore. “Siamo molto lontani dall’indipendenza idrica. Dipendiamo pesantemente dalla Malaysia”, spiega Adam, che il mese scorso ha partecipato con la famiglia a un corso per il risparmio delle risorse idriche. “Essere indipendenti è fondamentale”, spiega.

Questo è precisamente l’obiettivo di Singapore. L’amministrazione sta portando avanti uno dei progetti più ambiziosi a livello mondiale. Secondo i dati dell’agenzia idrica nazionale (Pub) il paese utilizza attualmente 1,95 miliardi di litri d’acqua al giorno, abbastanza da riempire 782 piscine olimpioniche. Il consumo delle famiglie rappresenta quasi metà del totale. Nei prossimi quarant’anni queste cifre rischiano di raddoppiare a causa della crescita della popolazione. Fin dall’indipendenza, mezzo secolo fa, Singapore ha riconosciuto l’importanza di diversificare l’approvvigionamento idrico. Oggi lo fa grazie a quattro “rubinetti nazionali”: le riserve piovane, il riciclo, la dissalazione e l’importazione. I tentativi di aumentare le riserve sono cominciati dieci anni fa con l’introduzione di sanzioni durissime per chi butta rifiuti nei fiumi e con la pulizia dei corsi d’acqua. Tutto questo in un paese dove un tempo si diceva che i ciechi potessero “vedere” i fiumi a causa del loro tanfo. Singapore ha investito molto anche in un sistema di dighe e drenaggio sotterraneo. Oggi nella città-stato ci sono 17 bacini che raccolgono la pioggia che cade su due terzi del territorio.

Il governo sta sperimentando l’utilizzo di contatori wireless che rilevano immediatamente un uso eccessivo o una perdita, e ha investito molto su cinque impianti di riciclaggio che attualmente forniscono il 40 per cento dell’acqua utilizzata nel paese. L’amministrazione spera che la percentuale possa arrivare al 55 per cento entro il 2060. In tutto il mondo un numero sempre maggiore di città ricicla le acque di scarico, ma la possibilità di riutilizzare ogni singola goccia dipende anche dalla risposta degli utenti, spiega Cecilia Tortajada, ricercatrice dell’Istituto di politica idrica dell’università nazionale di Singapore. Gli imprenditori sono felici di utilizzare l’acqua riciclata nelle loro industrie, ma non tutti sono entusiasti all’idea di berla.

Per incrementare ulteriormente le riserve, la città-stato rende potabile l’acqua del mare. Singapore ha inaugurato il primo impianto per la dissalazione nel 2005. Oggi gli impianti sono tre e altri due saranno costruiti entro il 2020. Secondo il Pub quelli attuali coprono il 30 per cento della necessità idrica della città-stato. Il processo prevede l’impiego di grandi quantità di energia, motivo per cui non è un metodo particolarmente diffuso. Tuttavia, grazie alle nuove tecnologie e alla crescita delle energie rinnovabili, il Pub ritiene di poter dimezzare la quantità di energia dedicata alla dissalazione. Oggi la possibilità che il paese diventi del tutto autosufficiente e interrompa l’importazione d’acqua non è più utopistica, sottolinea King Wang Poon, direttore del centro per le città innovative Juan Yew all’università di tecnologia e design di Singapore. “Quando abbiamo cominciato non pensavamo che sarebbe stato possibile arrivare al cento per cento”, sottolinea. “Ma considerando la maggiore disponibilità di energia solare per la dissalazione ci sono buone possibilità di raggiungere questo obiettivo entro il 2061”. Secondo Gabriel Eckstein, presidente dell’associazione internazionale per le risorse idriche, il principale ostacolo potrebbe essere il costo ridotto dell’acqua importata dalla Malaysia. “Sono convinto che già adesso Singapore avrebbe la possibilità di essere indipendente”, spiega. “Ma in questo momento non ha senso dal punto di vista economico”[3].

 


[1] Toilets to tap: dagli scarichi delle case, l’acqua finisce dapprima in una centrale di trattamento, un impianto di depurazione in cui vengono rimosse particelle solide e batteri. Il passo successivo porta l’acqua ad essere prima micro-filtrata, poi iper-filtrata attraverso un processo chiamato “osmosi inversa”, durante il quale la si pressa attraverso una membrana semi-permeabile, rimuovendo sali, virus e sostanze chimiche. Poi, in via precauzionale, l’acqua viene esposta ad alte intensità di raggi ultravioletti e perossido di idrogeno (acqua ossigenata), così da distruggere ogni traccia organica residua. In seguito, vi si aggiungono dei minerali, prima di scaricarla nel terreno o in laghi sia artificiali che naturali. Alcuni mesi dopo, e spesso dopo avere subito altri trattamenti che le facciano rispettare gli standard locali di qualità, l’acqua torna a zampillare nelle case da cui è arrivata.

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Thu, 18 Jun 2020 08:00:18 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/534/singapore-anti-sprechi-innovazione-e-avanguardia Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Green bond: la finanza si apre al sostenibile https://blog.greenthesisgroup.com/post/531/green-bond-la-finanza-si-apre-al-sostenibile

L’attuazione delle politiche sostenibili dettate dall’agenda europea coinvolge le singole economie nazionali a 360°.

Anche la finanza internazionale, anzi soprattutto quest’ultima, è stata investita da questo rivolgimento epocale che è la transazione da un’economia lineare a un’economia circolare.

La necessità di adottare un’impronta sostenibile non poteva, infatti, lasciare escluse banche e investitori che hanno mostrato da subito un sempre maggiore interesse verso la finanza sostenibile, cercando delle soluzioni pratiche affinché si riuscissero a integrare in maniera sistematica e proficua gli investimenti sostenibili all’interno dei processi generali di investimento aziendale. Sono stati introdotti, a tal proposito, dei nuovi modi di approccio all’investimento etico che prevedono, ad esempio, l’esclusione dai portafogli di aziende che operano in settori non considerati a impatto sociale (il caso degli SRI – Sustainable and Responsible Investment) o dell’introduzione di criteri che possano verificare se un fondo sia impegnato realmente dal punto di vista etico, ambientale o sociale (ESG – Enviromental, Social and Governance) [1].

Se, quindi, già a partire dal 2007 (a opera della BEI – Banca Europea per gli Investimenti) la finanza ha iniziato a emettere “obbligazioni verdi” o appunto green bond, è però negli ultimi due anni che essi hanno avuto un boom nei mercati comunitari e mondiali.

Cosa sono di preciso questi green bond? Sono delle normali obbligazioni che, però, vengono emesse allo scopo di finanziare progetti che abbiano un impatto positivo sull’ambiente. Esempi di obiettivi green per i quali possono essere emessi sono l’efficienza energetica, l’uso sostenibile dei terreni o delle acque, il trattamento dei rifiuti, l’edilizia eco-compatibile e così via [2].

Queste obbligazioni, emesse inizialmente da Enti Sovranazionali come ad esempio la BEI o la Banca Mondiale, sono ora emesse anche da aziende statali o addirittura private. Il primo caso in Italia di emissione di green bond risale al 2014 ed è stato a opera della multiutility romagnola Hera che oggi si ritrova a essere tra le prime in Europa ad avere il “Green Financing Framewok”, ossia il documento programmatico sui temi dell’economia circolare, dell’efficienza energetica e della gestione dei rifiuti.

Ci sono ovviamente degli standard affinché un’obbligazione possa essere etichettata come green e per adesso ci rifacciamo ai 4 punti fondamentali che sono stati elaborati dall’ICMA (International Capital Market Association):

  1. indicazione chiara della destinazione dei proventi;
  2. i proventi devono essere vincolati al progetto scelto: il denaro deve essere depositato su conto vincolato o trasferito in un portafoglio specifico o comunque tracciato dall’emittente;
  3. deve essere realizzata (almeno) una volta all’anno una rendicontazione dell’utilizzo dei proventi indicando i progetti per cui vengono utilizzati;
  4. ci deve essere la second opinion, ovvero la revisione di un esterno che certifichi documenti e obiettivi [3].

Queste caratteristiche non sono però parte di un codice, bensì frutto di un’autoregolamentazione che si sono dati i mercati stessi. Non costituendo una legislazione non sono previste sanzioni per l’infrangimento di questi parametri, fermo restando che il mercato stesso sanzionerebbe le deroghe, in quanto se l’emissione di green bond non rispettasse i canoni sopraccitati le ricadute in termini reputazionali danneggerebbero pesantemente l’azienda.

Viene spontaneo chiedersi se, oltre che etico, sia anche vantaggioso investire in questi titoli e indagare come stanno reagendo i mercati all’introduzione di questa nuova tipologia di obbligazioni. A tal proposito, qualche giorno fa, sono usciti i risultati di un’analisi condotta da NN Investment Partners (NN IP), ossia il gestore unico degli investimenti del Gruppo NN, la compagnia assicurativa olandese più grande (gestisce 287 miliardi di euro di asset).

Questa indagine ha messo a paragone l’andamento dei green bond rispetto a quello degli indici tradizionali negli ultimi quattro anni (dal 2016 al 2019), mostrando come i primi abbiano sovraperformato per ben tre anni su quattro (2016, 2018, 2019), fino ad arrivare al sorpasso nello scorso anno con il 6,4% delle obbligazioni green contro il 6,2% delle tradizionali [4].

“Le obbligazioni verdi”, dice Bram Bos, Lead Portfolio Manager Green Bondsdi NN IP, “sono tipicamente emesse da emittenti innovative e lungimiranti, le cui attività si stanno adattando all’urgenza del cambiamento climatico. Di conseguenza, queste società sono meno esposte ai rischi climatici e ESG e sono più trasparenti nelle loro attività. La costante sovraperformance degli indici di green bond rispetto agli indici obbligazionari ordinari sottolinea questo evento e costituisce un argomento convincente per l’utilizzo di green bond in un contesto più ampio” [5].

Perciò, essendo confermato che investire in green bond può davvero essere un modo semplice per capitalizzare puntando sulla sostenibilità, ma senza dover scendere a compromessi sulla redditività, stiamo assistendo per la prima volta a un capovolgimento degli andamenti della finanza tradizionale, cosa che fa ben sperare per tutti i settori impegnati da anni nella questione ecologica e che hanno fatto della circolarità e della green economy la loro mission, come il Gruppo Greenthesis con il quale da oltre trent’anni seguiamo da vicino ogni singolo passaggio delle politiche riguardanti l’ambiente e non smettiamo di investire in tecnologia e innovazione per implementare il nostro impegno nel settore dello smaltimento dei rifiuti, ormai preziose risorse della catena circolare.


[1] http://www.ictbusiness.it/cont/news/la-finanza-green-prende-piede-impariamo-a-conoscerla/44078/1.html#.XlPwtGhKg2x

[2] https://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/green-bond-definizione.htm

[3] https://www.ilsole24ore.com/art/green-bond-ecco-cosa-sono-e-come-funzionano-AC9tKqDB

[4] https://www.finanzaonline.com/notizie/green-bond-battono-le-obbligazioni-tradizionali

[5] https://www.repubblica.it/economia/rapporti/energitalia/storie/2020/02/20/news/i_rendimenti_dei_green_bond_battono_quelli_delle_obbligazioni_tradizonali-249078242/

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Thu, 11 Jun 2020 08:11:14 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/531/green-bond-la-finanza-si-apre-al-sostenibile Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Economia circolare: COVID-19 mette a rischio il primato italiano nella bio-economia https://blog.greenthesisgroup.com/post/533/economia-circolare-covid-19-mette-a-rischio-il-primato-italiano-nella-bio-economia

Il 19 marzo scorso è stato presentato il Rapporto nazionale sull’Economia Circolare realizzato dal Circular Economy Network [1] in collaborazione con Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), in occasione della Conferenza nazionale sull’Economia circolare 2020.

Secondo il Rapporto, l’Italia, per il secondo anno consecutivo, è prima in Europa in materia di economia circolare. La classifica, nella quale ci troviamo in testa, viene stilata in base a un particolare indice chiamato per l’appunto “di circolarità”. Il valore attribuito a questo indice si calcola in base al livello di efficienza nell’utilizzo delle risorse in cinque specifiche categorie: produzione, consumo, gestione dei rifiuti, mercato delle materie prime/seconde e, infine, investimenti/occupazione. L’Italia, con 100 punti, si trova appunto al vertice, prima di Germania e Francia (rispettivamente a 89 e 88) e distanziando di gran misura la quarta Polonia e la quinta Spagna, con 72 e 71 punti. Anche per quanto riguarda la bio-economia, settore sul quale si è incentrato il focus del Rapporto 2020, l’Italia si dimostra virtuosa, con un settore bio-economico che cresce di valore e aumenta il suo peso complessivo facendo registrare un fatturato di oltre 312 miliardi di euro. Questo dato è molto importante ma non dobbiamo dimenticare che la bio-economia è fondamentale soltanto “a patto che sia rigenerativa, basata su risorse biologiche rinnovabili, e utilizzata difendendo gli ecosistemi, senza compromettere il capitale naturale. Da questo punto di vista è essenziale la tutela del suolo, delle foreste, delle risorse marine nello sviluppo di una bio-economia rigenerativa e sostenibile” [2].

Non ci sono, però, solo buone nuove. Infatti, sebbene anche quest’anno l’Italia conservi la sua leadership in Europa, si registra una flessione di alcuni punti rispetto all’indice 2019, mostrando un andamento tutt’altro che in crescita, al contrario delle nazioni alle nostre spalle, Francia e Polonia in particolare, che invece sono in rapida espansione e migliorano le loro performance nel tasso di circolarità. Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network, a proposito di questo risultato ha dichiarato: “Nell’economia circolare, l’Italia è partita con il piede giusto e ancora oggi si conferma tra i Paesi con maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia, ma oggi registriamo i segnali di un rallentamento, precedente anche alla crisi del coronavirus, mentre gli altri paesi si sono messi a correre: in Italia gli occupati nell’economia circolare tra il 2008 e il 2017 sono diminuiti dell’1%. Ed è un paradosso che, proprio ora che l’Europa ha varato il pacchetto di misure per lo sviluppo dell’economia circolare, il nostro Paese non riesca a far crescere questi numeri” [3].

Anche Roberto Morabito, direttore del dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi di Enea si dice al riguardo preoccupato: “Il Rapporto conferma come l’Italia sia ai primi posti tra le grandi economie europee in molto settori tuttavia, l’andamento temporale degli indicatori mostra purtroppo un peggioramento per il nostro Paese. […] Serve un intervento sistemico con la realizzazione di infrastrutture e impianti, con maggiori investimenti nell’innovazione e, soprattutto, con strumenti di governance efficaci, come per esempio l’Agenzia nazionale per l’economia circolare” [4].

Tra le cause di questo rallentamento, infatti, secondo quanto riportato nel Rapporto, c’è innanzitutto la scarsità di investimenti destinati all’avanzamento tecnologico, dato quest’ultimo provato dallo sconfortante ultimo posto occupato dall’Italia per quanto concerne i brevetti. Mancano inoltre, sul fronte normativo, una Strategia e un Piano d’azione nazionali per l’economia circolare, entrambi strumenti indispensabili affinché si possa avviare un percorso di uscita da quei danni economici e sociali inevitabilmente prodotti dall’epidemia ancora in corso. Del resto per rendere davvero operativo il Green Deal occorrerebbe almeno il triplo delle risorse stanziate e, anzi, proprio l’innovazione e la green economy potrebbero essere una base di ripartenza anche per la situazione di crisi attuale.

Ciascuno di noi deve, sempre più, entrare nell’ottica che le politiche economiche a favore dell’ambiente, dell’innovazione, della finanza sostenibile e di tutto ciò che riguarda la trasformazione dell’economia verso la circolarità, non sono soltanto delle scelte politiche, ma riguardano il benessere dell’intero pianeta. Come ci dimostrano i dati l’Italia è una nazione virtuosa, ma proprio per questo non possiamo permetterci di mollare la presa e cadere in quel pericoloso stallo che il Rapporto ci ha con evidenza mostrato. Anzi, proprio ora, in questo momento di estrema crisi, dobbiamo ancor di più prendere consapevolezza che anche la ripartenza del Paese può e deve passare dalla questione ecologica, per il nostro benessere e, allargando lo sguardo, per il benessere di tutti.


[1] Il cen è un progetto della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ed è aperto a tutte le imprese che intendono promuovere la transizione verso un’economia circolare tramite azioni e impegni concreti. Tra gli scopi principali ha quello di “promuovere, raccogliere e divulgare studi, ricerche ed elaborazioni sull’economia circolare; definire gli indicatori chiave di circolarità e analizzare le performance nazionali; effettuare la ricognizione delle principali criticità e delle barriere da rimuovere, indicando le possibili soluzioni; favorire una positiva interlocuzione tra il mondo delle imprese e le istituzioni; elaborare strategie, policy e misure da proporre ai decisori politici; valorizzare e contribuire alla diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche”. Per una consultazione completa del Rapporto 2020 si rimanda a questo link: https://www.fondazionesvilupposostenibile.org/wp-content/uploads/dlm_uploads/Rapporto-economia-circolare.pdf

[2] https://www.infobuild.it/2020/03/italia-prima-in-europa-per-economia-circolare-batte-germania-francia/

[3] https://www.lifegate.it/imprese/news/cosa-dice-rapporto-nazionale-economia-circolare-italia-2020

[4] https://www.fondazionesvilupposostenibile.org/presentato-in-diretta-streaming-il-rapporto-nazionale-sulleconomia-circolare/

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Mon, 8 Jun 2020 07:51:21 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/533/economia-circolare-covid-19-mette-a-rischio-il-primato-italiano-nella-bio-economia Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Ambiente: Greenthesis al fianco delle start up su economia circolare https://blog.greenthesisgroup.com/post/530/ambiente-greenthesis-al-fianco-delle-start-up-su-economia-circolare-

Greenthesis Group ha sottoscritto un accordo con Circular Economy Lab, iniziativa di Cariplo Factory e Intesa Sanpaolo Innovation Center per la selezione di progetti imprenditoriali visionari sui temi del ciclo integrato dei rifiuti. Il bando aperto dal 27 maggio al 30 giugno 2020 ha l'obiettivo di raccogliere e selezionare startup in fase post-seed investment, PMI innovative e progetti di ricerca in grado di offrire soluzioni funzionali alle attività e alle aree di interesse di Greenthesis Group. 
 
In uno scenario globale caratterizzato da trend demografici in costante aumento, nel quale emergenze climatiche e sanitarie sono sempre più frequenti, le aziende sono chiamate a porsi come catalizzatori di rinnovamento verso un modello di Economia Circolare, ripensando ad esempio l’approvvigionamento energetico tradizionale verso uno da fonti rinnovabili, innovando i propri processi produttivi per ridurre gli scarti, e integrando il trattamento e recupero dei rifiuti nei loro modelli di business. 
 
È proprio in questa prospettiva che nasce l’iniziativa Trace x Greenthesis con l’obiettivo di sostenere la crescita di progetti innovativi nei diversi ambiti della catena del valore del ciclo integrato dei rifiuti, in grado di offrire soluzioni funzionali alle attività e alle aree di interesse di Greenthesis Group. 
 
"La nostra iniziativa - afferma Vincenzo Cimini, CEO di Greenthesis S.p.A. - conferma la volontà dell'azienda di sostenere progetti e attività volte al rispetto dell'ecosistema e alla diffusione di quelle conoscenze tese ad estendere la consapevolezza che un sistema di produzione capace di generare sviluppo e crescita economica debba anche garantire la sostenibilità ambientale, portando al risparmio delle materie prime, alla riduzione degli scarti e alla corretta gestione del ciclo dei rifiuti". 
 
Grazie al supporto del CE Lab, Greenthesis Group selezionerà una rosa di Startup, PMI innovative e centri di ricerca impegnate in una delle 3 aree di interesse:

  1. The Value of Waste: Waste of Materials,
  2. Circular Technologies for Biological Cycle
  3. Circular Services Platform.

Per partecipare all’iniziativa Trace x Greenthesis le candidature dovranno essere presentate sul sito https://trace.cariplofactory.it/trace-x-greenthesis/ entro le ore 23:59 del 30 giugno 2020.

 

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Wed, 27 May 2020 08:19:50 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/530/ambiente-greenthesis-al-fianco-delle-start-up-su-economia-circolare- Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Covid-19: una nuova sezione all’interno di "A Scuola di Economia Circolare" https://blog.greenthesisgroup.com/post/532/-covid-19-una-nuova-sezione-all-interno-di-a-scuola-di-economia-circolare

Qualche tempo fa vi abbiamo parlato sulle pagine di questo blog della nostra volontà di sensibilizzare il mondo della scuola sulle questioni ambientali per cercare di ampliare la consapevolezza dei docenti circa i vantaggi che un sistema di produzione sostenibile può portare, come il risparmio di materie prime, la riduzione degli scarti, la creazione di un valore a partire dal loro smaltimento e la sensibilizzazione verso il corretto riciclo.

Tutte queste tematiche sono poi confluite nel progetto “A scuola di economia circolare” lanciato nello scorso febbraio e al quale risultano iscritti, ad oggi, oltre 1000 docenti. L’iniziativa, che ha ricevuto il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e di Confindustria Cisambiente, fornisce ai docenti gli strumenti per far maturare nelle nuove generazioni di studenti una maggiore consapevolezza sull’importanza del ciclo integrato dei rifiuti, che non deve essere visto come un qualcosa di lontano e slegato dalla vita di tutti i giorni, anzi! Proprio le abitudini e le scelte di consumo possono essere responsabili di ricadute negative in termini di sfruttamento delle risorse naturali, inquinamento ambientale e progresso ecologico della società. Rendere i docenti, quindi i ragazzi, coscienti di tutte queste implicazioni è una precondizione culturale indispensabile per far sì che essi comincino a orientare il proprio stile di vita rendendolo compatibile con i limiti fisici del pianeta in cui ciascuno di noi vive. Insomma, una sfida davvero importante!

Il corso consta di cinque moduli (qui l’articolo con le informazioni generali) e punta, quindi, a far diventare gli insegnanti degli esperti di economia circolare affinché possano accompagnare i propri studenti nel passaggio dal modello di produzione lineare a quello circolare.

In questo particolarissimo e delicato momento storico, però, mentre facciamo i conti con una situazione di emergenza sanitaria e in cui ciascuno di noi ha dovuto rimodulare il proprio lavoro per farlo collimare con le nuove esigenze dettate dalla pandemia, abbiamo pensato di ampliare il nostro corso aggiungendo una sezione di approfondimento che affronti il tema dell’emergenza Covid-19, naturalmente declinandolo sotto l’aspetto a noi caro della circolarità e della sostenibilità.

È bene partire dal concetto di epidemia che può essere dichiarata tale solo dal momento in cui una malattia infettiva da virus ha capacità di diffondersi tramite il contagio di almeno più di una persona a partire dal soggetto ammalato (l’ormai tristemente famoso parametro R0 che si legge sui quotidiani e che indica proprio questo tasso di contagio): è così, infatti, che il numero dei casi può cominciare ad aumentare con una dinamica esponenziale. Dal 12 marzo l’OMS ha dichiarato l’epidemia di Covid-19 una pandemia poiché, a differenza di una “semplice” epidemia, non era più un fenomeno localizzato e limitato nel tempo, visto che i dati allora registrati stimavano circa 118 mila persone contagiate, in 110 Paesi diversi e con quasi 5 mila morti.

L’Italia, come purtroppo è drammaticamente sotto gli occhi di tutti in questi mesi, è stato uno dei Paesi più colpiti dal Covid-19. Nonostante i grandi sacrifici che tutti noi stiamo facendo rispettando le regole e rimanendo a casa, a conferma di quanto siano fragili e delicati i progressi raggiunti, serve ancora pazienza e, soprattutto, uno sforzo collettivo che coinvolga non solo i singoli cittadini, ma anche le imprese e le istituzioni.

E proprio in un momento così delicato come può entrare la sostenibilità o la circolarità nelle nostre pratiche quotidiane? Sicuramente di grande rilevanza, a tal proposito, è la questione dei rifiuti e della loro gestione. I gesti che tutti noi compiamo ogni giorno per smaltirli possono rivelarsi, ora più che mai, di cruciale importanza, soprattutto se visti in ottica di prevenzione del contagio. Partendo dagli esempi più semplici e banali, mascherine e guanti non vanno per nessun motivo dispersi nell’ambiente e nel lavarci le mani, attività che siamo chiamati a svolgere frequentemente, dobbiamo stare attenti a evitare gli sprechi di acqua.

Una domanda, però, ancora più urgente che siamo invitati a porci in questo approfondimento sul Covid-19 è: sappiamo, o ci siamo informati, come vadano trattati e differenziati i rifiuti delle persone risultate positive al virus o esposte ad esso?

Se la risposta è no, vi invitiamo a consultare i siti del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore della Sanità, i quali hanno pubblicato un vademecum [1] di estrema chiarezza che ci mette nelle condizioni di differenziare a dovere i rifiuti e trattarli nel modo corretto. Tra le norme più basilari c’è quella di non differenziare i rifiuti come viene fatto di consueto se essi appartengono a persone contagiate o esposte e nel confezionare il sacchetto di immondizia premurarsi di verificare che sia ben chiuso, quasi sigillato, per impedirne la fuoriuscita del contenuto. Il vademecum consiglia di utilizzare più sacchetti uno dentro l’altro per renderli più resistenti affinché sia più difficile che si rompano. Un’altra buona pratica è quella assicurarsi che i propri animali domestici non abbiano accesso ai rifiuti casalinghi, sempre affinché il sacchetto sia isolato e non venga a contatto con altre superfici. Ogni volta che lo si maneggia, dopo, è opportuno lavarsi accuratamente le mani.

Aldilà di queste pratiche domestiche, però, un problema ben più complesso è costituito dai rifiuti ospedalieri, che si sono triplicati nel volume e nella quantità e che quindi necessitano di essere prontamente gestiti nonostante la loro ingente quantità.

Uno dei nostri impianti, ossia quello di termovalorizzazione di Rea Dalmine (BG), seguendo un rigorosissimo protocollo, è in prima linea in questo processo di gestione dei rifiuti ospedalieri. Qui giungono i rifiuti (a monte potenzialmente infetti) in assoluto regime di sicurezza, in quanto il nostro lavoro è affiancato da quello di aziende specializzate che si occupano proprio di effettuare un pretrattamento di sterilizzazione tramite passaggi di triturazione e, poi, un successivo impiego di vapore ad alta temperatura per abbattere la pericolosità. Solo dopo aver garantito l’assenza di patogeni, riceviamo i rifiuti nell’impianto che portandoli a incenerimento recupera energia elettrica dalla loro combustione [2].

Questo esempio di Rea Dalmine è utile per mostrare come, anche e soprattutto, in tempi di Coronavirus si possa agire secondo i criteri della circolarità. L’impianto termovalorizzatore di Dalmine è, infatti, ad oggi, uno fra gli impianti di utilizzazione termica dei rifiuti a garantire le migliori prestazioni in Europa in termini di emissioni, grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanzate.


[1] https://www.iss.it/documents/20126/0/POSTER+RIFIUTI+13_marzo20.pdf/169f4a33-0fcb-897a-54e6-9e196aac290d?t=1584094701482

[2] È doveroso precisare che nessun lavoratore dei nostri impianti entra a contatto in maniera diretta con il rifiuto: la sicurezza dei lavoratori è sempre una priorità, ancor di più in aziende come le nostre.

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Fri, 15 May 2020 10:07:39 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/532/-covid-19-una-nuova-sezione-all-interno-di-a-scuola-di-economia-circolare Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Il teleriscaldamento in 11 mila case in più https://blog.greenthesisgroup.com/post/529/il-teleriscaldamento-in-11-mila-case-in-piu

Collegare un termovalorizzatore già esistente sul territorio a una rete di teleriscaldamento, recuperandone il calore prodotto, genera un impatto notevolmente inferiore rispetto all’utilizzo di caldaie condominiali alimentate a gasolio o a metano, consentendo un risparmio di fonti di energia presenti in natura e un taglio delle emissioni.

L’impianto di Rea Dalmine, la società di Greenthesis Group che gestisce il termovalorizzatore nel Comune di Dalmine, trasforma i rifiuti in risorsa ed è un modello in Italia e in Europa per le prestazioni ambientali e il rendimento energetico complessivo rispetto alla quantità di materiale immesso nel processo. Il recente accordo con A2A Calore e Servizi (ACS), che già riceve il calore dal termovalorizzatore di via Goltara gestito dal gruppo A2A e lo immette nella rete di teleriscaldamento cittadina, permetterà la costruzione di un collegamento tra i due impianti: un ulteriore passo in avanti nel senso del risparmio e della sostenibilità.

 

Un assetto cogenerativo

«L’opera di allacciamento del termovalorizzatore di Rea Dalmine al teleriscaldamento di Bergamo – spiega Elio Porcedda, direttore tecnico di Rea Dalmine – sarà possibile grazie a un incremento della resa dell’impianto, che metterà a disposizione della rete una quantità di energia termica superiore del 50% rispetto a quella disponibile oggi, raggiungendo 11 mila case in più». «Questo miglioramento energetico – continua Porcedda – avverrà senza modificare la quantità e il tipo dei rifiuti trattati dall’impianto e delle emissioni e si concretizzerà grazie al passaggio dell’impianto all’assetto cogenerativo di elettricità e calore durante la stagione termica invernale. L’impianto, in particolare, passerà da un rendimento di conversione energetica del 27% a oltre l’80% in assetto cogenerativo, con la massimizzazione della produzione di energia termica. La realizzazione della sezione cogenerativa, costituita da una nuova turbina e uno scambiatore di calore, consentirà di produrre 95 milioni di chilowattora elettrici all’anno e recuperare una quantità di calore pari a 90 milioni di chilowattora termici, oggi in gran parte dissipata in atmosfera, con un risparmio complessivo in termini di energia primaria di oltre 26mila tonnellate di petrolio equivalenti (tep/anno)».

 

Il 51% dell’elettricità da fonti rinnovabili

Oggi l’impianto è in grado di trattare circa 150 mila tonnellate all’anno di rifiuti urbani e speciali non pericolosi e di produrre 110 milioni di chilowattora all’anno di energia elettrica, per un risparmio di energia primaria di oltre 20mila tep/anno.

«Il 51% dell’elettricità immessa in rete dall’impianto – evidenzia Elio Porcedda – è certificata dal Gestore dei servizi energetici come proveniente da fonti rinnovabili, grazie al contenuto di biomassa, come legno e carta, presente nei rifiuti. Si può affermare, per lo stesso motivo, che oltre il 50% dell’anidride carbonica emessa del processo di termovalorizzazione dei rifiuti è di origine biogenica e, pertanto, a bilancio nullo in termini di impatto sugli effetti climatici».

«L’importanza energetica e ambientale del progetto – sottolinea Elio Porcedda – consiste nella possibilità di catturare un’energia altrimenti dispersa, incrementando così l’efficienza complessiva di un moderno ciclo di gestione dei rifiuti, in coerenza con il concetto di economia circolare. Si potranno spegnere, grazie alla disponibilità di questa energia recuperata, numerose caldaie e sistemi di riscaldamento tradizionali, ottenendo importanti vantaggi anche in termini di riduzione di emissioni di gas climalteranti, principalmente anidride carbonica,e di contaminanti atmosferici, ossidi di azoto, di zolfo, polveri».

 

Da un impianto all’altro

Il fatturato di Rea Dalmine per l’esercizio 2019 è di circa 29 milioni di euro. Quattro quinti dei ricavi arrivano dalle aziende municipalizzate e dalle industrie per il conferimento. Il 35% dei rifiuti viene dalla raccolta indifferenziata urbana nella Bergamasca; gli industriali speciali non pericolosi sono tra il 10 e il 15%, di origine provinciale o regionale, raramente dal resto d’Italia; l’altro 50% sono rifiuti urbani extraregionali, prevalentemente da Campania e Lazio.

Il collegamento dell’impianto di Rea Dalmine con quello di A2A in via Goltara sarà lungo oltre 5 chilometri. L’impianto di Dalmine, progettato nel 1996 e terminato nel 2001, era stato pensato per la sola produzione di energia elettrica per la mancanza di un centro urbano vicino con la concentrazione abitativa necessaria per il teleriscaldamento. Ora le normative europee impongono ai gestori delle reti di recuperare le fonti di energia già presenti nel territorio.

I lavori di collegamento tra gli impianti di Dalmine e di Bergamo sono in fase progettuale avanzata e si concluderanno nel 2022. «Rea Dalmine – conclude Porcedda – è impegnata nella progettazione definitiva delle opere interne, tra cui la seconda turbina che, affiancata alla prima, riceverà il vapore nella stagione termica. Così anche Rea produrrà il calore ma, se non fosse connessa con Bergamo, non avrebbe l’utenza in grado di assorbirlo».

 

I rifiuti sanitari quattro volte in più

L’emergenza sanitaria ha quadruplicato i rifiuti speciali ospedalieri destinati all’impianto di Dalmine che, a marzo, sono quadruplicati, passando da 100 tonnellate al mese a 400. «Il nostro termovalorizzatore – spiega il direttore tecnico, Elio Porcedda – li riceve dopo il trattamento di sterilizzazione della ditta Zanetti Arturo di Mapello. La normativa prevede che confluiscano direttamente a bocca di forno, senza passare dalla miscelazione con altri rifiuti. Non abbiamo riscontrato, invece, un aumento per effetto della quarantena in casa, forse perché sono calati un po’ i consumi ed è cresciuta la produzione domestica. La minor quantità di imballaggi ha compensato l’eventuale incremento dei rifiuti. Abbiamo riscontrato la riduzione di quelli speciali per il fermo di gran parte delle imprese».

Articolo originale su ecodibergamo.it

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Wed, 13 May 2020 01:35:35 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/529/il-teleriscaldamento-in-11-mila-case-in-piu Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Il corso "a Scuola di Economia Circolare" di Greenthesis Group si integra di una sezione dedicata ai rifiuti contaminati COVID-19 https://blog.greenthesisgroup.com/post/528/il-corso-a-scuola-di-economia-circolare-di-greenthesis-group-si-integra-di-una-sezione-dedicata-ai-rifiuti-contaminati-covid-19

Avete mai pensato a come debbano essere trattati e differenziati i rifiuti di persone che risultano esposte o positive al virus Covid-19?” Questa è la domanda alla quale si propone di rispondere il capitolo aggiuntivo del corso gratuito per docenti “a Scuola di Economia Circolare” promosso da Greenthesis Group, azienda che rappresenta uno dei principali operatori integrati italiani con esperienza globale nei servizi ambientali.

A fronte delle conseguenze dell’emergenza in atto anche nel settore dei rifiuti, il corso è stato infatti aggiornato con informazioni utili sulla gestione dei rifiuti infetti e sul ruolo di impianti come il termovalorizzatore REA Dalmine (BG) nell’offrire soluzioni concrete allo smaltimento in sicurezza.

Sensibilizzare il mondo della scuola offrendo strumenti di conoscenza adeguata sulle questioni ambientali per ampliare la consapevolezza che un sistema di produzione sostenibile porta ad un risparmio di materie prime, alla riduzione degli scarti, alla creazione di un valore a partire dal loro smaltimento e sensibilizzazione verso il corretto riciclo. È questo l'obiettivo del progetto "A scuola di economia circolare" lanciato nel mese di febbraio 2020 dal gruppo Greenthesis, al quale risultano già iscritti oltre 1000 docenti.

L'iniziativa che ha ricevuto il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e di Confindustria Cisambiente, si propone di fornire alle scuole gli strumenti per far maturare agli studenti maggiore consapevolezza su quanto il ciclo integrato dei rifiuti risulti interconnesso sia con la produzione industriale sia con lo stile di vita dei cittadini. Il progetto prevede, un corso di formazione gratuito, aperto ai docenti di ogni disciplina e di tutto il territorio nazionale, disponibile sui portali scuola.net e sul portale S.O.F.I.A. del Ministero dell’Istruzione (MIUR). 

Il corso consta di cinque moduli che hanno come obiettivo quello di far diventare gli insegnanti degli esperti di economia circolare affinché possano accompagnare gli studenti nel passaggio dal modello lineare di produzione a quello circolare.

I docenti iscritti che concluderanno il corso online otterranno un certificato MIUR per 25 ore, in linea con i progetti di formazione per i docenti, obbligatoria con la legge 107 del 2015.

Per informazioni 

Ufficio Stampa Greenthesis Group
Stefania Mangano 
stefania.mangano@greenthesisgroup.com
+39 347.2662026

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Tue, 12 May 2020 15:26:28 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/528/il-corso-a-scuola-di-economia-circolare-di-greenthesis-group-si-integra-di-una-sezione-dedicata-ai-rifiuti-contaminati-covid-19 Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Covid-19, l’emergenza vista dal termovalorizzatore di Bergamo https://blog.greenthesisgroup.com/post/527/covid-19-l-emergenza-vista-dal-termovalorizzatore-di-bergamo

Per avere evidenza di come il Paese si sia lasciato alle spalle la Fase 1 di questa complicata emergenza sanitaria, uno dei modi è quello di monitorare come cambiano i flussi dei rifiuti in ingresso negli inceneritori, impianti che nelle settimane più critiche della crisi hanno garantito la tenuta del sistema. A Dalmine, in provincia di Bergamo, il termovalorizzatore della società Rea ha bruciato fino a 150 tonnellate a settimana di rifiuti sanitari in uscita dagli ospedali e ora si avvia verso un ritorno ai livelli medi precedenti, circa 30 tonnellate a settimana. Intanto, in concomitanza con i primi allentamenti del lockdown, si rivedono anche i primi carichi di rifiuti speciali da utenze artigianali-industriali. “Con la riapertura di tutte le attività industriali e commerciali, ci aspettiamo di tornare a registrare i livelli di inizio anno tra un paio di mesi”, dice alla Staffetta Marco Sperandio, presidente della società del gruppo Greenthesis che gestisce l'impianto di Dalmine, con cui abbiamo parlato degli impatti dell'emergenza e di come affrontare al meglio la Fase 2 dal punto di vista della gestione dei rifiuti.

 

L'impianto di Dalmine si trova nel cuore del territorio italiano più colpito dal Covid-19. Come sono cambiati i flussi di rifiuti in ingresso negli ultimi due mesi (ospedalieri, speciali, urbani, extraregionali)?

Negli ultimi mesi si è assistito ad una variazione abbastanza significativa del mix di rifiuti in ingresso. Se, da una parte, i rifiuti urbani indifferenziati, che Rea ritira quasi esclusivamente dal territorio della Provincia di Bergamo, hanno avuto un lieve decremento a causa della diminuzione delle attività commerciali e del turismo, i rifiuti speciali provenienti da utenze non domestiche (artigiani ed industrie) si sono praticamente azzerati data la chiusura pressoché totale delle attività che li producono.

Anche per quanto riguarda i flussi extraregionali, nel nostro caso dalla Campania, si è riscontrato un calo nei conferimenti, anche in questo caso legato al fermo delle attività commerciali e del turismo. L'unico flusso per il quale si è riscontrato un sostanziale aumento è stato, purtroppo, quello dei rifiuti ospedalieri che Rea riceve a valle di un processo di sterilizzazione con vapore effettuato in impianti terzi autorizzati. Questo flusso, per Rea, è passato da circa 1 carico a settimana (circa 30 tonnellate) ad un carico al giorno (circa quindi 150 tonnellate). Nelle ultime settimane abbiamo riscontrato un ritorno ai volumi medi precedenti all'emergenza sanitaria per questa tipologia di rifiuti ed un inizio di ripresa al conferimento dei rifiuti speciali da utenze artigianali-industriali.

 

Si va verso una normalizzazione. Vi aspettate un ritorno ai livelli precedenti?

Sì, si stanno lentamente normalizzando, pensiamo che ci vorranno almeno un paio di mesi per tornare a registrare i livelli di inizio anno a seguito della totale apertura delle attività industriali e commerciali.

 

C'è stato bisogno di chiedere un via libera per operare alla massima capacità termica autorizzata?

No. Gli impianti di incenerimento della Lombardia sono già autorizzati al massimo carico termico e quindi per Rea non è stato necessario aderire alla possibilità di richiedere un innalzamento.

[...]

Leggi intervista completa su staffettaonline.com

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Tue, 12 May 2020 02:28:54 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/527/covid-19-l-emergenza-vista-dal-termovalorizzatore-di-bergamo Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
CoVid-19 e smaltimento dei rifiuti ospedalieri https://blog.greenthesisgroup.com/post/526/covid-19-e-smaltimento-dei-rifiuti-ospedalieri

Tra le conseguenze che sono derivate dalla grave situazione di crisi sanitaria che il nostro paese sta fronteggiando in queste ultime settimane ce n’è una che ci riguarda molto da vicino: il sistema  rifiuti.

La zona della bergamasca, in particolare, una delle più colpite dal virus ha assistito a un incredibile aumento della produzione dei rifiuti speciali ospedalieri, aumento che raggiunge il 400% rispetto ai regimi normali pre-virus. Il problema, inoltre, non si limita soltanto ai rifiuti prodotti dai nosocomi, ma anche a quelli prodotti dalle abitazioni, in quanto sono state date delle direttive ben precise sulla differenziazione dei rifiuti di quelle abitazioni che ospitano persone risultate positive al virus e che stanno affrontando la malattia in casa. Si legge sul sito del Ministero della Salute: “L’Istituto superiore di sanità ha realizzato una guida pratica per eliminare i rifiuti in questo periodo di emergenza sanitaria che richiede nuove regole, soprattutto per chi è in isolamento domiciliare perché risultato positivo al coronavirus. In quarantena obbligatoria, per esempio, i rifiuti non devono essere differenziati, vanno chiusi con due o tre sacchetti resistenti e gli animali domestici non devono accedere nel locale in cui sono presenti i sacchetti. Se invece non si è positivi, la raccolta differenziata può continuare come sempre, usando però l’accortezza, se si è raffreddati, di smaltire i fazzoletti di carta nella raccolta indifferenziata” [1]. Quindi siamo di fronte a una situazione in cui gli stessi rifiuti pervengono alla raccolta in modo differente rispetto alla norma e in cui si ha bisogno per, per quelli ospedalieri, di una sanificazione preliminare prima che arrivino agli impianti di termovalorizzazione. Viste queste difficoltà sono state diverse le aziende che hanno dato la loro disponibilità affinché la situazione non arrivi al collasso e una di queste è proprio Rea Dalmine, del Gruppo Greenthesis.

Presenti sul territorio da anni, con l’impianto di Dalmine abbiamo da sempre dato un valore ai nostri rifiuti trasformandoli in energia. Proprio questo impianto è uno dei più all’avanguardia a livello europeo, in grado di fornire ogni anno l’energia necessaria al fabbisogno di circa 120.000 persone. Tutto ciò non solo recuperando i metalli residui per inviarli alle fonderie e dargli una seconda vita, ma anche stando attenti alle emissioni, generando i valori più bassi (tra il 60 e il 99% a seconda dei paramentri)  rispetto ai limiti della normativa europea. Con questo termovalorizzatore Rea Dalmine si è messa in prima linea nell’emergenza Coronavirus dando la priorità ai rifiuti speciali ospedalieri e arrivando a quadruplicare lo smaltimento di questi ultimi. “Dal 10 marzo ad oggi abbiamo registrato un aumento considerevole dei ritiri di rifiuti che giungono in particolare dagli ospedali delle province di Bergamo, Lecco e Lodi. Il nostro impianto non li riceve direttamente; passano prima per un centro dove vengono pretrattati attraverso una procedura che consiste essenzialmente in una triturazione e sterilizzazione con vapore ad alta temperatura in grado di uccidere virus, germi e batteri patogeni” [2], queste le parole del Presidente di Rea Dalmine Marco Sperandio.

In questo processo preliminare di sterilizzazione del rifiuto speciale abbiamo potuto contare sulla collaborazione e sul lavoro instancabile di un’altra azienda del territorio: la Zanetti Arturo&C, la quale si è impegnata, sì, a prendere in carico il maggior numero di rifiuti possibile, ma aveva bisogno di una ricezione maggiore da parte degli impianti di smaltimento per non andare in sovraccarico e rimanere paralizzata. Ed ecco che è nato questo sodalizio, come una stretta di mano a favore del nostro territorio, affinché non si giungesse a un punto di stallo pericoloso in queste circostanze.

Con il nostro termovalorizzatore lavoriamo incessantemente h24, nonostante la paura, da cui non siamo esenti, ma “abbiamo implementato le procedure di sicurezza: tutti i dipendenti lavorano con mascherine, guanti e tute. E la viabilità interna percorsa dai mezzi in ingresso viene periodicamente sanificata con disinfettanti”, ha dichiarato in più occasioni Sperandio, anche perché il vero problema, come si diceva poco sopra, non sono nemmeno i rifiuti speciali ospedalieri “che sono i più controllati, considerato il processo di sterilizzazione e la certificazione rilasciata, ma i rifiuti indifferenziati che arrivano dal territorio” [3] considerando che nel bergamasco sono moltissimi i contagiati in quarantena domiciliare, senza ovviamente contare gli asintomatici.

Il Presidente Sperandio, infatti, in una recente intervista ha ribadito quelle che sono le direttive dell’ISS nei confronti dei rifiuti domestici affermando che “i soggetti positivi al tampone o in quarantena obbligatoria devono porre particolare attenzione alla manipolazione dei rifiuti a tutela dei famigliari e degli operatori, in particolare si raccomanda l’utilizzo di più sacchetti uno dentro l’altro per garantire un’adeguata robustezza dell’involucro, l’utilizzo di guanti monouso per la manipolazione e una attenta chiusura dei sacchetti che non dovranno essere schiacciati e allontanati dall’abitazione prima possibile compatibilmente con i servizi di prelievo previsti nei vari Comuni” [4].

Chiaramente al di là del nostro impegno costante e quotidiano per l’ambiente e per il nostro paese è comunque necessario sottolineare l’importanza di prendere provvedimenti a livello statale per far sì che non si arrivi a una situazione di totale emergenza anche nel settore dei rifiuti. Qualche giorno fa in occasione della cerimonia online di Premiazione per la 11° Settimana europea per la riduzione dei rifiuti, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa è intervenuto con un video per rassicurare sul lavoro che a tal proposito sta svolgendo il Ministero. “Siamo in prima linea in questi giorni anche per affrontare quei problemi che il Covid-19 sta determinando nel campo dei rifiuti […]. In questo senso noi come Ministero abbiamo prodotto una serie di indicazioni, considerando le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, insieme a ISPRA e a tutto il sistema agenziale regionale. […] La situazione è continuamente monitorata. Ecco perché il ministero non si ferma e io sono sempre qui, insieme al mio staff” [5].

Il Gruppo crede nell’importanza di garantire un servizio di pubblica utilità attraverso infrastrutture strategiche per il territorio, attraverso soluzioni sicure e all’avanguardia come quelle offerte dal termovalorizzatore di Dalmine.

Consapevoli che questo delicato momento è quello della collaborazione e della fiducia nelle istituzioni cerchiamo, con i fatti, di essere virtuosi, noi per primi, nell’affrontare questa situazione particolare, fermo restando che bisognerà nel futuro sollecitare sempre di più l’attenzione sul tema dei rifiuti e dello smaltimento perché sia il più possibile etico e sostenibile, incentivando e dando aiuto alle aziende che in prima linea si battono per il ribaltamento di paradigma dell’economia, affinché corra veloce verso la circolarità.


[1] http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4226

Per ulteriori informazioni è possibile consultare a questo indirizzo le norme di differenziazione sia per chi è positivo che per chi non lo è: https://www.iss.it/documents/20126/0/POSTER+RIFIUTI+13_marzo20.pdf/169f4a33-0fcb-897a-54e6-9e196aac290d?t=1584098301482

[2] https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2020/03/29/coronavirus-bergamo-quadruplicato-smaltimento-dei-rifiuti-speciali-ospedalieri_pkh7Iz6AsduV2b0qRRD9JP.html?refresh_ce

[3] Ibidem.

[4] https://www.bergamonews.it/2020/03/28/coronavirus-rea-dalmine-in-prima-linea-per-smaltire-i-rifiuti-speciali-ospedalieri/362261/

[5] www.minambiente.it/comunicati/coronavirus-ministro-costa-su-gestione-rifiuti-stiamo-lavorando-di-concerto-con-iss-ispra

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Thu, 2 Apr 2020 07:47:37 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/526/covid-19-e-smaltimento-dei-rifiuti-ospedalieri Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Al via il progetto EnVal: un nuovo sistema integrato dei rifiuti per la Valle D’Aosta https://blog.greenthesisgroup.com/post/525/al-via-il-progetto-enval-un-nuovo-sistema-integrato-dei-rifiuti-per-la-valle-d-aosta

EnVal S.r.l - società costituita da Rea Dalmine, S.p.A oltre che da Fratelli Ronc S.r.l e Cesaro Mac. Import S.r.l[1] - si è aggiudicata la gara regionale del 27 agosto 2018 che aveva ad oggetto l’affidamento, per un periodo di 17 anni, del ciclo integrato di gestione dei rifiuti della Valle D’Aosta con l’utilizzo del Centro di Brissogne. Il progetto è il risultato di una strategia di lungo periodo per la transizione a livello regionale da un modello di dipendenza a uno di autonomia nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani.

In linea con i contenuti del Piano Regionale, è stata presa dunque in carico la gestione integrata dei rifiuti urbani fino al 2036. Come indica il Codice Ambientale per gestione integrata dei rifiuti si intende l’insieme delle attività svolte da un unico soggetto che parte dalla realizzazione degli impianti e arriva fino alla gestione in toto del processo di smaltimento (quindi il recupero e il controllo di tutte le operazioni). [2]

A tal proposito EnVal ha individuato i suoi tre macro-obiettivi, ossia la riorganizzazione dell’assetto operativo-gestionale del Centro preesistente, il potenziamento degli standard ambientali tramite investimenti sugli impianti e la riorganizzazione degli spazi disponibili per ottimizzare la gestione dei flussi.

Così ha dichiarato Antonio Romei, presidente EnVal: “La nostra società, per i primi due anni, proseguirà la gestione dei servizi nel solco di Valeco e provvederà alla costruzione di nuovi impianti per la separazione delle parti umide e secche dei rifiuti indifferenziati in un’ottica di valorizzazione e con l’obiettivo di conferire in discarica solo una minima parte residua” [3]. È in progetto, infatti, per questo Centro, una prima fase della durata di due anni in cui si metteranno in atto delle modifiche strutturali ai vari impianti.

Per realizzare ciò sono stati progettati quattro diversi interventi di ammodernamento:

  1. la costruzione di un nuovo capannone nel quale si troverà l’impianto di selezione del multimateriale (a prevalente base plastica), l’impianto di trito-vagliatura dei rifiuti indifferenziati e la sezione di ricezione e movimentazione dei rifiuti da sottoporre a biostabilizzazione;
  2. la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti a base organica con tunnel attrezzati per la biostabilizzazione aerobica del sottovaglio (la frazione umida, ossia quella a maggior componente organica) derivante dalla trito-vagliatura dei rifiuti indifferenziati;
  3. la riconversione dell’attuale edificio di compattazione dei rifiuti, che ospiterà un deposito per quei rifiuti provenienti da raccolta differenziata che necessitano di essere riparati da eventuali precipitazioni, dei nuovi locali per il personale addetto e una nuova piattaforma di stoccaggio delle frazioni differenziate che non necessitano di protezione dalle precipitazioni;
  4. la realizzazione di un impianto per il pretrattamento del percolato. [4]

Finita questa fase, se ne aprirà una seconda (gennaio 2022) con la quale si prenderanno operativamente le redini della gestione vera e propria grazie agli ammodernamenti e agli interventi portati a termine nella prima fase. Lavorando in modo sinergico rispetto all’ottimizzazione del sistema di raccolta differenziata del rifiuto, il nuovo impianto di trattamento meccanico-biologico permetterà di ridurre notevolmente i volumi che saranno smaltiti in discarica, e di migliorare notevolmente la qualità del rifiuto indifferenziato grazie al sistema di stabilizzazione in biotunnel. Ne consegue che i tempi di riempimento della volumetria della discarica esistente potranno essere più lunghi rispetto agli attuali.

L’impianto permetterà di ottimizzare le percentuali di materiale recuperato; in primis il materiale organico residuo al trattamento meccanico del rifiuto indifferenziato sarà stabilizzato in biotunnel e riutilizzato come terreno di ricoprimento. La frazione secca dell’indifferenziato prima di essere smaltita in discarica subirà un ulteriore processo di selezione nella linea del multimateriale per il recupero di plastiche, carta, cartone, vetro, legno e metalli. Questo sistema di trattamento meccanico-biologico colma una lacuna del Centro di Brissogne rispondendo alla prescrizione della Direttiva Discariche di pretrattare i rifiuti prima del conferimento in discarica. La linea multimateriale permetterà di internalizzare il processo di conformità degli imballaggi plastici agli standard Corepla. Tutti i processi avverranno in ambienti chiusi ed in depressione limitando al minino gli impatti odorigeni. L’impianto di pretrattamento del percolato ridurrà la concentrazione dei metalli pesanti negli scarichi rendendoli conformi alle capacità depurative dell’impianto di trattamento di reflui civili presente a valle.

Siamo orgogliosi di questo progetto che vede protagonista la nostra Rea Dalmine e la vittoria di questa gara conferma ancora una volta l’impegno concreto e il duro lavoro che la nostra holding porta avanti in termini di innovazione e sostenibilità che sono assolutamente i temi a noi più cari.

Affianco a essi, però, vogliamo aggiungere anche la trasparenza: verrà data comunicazione di tutti i dati relativi ai rifiuti in ingresso e in uscita, ai rifiuti smaltiti in discarica, all’energia elettrica prodotta da biogas e al percolato trattato. Questi dati saranno disponibili (con relativo storico) nella home page del sito e saranno aggiornati con cadenza settimanale. Sempre nella home page del sito daremo dati e percentuali anche aggregati. Saranno presenti ovviamente tutti i dati descrittivi relativi alle attività svolte da EnVal (corredate da foto) e la sezione dedicata alla Trasparenza. Attiveremo anche i canali Social creando un profilo Linkedin e un profilo Facebook che, oltre a condividere le principali notizie e dati, fungeranno da vero e proprio customer care pronti a rispondere alle domande dei cittadini e delle aziende. A partire da gennaio 2022, con l’avvio dell’impianto di trattamento e recupero, inseriremo in home page un’infografica dinamica che mostrerà dati e percentuali relative al ciclo integrato dei rifiuti in Valle d’Aosta. I dati avranno sempre cadenza settimanale. Nelle sezioni interne del sito sarà possibile approfondire gli stessi dati attraverso tabelle specifiche e mirate dedicate alla discarica, al biogas e al percolato, ma soprattutto all’impianto di trattamento.

Tutto ciò per sottolineare quanto siamo consapevoli che la nostra attività vi riguarda e ci riguarda tutti in prima persona. Siamo convinti, perciò, che sia giusto mettervi a parte dell’attività delle nostre aziende perché se ciascuno di noi è a conoscenza di quali siano i frutti di una logica green, facilmente si possa passare all’azione e collaborare tutti insieme per un mondo più pulito. Come recita il nostro payoff “Think Green, Act Smart”!


[1] https://www.rainews.it/tgr/vda/notiziari/index.html?/tgr/video/2020/01/ContentItem-0a067232-2659-4527-95fd-55716f839d83.html

[2] Codice dell’Ambiente, Parte IV, CAPO III, https://www.altalex.com/documents/news/2014/11/19/codice-dell-ambiente-parte-iv-rifiuti-e-bonifica-dei-siti-inquinati#parte4

[3] http://www.valledaostaglocal.it/2019/10/09/leggi-notizia/argomenti/natura-3/articolo/gestione-centro-rifiuti-brissogne-affidata-a-societa-enval.html
[4] https://envalaosta.it/il-progetto/

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Tue, 24 Mar 2020 11:09:14 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/525/al-via-il-progetto-enval-un-nuovo-sistema-integrato-dei-rifiuti-per-la-valle-d-aosta Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Coronavirus: Greenthesis Group a sostegno degli ospedali italiani https://blog.greenthesisgroup.com/post/524/coronavirus-greenthesis-group-a-sostegno-degli-ospedali-italiani

Greenthesis Group si unisce alla campagna di raccolta fondi a sostegno degli istituti di ricovero e delle aziende ospedaliere nazionali. Le aziende del gruppo GREENTHESIS (Rea Dalmine Spa, Ambienthesis Spa e Gea Srl), hanno infatti promosso un gesto di solidarietà per chi si trova in prima linea a gestire, con tanta dedizione e passione, l’epidemia in corso.

Il Gruppo Greenthesis rappresenta uno dei principali operatori integrati italiani con esperienza globale nei servizi ambientali, tra cui soluzioni di bonifica, tecnologie di termovalorizzazione, trattamento delle acque reflue, gestione dei fanghi, produzione di biogas e di biometano.

Il sostegno per l’emergenza Coronavirus, di complessivi 20 mila euro, è destinato agli ospedali Papa Giovanni XXII di Bergamo (sostenuto da Rea Dalmine Spa), il San Raffaele di Milano (Greenthesis Spa) e il San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino) sostenuto da Ambienthesis Spa, oltreché alla Regione Veneto (Gea Srl).

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Fri, 13 Mar 2020 20:08:24 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/524/coronavirus-greenthesis-group-a-sostegno-degli-ospedali-italiani Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Greenthesis insegna l’economia circolare https://blog.greenthesisgroup.com/post/523/greenthesis-insegna-l-economia-circolare

«La divulgazione scientifica – spiega l’economista Luciano Canova, che ha collaborato alla stesura del corso con la società di “edutainment” La Fabbrica – deve essere compiuta da chi ha le carte in regola. Deve partire dai dati di pubblicazioni scientifiche sottoposte a una revisione paritaria». «Nei programmi ministeriali – evidenzia Canova – si registra un ritardo nell’insegnamento dell’educazione ambientale, anche in relazione alle sue ricadute economiche. La lacuna può essere colmata con progetti come questo. A 18 anni si diventa elettori. Serve un maggiore sforzo educativo. L’Italia è un Paese non sufficientemente preparato nella cultura scientifica basata sui dati, anche al livello accademico e istituzionale. Lo si è constatato di fronte all’emergenza coronavirus nella mancata capacità di lettura delle informazioni sulla mortalità dovuta all’influenza stagionale, sovrastimata da una fonte autorevole».

 

Le giovani generazioni hanno suonato la sveglia

Le giovani generazioni hanno suonato la sveglia al mondo intero. «Sono state capaci di porre la crisi climatica e lo sviluppo sostenibile al centro dell’attenzione globale in modo chiaro per tutti, come non era mai accaduto prima. La comunità scientifica deve saper esprimersi in modo più semplice ed efficace. Ora è essenziale che determinate scelte diventino convenienti. Le auto ibride ed elettriche, per esempio, costano ancora troppo. Non si deve condurre una crociata contro la plastica, anche se la direttiva sulla monouso è corretta. Occorre comunicare come i rifiuti debbano essere gestiti e riconvertiti. Abolirli è un’utopia: devono entrare di nuovo nel ciclo produttivo. I termovalorizzatori sono ancora utili durante la transizione. L’economia circolare combina lo sviluppo con la produzione sostenibile di beni, tagliando le emissioni di anidride carbonica. I cittadini devono essere responsabilizzati, a partire dagli studenti, mentre si creano le condizioni per la convenienza politica ed economica di nuove scelte. Gli incentivi possono modificare i comportamenti. Sia il Green New Deal europeo sia l’Accordo di Parigi sono obiettivi alti che, per essere raggiunti, hanno bisogno di incentivi».

«Gli studenti, dopo le manifestazioni, ora devono capire – conclude Canova – le modalità con cui si possono raggiungere gli obiettivi, imparando a conoscere i processi produttivi e come il trasformarli richieda tempo e costi. Il progetto serve a educare al pragmatismo ambientalista».

 

Il corso “A scuola di economia circolare”

Il corso “A scuola di economia circolare”, accessibile ai docenti sulla piattaforma “S.O.F.I.A.” del Ministero dell’Istruzione e su scuola.net, valido per la formazione obbligatoria, ha ricevuto quasi 800 iscrizioni nelle prime settimane. Il primo incontro per gli studenti – se non sarà rinviato a causa delle misure adottate per limitare la diffusione del coronavirus – è in programma a Bergamo il 31 marzo, nella Sala Oggioni del Centro Congressi Giovanni XXIII

Aggiornamento: Gli incontri sul territorio sono prorogati a data da destinarsi

Il corso online è attivo e disponibile sulla piattaforma S.O.F.I.A (https://sofia.istruzione.it/) e su scuola.net (https://scuola.net/formazione-docenti/52/a-scuola-di-economia-circolare)

 

L’economia della ciambella: dal modello lineare di produzione a quello circolare

Il primo modulo del corso affronta il tema dell’economia circolare nel suo insieme. Dopo aver analizzato il Pil e alcuni indicatori economici complessi, si introduce il concetto di “sistema” all’interno di un’economia dinamica e in evoluzione, per poi concludere con un confronto tra l’economia lineare e il modello della nuova economia circolare.

 

Dall’agenda Onu 2030 alla sfida verso una transizione energetica sostenibile

Questo modulo descrive i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile approvati dall’Onu e adottati come riferimento per una roadmap mondiale che guidi l’intera umanità verso un futuro più sostenibile. Tra i passi necessari per raggiungere questo traguardo, sono qui trattati la transizione energetica, la gestione integrata dei rifiuti e la riforestazione.

 

I rifiuti: il cambio di paradigma dell’europa. Leggi, direttive europee e classificazione

Il terzo modulo esamina la normativa italiana e quella europea sui rifiuti, partendo dal grande problema della loro classificazione, il nodo fondamentale per ogni politica al riguardo. La questione della classificazione dei rifiuti, infatti, determina il tipo di gestione necessaria al loro trattamento o smaltimento, con costi differenti in base alle diverse destinazioni. Lo sguardo si amplia poi al più generale problema dei rifiuti su scala globale: si analizzano i principali trend a livello mondiale, fino a trattare in conclusione il concetto di “end of waste”, la fine dei rifiuti. Anche in virtù dell’idea stessa di economia circolare, infatti, il concetto di “rifiuto” non dovrebbe più essere utilizzato, poiché si va incontro a una politica di minimizzazione degli scarti.

 

Creare valore dallo scarto. innovazione e tecnologia per la sostenibilità

In questo modulo si presentano alcuni dei molti esempi virtuosi di riconversione di un business in senso circolare. Si parla poi della rivoluzione digitale e delle ripercussioni che ha sulla produzione e sul consumo di beni, con effetti importanti per quanto riguarda l’efficienza dei processi e – dunque – l’economia circolare. Infine, si affrontano i risvolti economici della green economy, dal rischio per l’impiego rappresentato dall’automazione alla nascita di nuove professioni “green” ad alta specializzazione.

 

I comportamenti micro e macro per agevolare il cambiamento

L’ultimo modulo affronta il tema dei comportamenti, quelle azioni grandi e piccole che possono portare al concreto cambiamento. Il primo capitolo è dedicato alla modalità di approccio volto a incoraggiare un’azione migliorativa del contesto definita come “nudge”, spinta gentile; il secondo riguarda invece la sindrome “nimby” (“not in my back yard, “non nel mio cortile”), con cui si indica la protesta di una comunità contro la costruzione di opere di interesse pubblico nel proprio territorio (per esempio, strade e termovalorizzatori). Infine, si parla di “factfulness”, una metodologia per l’analisi dei dati che insegna a presentarli correttamente, a evitare catastrofismi e banalizzazioni e a leggere dati e statistiche con approccio critico.

Articolo originale su ecodibergamo.it

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Tue, 10 Mar 2020 15:32:59 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/523/greenthesis-insegna-l-economia-circolare Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Coronavirus: Greenthesis, annullati convegni su economia circolare a Torino e Padova https://blog.greenthesisgroup.com/post/522/coronavirus-greenthesis-annullati-convegni-su-economia-circolare-a-torino-e-padova

Torino, 24 feb. (askanews) I convegni aperti alle scuole secondarie di secondo grado in calendario nei prossimi giorni a Torino e Padova, nell’ambito dell’iniziativa promossa da Greenthesis Spa, “A Scuola di Economia Circolare”, sono rinviati a data da destinarsi a causa delle disposizioni urgenti emanate dal Miur in relazione all’emergenza epidemiologica del Nuovo Coronavirus (COVID-19), che prevedono il divieto di gite e uscite didattiche per gli alunni.  

Il primo incontro si sarebbe dovuto tenere il 3 marzo a Torino presso l’Auditorium del Centro Congressi Santo Volto, mentre il secondo appuntamento era stato convocato per il 13 marzo a Padova presso l’Auditorium del Liceo Artistico Amedeo Modigliani. Resta, invece, per ora confermata la data di Bergamo, il 31 marzo, nella Sala Oggioni del Centro Congressi Giovanni XXIII, in attesa di ulteriori indicazioni da parte del Miur. 

L’iniziativa rientra nell’ambito di un progetto promosso da Greenthesis, azienda che rappresenta uno dei principali operatori integrati italiani con esperienza globale nei servizi ambientali, con il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Confindustria Cisambiente. Il progetto si propone di fornire alle scuole gli strumenti per far maturare agli studenti maggiore consapevolezza su quanto il ciclo integrato dei rifiuti risulti interconnesso sia con la produzione industriale sia con lo stile di vita dei cittadini e prevede, fra le altre cose, un corso di formazione aperto ai docenti di ogni disciplina e di tutto il territorio nazionale, disponibile sul portale MIUR S.O.F.I.A. e certificato da La Fabbrica, ente formatore accreditato MIUR. Il corso, al quale risultano già iscritti oltre 800 docenti, consta di cinque moduli che hanno come obiettivo quello di far diventare gli insegnanti degli esperti di economia circolare affinché possano accompagnare gli studenti nel passaggio dal modello lineare di produzione a quello circolare.

 
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Tue, 25 Feb 2020 16:33:53 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/522/coronavirus-greenthesis-annullati-convegni-su-economia-circolare-a-torino-e-padova Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Ambiente - Progetto "A scuola di economia circolare" https://blog.greenthesisgroup.com/post/521/ambiente-progetto-a-scuola-di-economia-circolare

Sensibilizzare il mondo della scuola offrendo strumenti di conoscenza adeguata sulle questioni ambientali per ampliare la consapevolezza che un sistema di produzione capace di garantire sostenibilità economica e ambientale porta ad un risparmio di materie prime, alla riduzione degli scarti, alla creazione di un valore a partire dal loro smaltimento e sensibilizzazione verso il corretto riciclo. E’ questo l’obiettivo del progetto “A scuola di economia circolare” lanciato nel mese di febbraio dal gruppo Greenthesis, azienda che rappresenta uno dei principali operatori integrati italiani con esperienza globale nei servizi ambientali, con il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Confindustria Cisambiente.

L’iniziativa si propone di fornire alle scuole gli strumenti per far maturare agli studenti maggiore consapevolezza su quanto il ciclo integrato dei rifiuti risulti interconnesso sia con la produzione industriale sia con lo stile di vita dei cittadini. Il progetto prevede, fra le altre cose, un corso di formazione aperto ai docenti di ogni disciplina e di tutto il territorio nazionale, disponibile sul portale MIUR S.O.F.I.A. e certificato da La Fabbrica, ente formatore accreditato MIUR. Il corso, al quale risultano già iscritti oltre 800 docenti, consta di cinque moduli che hanno come obiettivo quello di far diventare gli insegnanti degli esperti di economia circolare affinché possano accompagnare gli studenti nel passaggio dal modello lineare di produzione a quello circolare.

Oltre al corso per docenti, avranno luogo anche tre incontri aperti alle scuole secondarie di secondo grado in cui i ragazzi avranno la possibilità di dialogare con esperti del mondo aziendale e universitario per comprendere a fondo la realtà dell’economia circolare, le potenzialità del progresso scientifico e tecnologico a tutela dell’ambiente. Si parte da Torino, ‪il 3 marzo‬, all’Auditorium del Centro Congressi Santo Volto, poi seguirà Padova, ‪il 13 marzo‬, presso l’Auditorium del Liceo Artistico Amedeo Modigliani e, infine, si chiuderà con Bergamo, ‪il 31 marzo‬, nella Sala Oggioni del Centro Congressi Giovanni XXIII.

Ulteriore iniziativa in seno a questo ambizioso progetto formativo è quella di aver istituito un Concorso Educativo mettendo ancora una volta al centro i ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado che saranno stimolati a ideare una proposta per coinvolgere i coetanei e non nell’applicazione di gesti di economia circolare nel proprio territorio. Le classi che presenteranno l’idea più creativa ed efficace riceveranno un premio da Greenthesis Group in materiali didattici per la propria scuola.

Prevista, inoltre, la possibilità per le scolaresche di visitare, previo appuntamento, alcuni degli impianti del Gruppo Greenthesis, ritenendo fondamentale che i ragazzi possano vedere con i loro occhi quelli che sono i processi della catena del riciclo e capire da vicino che il modello circolare non è un’utopia ma un obiettivo possibile. I poli visitabili sono tre in particolare: la Discarica Tattica Regionale GEA di Sant’Urbano (PD), modello virtuoso in Italia e riconosciuta nel 2003 come “impianto tattico regionale”, sia per gli alti standard di sicurezza impiegati sia per l’efficienza dimostrata in decenni di attività; l’Impianto di termovalorizzazione REA DALMINE (BG), uno fra gli impianti di trattamento termico più all’avanguardia d’Europa, non utilizza acqua in alcuna fase del processo, non solo preservando la risorsa idrica, ma riducendo del 90% gli inquinanti rispetto ai limiti europei; l’Impianto Ambienthesis di Orbassano (TO), la più grande piattaforma multifunzionale in Italia per il trattamento, il recupero e lo smaltimento di rifiuti speciali, sia liquidi che solidi, che vanta al suo interno la presenza di un Laboratorio Chimico attrezzato con strumentazione d’avanguardia, garantendo un controllo minuzioso dei materiali in ingresso e in uscita.

Lo comunica in una nota l’Ufficio Stampa di Greenthesis.

Articolo originale su romadailynews.it

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Mon, 24 Feb 2020 10:29:49 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/521/ambiente-progetto-a-scuola-di-economia-circolare Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Termovalorizzazione: in Lombardia sistema controllo emissioni tra i più evoluti https://blog.greenthesisgroup.com/post/520/termovalorizzazione-in-lombardia-sistema-controllo-emissioni-tra-i-piu-evoluti

Regione Lombardia è all’avanguardia nel monitoraggio delle emissioni degli impianti di termovalorizzazione e di incenerimento dei rifiuti. Le Bat Conclusion (migliori tecniche disponibili) sugli inceneritori, pubblicate dalla Commissione Europea il 3 dicembre scorso e presentate oggi, parlano di un campionamento in continuo delle diossine che Regione Lombardia effettua già dal 2007, così come il monitoraggio delle emissioni presente nella disciplina regionale dal 1995”. Lo ha affermato l’assessore all’Ambiente e Clima Raffaele Cattaneo nel corso del suo intervento introduttivo durante il seminario ‘Le Bat conclusions sull’incenerimento rifiuti: le migliori tecnologie per la gestione sostenibile dei rifiuti” che si è svolto questa mattina a Milano.

“Anche sul fronte del limite delle emissioni Regione Lombardia ha anticipato i tempi. Con una delibera del 2012 ha introdotto valori guida e obiettivo maggiormente restrittivi rispetto a quelli imposti dalla legge nazionale, che fossero di riferimento per i gestori di impianti di trattamento dei rifiuti urbani e per le autorità competenti a rilasciare le autorizzazioni” ha spiegato l’assessore. Per portare alcuni esempi – spiega l’assessore – Regione Lombardia per i parametri di emissioni di polveri sottili ha imposto per i propri termovalorizzatori limiti inferiori a quelli posti dall’Unione europea. Il limite europeo per le polveri è di 10 milligrammi per metrocubo, mentre quello regionale è tra 8 e 10. Lo stesso vale per gli ossidi di Azoto: il limite nazionale ed europeo è fissato a 200, mentre quello della Lombardia è ricompreso tra i 70 e i 200 milligrammi per metrocubo e le emissioni di molti termovalorizzatori sono addirittura al di sotto del limite minimo di 70”.

“In Lombardia – ha ricordato Cattaneo – sono presenti 13 termovalorizzatori, un terzo di quelli presenti in Italia. E le performance sono di gran lunga migliori rispetto al termovalorizzatore più conosciuto e tra i più avanzati d’Europa, che è l’impianto di Copenaghen. Lo stesso vale per le emissioni, che sono paragonabili o addirittura più basse e non nuocciono alla salute. Le emissioni di polveri del termovalorizzatore Silla 2 sono di 0,1 milligrammi per metrocubo. Ottime performance per gli impianti Rea di Bergamo con emissioni di polveri sottili pari a 0,09 milligrammi per metrocubo, l’impianto Core di Sesto San Giovanni con 0,09 milligrammi per metrocubo, A2A di Brescia 0,2 milligrammi per metrocubo o Silea a Lecco 0,5 milligrammi per metrocubo”.

Per quanto riguarda il recupero energetico l’assessore ha precisato che “I termovalorizzatori, come riconosciuto anche dalla Commissione Europea (Comunicazione n-34 del 26/01/2017) fanno parte a pieno titolo dell’economia circolare. Il rifiuto non riciclabile diventa una fonte energetica alternativa ai combustibili fossili”.

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Articolo completo su lombardianotizie.online

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Wed, 19 Feb 2020 08:08:31 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/520/termovalorizzazione-in-lombardia-sistema-controllo-emissioni-tra-i-piu-evoluti Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Ambiente: oltre 200 eccellenze italiane al workshop SiCon2020 https://blog.greenthesisgroup.com/post/518/ambiente-oltre-200-eccellenze-italiane-al-workshop-sicon2020-

Roma, 14 feb. – Oltre 200 eccellenze italiane del settore ambientale impegnate nel difficile compito del risanamento e della messa in sicurezza di siti contaminati si sono incontrate in questi giorni a Roma in occasione del Workshop SiCon Siti Contaminati 2020, giunto alla XI edizione, presso il chiostro della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale della Sapienza.

Durante il workshop un focus speciale è stato dedicato al campo delle innovazioni con l’utilizzo del grafene nel trattamento degli inquinanti oleosi. Il grafene sta acquisendo sempre maggior interesse in ambito industriale per le sue caratteristiche oleo assorbenti e per la sua versatilità di applicazione dall’elettronica all’ingegneria bio-medica. Il progetto di sperimentazione portato avanti da Ambienthesis si inserisce nell’impegno dell’azienda nello sviluppo di nuove tecnologie a basso impatto ambientale, con particolare attenzione al trattamento di sostanze altamente inquinanti come i reflui oleosi prodotti dall’industria petrolifera, metalmeccanica e del carbone.

L’innovativa ricerca è in atto presso il sito produttivo di Ambienthesis in Orbassano (Torino), dove ha sede la più grande piattaforma multifunzionale in Italia per il trattamento, lo smaltimento e il recupero di rifiuti liquidi e solidi pericolosi e non pericolosi provenienti dal comparto industriale. La sperimentazione per il trattamento di acque mediante l’utilizzo di grafene è fatta in collaborazione con Directa Plus S.p.A., uno dei principali produttori di grafene al mondo, ed ha come obiettivo anche quello di valutare l’applicabilità su scala industriale dell’utilizzo del grafene nel campo del trattamento dei rifiuti e delle attività di bonifica e risanamento ambientale.

Articolo completo su askanews.it

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Sat, 15 Feb 2020 09:25:09 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/518/ambiente-oltre-200-eccellenze-italiane-al-workshop-sicon2020- sadmin@vidaengine.it (Vida Superadmin)
Comunicato stampa Ambienthesis https://blog.greenthesisgroup.com/post/517/comunicato-stampa-ambienthesis

Segrate, 27 gennaio 2020

Nell’ambito del processo di qualificazione del proprio portafoglio ordini, Ambienthesis S.p.A. ha il piacere di comunicare che il comparto Bonifiche si occuperà di un’ulteriore importante attività di risanamento ambientale, avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di “messa in sicurezza permanente/bonifica della ex discarica di Ciliverghe”, nel Comune di Mazzano (BS), relativi al Lotto 1B con opzione, già prevista, per il Lotto 2.

Tali lavori, aggiudicati al Raggruppamento Temporaneo di Imprese di cui Ambienthesis è mandataria con una quota del 60% ed aventi un importo complessivo (Lotto 1B + Lotto 2) pari a circa 3,9 milioni di Euro, dei quali circa 2,3 milioni di Euro di competenza di Ambienthesis, avranno inizio nel prossimo mese di aprile e si svolgeranno su un arco di tempo totale di 20 mesi.

L’intervento si prefigge di risolvere la problematica ambientale legata alla suddetta discarica attraverso, da un lato, le attività di ripristino della copertura impermeabilizzante della discarica medesima, dall’altro, la messa in sicurezza della falda sospesa, nonché l’adeguamento e l’integrazione dei sistemi di emungimento del percolato e di captazione del biogas.

 

Il Gruppo Ambienthesis rappresenta, in Italia, uno dei principali operatori integrati nel settore delle bonifiche ambientali e della gestione dei rifiuti industriali. In particolare, il Gruppo opera nelle seguenti aree: bonifiche e risanamenti ambientali; trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti industriali; attività di ingegneria ambientale. 

Per ulteriori informazioni:

Giovanni Bozzetti
(Responsabile dei rapporti con gli investitori istituzionali e gli altri soci)
Tel. 02/89380249 – Fax 02/89380290
giovanni.bozzetti@greenthesisgroup.com 

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Mon, 27 Jan 2020 18:21:22 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/517/comunicato-stampa-ambienthesis Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Alla scoperta della Land Art https://blog.greenthesisgroup.com/post/515/alla-scoperta-della-land-art

La Land Art è una forma d'arte contemporanea sorta negli Stati Uniti d'America tra il 1967 e il 1968 caratterizzata dall'intervento diretto dell'artista sul territorio naturale, specie negli spazi incontaminati come deserti, laghi salati, praterie, ecc. Le opere hanno spesso carattere effimero. Nasce da un atteggiamento rigorosamente anti-formale in antitesi con il figurativismo della pop art e con le fredde geometrie della minimal art[1]. Questa la definizione più diffusa se si cerca sul web. Ma andiamo a vedere nello specifico di cosa si tratta.

La Land art è una corrente artistica (detta anche earth art o arte ecologica) che si esprime mediante interventi diretti sul paesaggio naturale. I suoi artisti recuperano il legame con la natura non con uno scopo ornamentale o romantico, ma intervenendo su di essa modificandola e lasciando un marchio personale del loro passaggio. L'interesse verso un mondo ancora incontaminato ha alla base diverse ragioni, prima fra tutte la consapevolezza di un sempre più forte snaturamento del paesaggio dovuto alla corsa tecnologica. L'artista esce dallo spazio tradizionale della galleria o del museo e interviene direttamente su vasti territori (deserti, laghi gelati, prati ecc.). Le tracce e i segni lasciati dall'artista sono macroscopici, evidenti; vengono realizzati (e eventualmente fissati poi con riprese fotografiche o filmati) mediante strumenti tecnologici che reggono l'urto con la quantità di spazio da affrontare. Questa scelta, oltre ad essere funzionale alla dimensione dei lavori, si connota anche di un significato politico nel rifiuto del concetto di autorità insito nell'istituzione.

Alcuni luoghi ed eventi, in Italia, sono diventati in pochi anni punti di riferimento internazionali, nel campo della Land Art. Il primo è a Pordenone e si chiama Humus Park, una rassegna biennale nata otto anni fa per far conoscere ai cittadini della città friulana un nuovo grande parco urbano, un'isola verde delimitata da due rami del fiume Noncello. In meno di un decennio la manifestazione è cresciuta al punto che quest’anno, per la quinta edizione, sono attesi oltre 80 artisti da 13 paesi del mondo (dalla California al Sudafrica, dalla Gran Bretagna al Kazakistan) e otto tra scuole d’arte e Accademie italiane. Tra gli altri personaggi che si cimenteranno nella costruzione delle opere, Gyöngy Laky, professoressa emerita all'Università della California, e Pedro Campos Costa, archistar portoghese. Perché gli organizzatori, ventennali cultori della Land Art, puntano da sempre a sparigliare le carte: invitano pittori, scultori di marmo, paesaggisti, docenti e studenti per contaminare positivamente il mondo dell'arte nella natura, per sorprendere, esplorare nuove possibilità e creare opere estremamente diversificate.

“E poi li facciamo lavorare in coppia” racconta Gabriele Meneguzzi, deus ex machina di Humus Park con Vincenzo Sponga, “perché due artisti in sette giorni producono un lavoro molto più complesso e importante che uno solo in quindici”. Uno scambio di punti di vista, idee, tecniche che arricchisce chi costruisce l'opera e chi ne fruisce. La coppia, nell'arte come nella vita e nella natura, diventa occasione di dialogo e di crescita, moltiplicando il risultato finale. L'altra caratteristica della manifestazione è quella di portare gli artisti a contatto diretto con la gente, che partecipa alla creazione, interagisce con gli scultori e, magari, si porta a casa un'idea originale da copiare nel giardino di casa[2].

Dalla pianura alla montagna. Sempre a Nordest, tra Trento e Bassano del Grappa da trent'anni esiste un luogo magico per quest'arte: Arte Sella in Valsugana. La Cattedrale vegetale è, forse, l'opera che caratterizza maggiormente lo spazio naturale tra questi boschi trentini. Realizzata nel 2001 da Giuliano Mauri, ha le dimensioni di una vera e propria cattedrale gotica, con tre navate di dodici metri di altezza e una superficie di 1.220 metri quadrati. Quattrocentoventi colonne di sostegno, cinquecento anelli, tremila ramoscelli intrecciati costituiscono l'impalcatura della cattedrale. All'interno delle colonne, piccoli carpini. Le colonne accompagneranno gli alberi per vent'anni, finché diventeranno adulti, poi le strutture lignee marciranno e lasceranno il posto alle piante colonnari, che ricorderanno il lavoro dell’artista, trasformando l'arte in opera naturale. A differenza di Humus Park, Arte Sella è un'esposizione permanente, ma la mutazione del lavoro dell'uomo anche qui è continua, costante e sottomessa alle condizioni atmosferiche e all'avvicendarsi delle stagioni. La natura è interpretata nella sua essenza, è fonte di sapere e di esperienza e, plasmata dolcemente dagli artisti, riesce persino a generare rispetto e attenzione da parte dei visitatori.

Dal 1986 Arte Sella ha ospitato l’energia creativa di più di trecento artisti provenienti da tutte le parti del mondo e attrae chi vive della sua arte, qualunque essa sia. Elisa ha registrato qui un lungometraggio, qui sono passati Lorenzo Cherubini e i Marlene Kunz. Marco Paolini in questi silenzi trova l’ispirazione per costruire alcuni dei suoi spettacoli. Qui è nata la Fucina, laboratorio e cenacolo di artisti guidati dal violoncellista Mario Brunello. Partendo dall’esperienza di questi paesaggi, gli scrittori in erba della Scuola Holden di Alessandro Baricco hanno dato vita ai loro racconti. Sotto la cupola di rami e foglie della Cattedrale vegetale hanno suonato Vinicio Capossela, Gianmaria Testa, Goran Bregovic, Antonella Ruggiero.

La Land Art è un'arte profondamente legata alla natura e al paesaggio, che si rinnova e rinasce e non è mai uguale a se stessa. Un'arte dove il protagonismo dell’uomo è messo in secondo piano rispetto al rapporto con l'ambiente. E dunque il messaggio che può trasmetterci va al di là di quello artistico: ci suggerisce una strada percorribile per cercare armonia, equilibrio, sostenibilità, nell'unico mondo che può ospitare la vita, il nostro pianeta.

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Thu, 19 Dec 2019 10:19:10 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/515/alla-scoperta-della-land-art Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Trento è la città più green d’Italia - Classifiche e considerazioni https://blog.greenthesisgroup.com/post/514/trento-e-la-citta-piu-green-d-italia-classifiche-e-considerazioni

Con un punteggio di 81,20%, calcolato su 18 parametri monitorati da Legambiente e Ambiente Italia, Trento sale per la prima volta al vertice della classifica sulle città più green d'Italia grazie al miglioramento nella qualità dell'aria, nell'utilizzo di trasporti pubblici e nell'attenzione alla mobilità ciclabile. Lo certifica la classifica sull'Ecosistema Urbano, sesta tappa di avvicinamento all'indagine sulla Qualità della vita 2019 del Sole 24 Ore che quest'anno celebra i 30 anni dell'iniziativa[1].

A fare la differenza, si legge nel rapporto, sono il miglioramento nella qualità dell’aria, l’utilizzo di trasporti pubblici e l’attenzione alla mobilità ciclabile che hanno contribuito a migliorare la situazione ambientale cittadina su un totale di 18 parametri divisi in cinque macro categorie (qualità dell’aria, rete idrica, mobilità, ambiente e rifiuti) utilizzati per stilare la classifica. Gli indicatori spaziano dal numero di alberi all’offerta del trasporto pubblico, dalla concentrazione di Pm10 nell’aria alla dispersione della rete idrica, fino allo spazio occupato dalle piste ciclabili.

Sono le realtà che ormai da molti anni investono in buona politica urbana, nel trasporto pubblico, nella qualità dei servizi, nella dotazione di aree verdi, nella raccolta differenziata, nella riduzione dell’inquinamento atmosferico, nell’efficienza energetica. E che soprattutto hanno saputo mettere a sistema queste iniziative.

Guardando alle singole città che compongono la classifica 2019, si scopre un discreto dinamismo, fatto di nuove scelte urbanistiche, di servizi di mobilità, di progressiva restituzione di vie e piazze ai cittadini, di crescita degli spazi verdi. Ma se nel complesso il quadro migliora, sono ancora tante le città in allarme smog o incapaci di assicurare un corretto ciclo dei rifiuti, si amplia il divario tra chi produce progressi nel trasporto pubblico e chi ha mezzi pubblici non adeguati alle esigenze di mobilità delle persone, restano gravi le carenze delle reti idriche e nella depurazione dei reflui fognari.

Cercando una chiave di lettura sintetica, bisogna abbandonare il classico binomio nord sud, centri urbani grandi o piccoli e ricchi o poveri. Nelle prime venti posizioni, infatti, si trovano città grandi come Bologna, comuni del sud come Cosenza, capoluoghi non ai vertici delle classifiche del pil come Oristano, a confermare che l’Italia del buon ecosistema urbano è principalmente l’Italia che fa bene e spende bene le sue risorse, che si evolve e pianifica le trasformazioni future.

Nelle ultime posizioni, si trovano città come Napoli, Bari, Torino, Roma, Palermo che sono ciclicamente vittime di piccole-grandi emergenze, lo smog (Torino e Roma), i rifiuti (Napoli e Palermo, ma anche Roma), o l’acqua (Bari). Per non parlare dell’emergenza traffico che interessa più o meno tutti i grandi centri (Roma e Torino hanno ben più di 60 auto ogni 100 abitanti), aggravata, nel caso della Capitale, da un servizio di trasporto pubblico che pare condannato a una crisi senza fine.

Fanalino di coda sono Vibo Valentia, Siracusa, Catania. Vibo Valentia non risponde a nessuna domanda da tre anni, Siracusa da due. Catania, invece, terz’ultima, colleziona una serie di performance non esaltanti: perdite della rete idrica oltre il 45 per cento (45,5 per cento come lo scorso anno); una delle produzioni di rifiuti più alte in assoluto (733 chili per abitante all’anno), messa assieme con un anacronistico 7,7 per cento di rifiuti raccolti in maniera differenziata e meno di venti centimetri quadrati di suolo a testa riservato a chi cammina.

Insomma, nonostante gli sforzi apprezzabili di tante amministrazioni, nei nostri capoluoghi, in generale, sopravvivono ancora troppe criticità. Perché per definire una città sostenibile, oggi non basta più solo l’impegno a ridurre traffico e smog o a chiudere il ciclo dei rifiuti. Il sistema città è un sistema complesso, per cui è necessario affrontare anche i temi delle periferie e dell’inclusione sociale, della casa e del lavoro. Ed è necessario un approccio nazionale, che non consideri i problemi urbani semplicemente come delle “questioni locali”. Le politiche che interessano i centri urbani sono spezzettate tra ministeri diversi, con grande spreco delle scarse risorse a disposizione e pochi risultati, non considerando che è proprio nelle città che si gioca la sfida cruciale dei cambiamenti climatici, perché lì si produce oltre la metà delle emissioni di gas serra.

Serve un’accelerazione alla transizione energetica, orientata verso una maggiore giustizia sociale, vanno spinte le città a correggere in chiave ecologica l’edilizia e i rifiuti, i trasporti e l’industria, creando occupazione, green e circular economy, stimolando la domanda di prodotti eco-compatibili, di consumi sostenibili, lo sviluppo di filiere agroalimentari di qualità e a basso impatto ambientale.

I numeri[2]:

  • Qualità dell’aria: meno della metà delle città rispettano tutti i limiti di legge.
  • Dati sulle Pm10: Solo a Torino e Ragusa almeno una centralina ha un valore medio annuo che oltrepassa il limite per la protezione della salute umana di 40 μg/mc. Scendono da 16 a 11 le città dove il valore medio delle concentrazioni di biossido di azoto è superiore al limite di legge. Per l’ozono: passano da 63 a 53 le città dove il valore medio delle centraline supera la soglia di protezione della salute umana (erano però 38 nel 2016).
  • Rifiuti: quasi al 55 per cento la media della raccolta differenziata. Ferrara, Treviso, Mantova, Pordenone, Parma e Trento oltre l’80 per cento. La percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani è in costante miglioramento, l’obiettivo di legge del 65 per cento fissato per il 2012 è stato raggiunto da 38 città, mentre la soglia del 35 per cento, prevista per il 2006, non è stata ancora raggiunta da 18 comuni. Torna però a crescere la produzione di rifiuti, con una media di 537 kg pro capite.
  • Rete idrica: oltre il 36 per cento dell’acqua potabile non arriva ai rubinetti. In 18 città la metà dell’acqua immessa nelle condutture viene dispersa e cresce il numero di città dove più del 30 per cento dell’acqua immessa nella rete viene dispersa. Solo Pordenone, Mantova, Lodi, Monza e Macerata riescono a contenere le perdite entro il 15 per cento.
  • Trasporto pubblico: Milano, Brescia, Pavia sono le città dove prendere il bus è più facile. Migliora complessivamente, seppur di poco, il servizio di trasporto pubblico. Il tasso di motorizzazione dei capoluoghi italiani, invece, sale in un anno da 63,3 auto ogni 100 abitanti a 63,9. Tra i grandi centri urbani fa eccezione Milano, in lieve decremento.
  • Mobilità attiva: Lucca e Venezia le migliori a piedi, Reggio Emilia regina per le bici con 43 metri equivalenti ogni 100 abitanti di percorsi ciclabili, seguita da Mantova. Cresce l’estensione media delle isole pedonali: 0,47 m2 per abitante (era 0,45 lo scorso anno).
  • Fonti rinnovabili: coprono il 100 per cento del fabbisogno elettrico delle famiglie in 27 capoluoghi (secondo un calcolo basato sulla produzione stimata delle diverse tecnologie presenti nei territori rispetto ai consumi medi delle famiglie italiane). 90 capoluoghi hanno almeno un impianto solare termico o fotovoltaico sugli edifici pubblici. 73 città hanno impianti solari termici, per 23.428 metri quadrati complessivi di pannelli e sempre 73 capoluoghi presentano impianti solari fotovoltaici per complessivi 76,8 MW.

 

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Tue, 17 Dec 2019 09:57:17 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/514/trento-e-la-citta-piu-green-d-italia-classifiche-e-considerazioni Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Le iniziative della Farnesina: Farnesina Verde https://blog.greenthesisgroup.com/post/513/le-iniziative-della-farnesina-farnesina-verde

La lotta al cambiamento climatico investe pienamente le scelte ed i processi di trasformazione della Pubblica Amministrazione. In quest’ottica, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è da tempo impegnato per la promozione di più alti standard ambientali: la Farnesina ha lanciato da alcuni anni un “Piano d’Azione” comprensivo di varie iniziative ecologiche.

Impianto fotovoltaico

Dall’entrata in funzione dell'impianto fotovoltaico solare nel 2012 sono stati prodotti 286,400 MWh, con un risparmio di oltre 62 mila litri di petrolio e 151.800 kg di emissioni di “anidride carbonica equivalente”, che sarebbe stato necessario compensare con oltre 19.700 alberi.

Plastic free

Al fine di ridurre il consumo di plastica monouso da parte dei 2.000 dipendenti e visitatori che in media sono ospitati ogni giorno alla Farnesina, sono stati installati erogatori di acqua potabile presso tutti i piani del palazzo. A completamento dell’iniziativa, sono state distribuite gratuitamente borracce di alluminio riciclato al personale, in sostituzione dei bicchieri di plastica, grazie ad una partnership con il CiAl (Consorzio Imballaggi Alluminio). Il progetto è stato premiato nel corso dell’edizione 2019 del Forum PA, nell’ambito del premio «PA Sostenibile 2019». L’iniziativa Farnesina “plastic free” è stata individuata da altre Amministrazioni pubbliche come best practice a cui ispirarsi per replicarla al loro interno.

Grazie alle pratiche sostenibili già in essere presso la mensa ministeriale, nel 2018 si sono finora risparmiate quasi 2 tonnellate di plastica ed oltre mezza tonnellata di alluminio. Questo ha evitato il consumo, necessario per la produzione della plastica, di 10.890 litri di acqua e di 1.473 chilogrammi di CO2 ed il risparmio di alluminio ha portato ad un guadagno ambientale pari 19.618 litri di acqua e 5.681 chilogrammi di CO2. Con l’installazione di erogatori di acqua potabile e la distribuzione di borracce al personale, l’obiettivo è di raddoppiare questi numeri nel 2019. Attraverso l’installazione di erogatori di acqua potabile, la distribuzione di borracce al personale e la continua diffusione di buone prassi tra il personale, l’obiettivo è quello di diminuire l’impatto ambientale della Farnesina, raggiungendo livelli sempre più elevati di risparmio energetico.

Risparmio energetico nell’attività informatica

Quid noctis, si chiama così il progetto della Farnesina che garantisce un risparmio energetico quantificabile in 40.000 euro l’anno, solo grazie alla gestione centralizzata delle modalità di spegnimento dei PC ministeriali. Le postazioni di lavoro attualmente coinvolte sono 2400 e sono state programmate in modo intelligente per azzerarne i consumi nelle ore in cui non vengono utilizzate. Le regole di "power management" si applicano sia nell'orario lavorativo, sia in quello notturno, secondo modalità volte a massimizzare il risparmio energetico.

Aggiornamento sistemi di illuminazione

Si è agito su tre fronti: sostituzione delle lampadine, rimodulazione degli orari di illuminazione delle parti comuni e installazione di rilevatori di movimento per evitare sprechi.

Si è provveduto ad illuminare varie aree della Farnesina con tecnologia led a basso consumo. Sulla base di una rilevazione relativa alla sola illuminazione dell'ingresso centrale del Ministero, i consumi annui sono stati abbattuti circa del 75%, passando da 31.000 a 8.000 Kwh. In parallelo, grazie all’aggiornamento dell’impianto di illuminazione esterno è realizzato un risparmio annuo di circa 13.500 euro. Rimodulazione orari illuminazione - Dal 2011 ha preso il via una graduale rimodulazione degli orari di accensione e spegnimento dell'illuminazione nelle parti comuni. Il nuovo regime energetico ha portato un notevole risparmio di energia elettrica.

Installazione rilevatori presenza - È stata completata l’installazione di rilevatori di movimento nei locali servizi della Farnesina con eliminazione degli sprechi nelle ore diurne e notturne. Inoltre, sul tetto della Farnesina sono installati pannelli solari fotovoltaici.

Raccolta differenziata

Presso la sede centrale viene curata la raccolta differenziata per carta, plastica ed altri materiali. Progressivamente anche le sedi all’estero seguiranno lo stesso percorso.

All’interno della mensa MAECI tutto il materiale di ritorno proveniente dall’attività di produzione viene classificato secondo la tipologia di scarto ed avviato al circuito di raccolta differenziata comunale. Un particolare trattamento viene riservato allo smaltimento degli oli alimentari esausti, che vengono trattati con l’ausilio di ditte specializzate e con una modalità diversa, in quanto classificati come rifiuti speciali.

Mensa eco-responsabile

L’attuale contratto con la società che gestisce il servizio mensa prevede che il 20-30% degli acquisti avvenga a livello locale privilegiando così i prodotti a km zero. L’installazione di erogatori di bevande e l’introduzione del divieto di utilizzo di stoviglie usa e getta ha reso possibile una sensibile riduzione dell’uso della plastica: non più bottiglie in PVC e piatti e posate monouso, ma bicchieri di materiale riciclabile, vasellame in coccio e posate in metallo

Dal 2013 sono stati sostituiti i gruppi frigo con modelli di nuova generazione con gas refrigerante HFC, senza cloro, così come stabilito dal Protocollo di Kyoto del 2008, per la riduzione dei principali sostanze ad effetto serra. L’impegno della società che gestisce il servizio mensa ad utilizzare, per il trasporto delle derrate, mezzi a basso impatto ambientale contribuisce alla riduzione dell’inquinamento atmosferico.

Iniziative di mobilità sostenibile

Nel 2019 la Farnesina ha organizzato la “Giornata della mobilità sostenibile” in cui sono state presentate le iniziative intraprese dal Ministero per incentivare forme di mobilità sostenibile, attraverso l’implementazione di azioni che incoraggino il personale ad utilizzare sistemi integrati di mobilità per il raggiungimento del posto di lavoro.

In particolare, è stato lanciato il progetto “Bike-bike to work” attraverso cui il Ministero ha messo a disposizione del personale, che intende utilizzare la forma di trasporto integrato «mezzi pubblici-bicicletta», un parcheggio gratuito vicino a due fermate della linea A della metropolitana di Roma, da cui è possibile utilizzare una pista ciclabile per arrivare al MAECI, un parcheggio dedicato nel piazzale antistante il Ministero e uno spogliatoio, in cui all’arrivo, è possibile cambiarsi prima di recarsi nel proprio in ufficio.

Il progetto “Bike-bike to work” – premiato anch’esso nel corso dell’edizione 2019 del Forum PA, nell’ambito del premio «PA Sostenibile 2019» -  è stato individuato da altre Amministrazioni pubbliche come best practice a cui ispirarsi per replicare al loro interno la stessa progettualità. 

Al fine di incentivare l’utilizzo di forme ecosostenibili di mobilità, oltre alle convenzioni già in essere con alcuni dei principali produttori e distributori di biciclette elettriche, è stata sottoscritta una convenzione dedicata al personale della Farnesina con il gestone di car sharing elettrico presente sul territorio cittadino.

Sostituzione del parco auto con modelli a basso consumo

Oltre alle misure di razionalizzazione dell’uso delle autovetture di servizio, sono stati progressivamente sostituiti gli autoveicoli in dotazione con modelli a minore consumo energetico, ed in particolare basse cilindrate con alimentazione ibrida.

Inoltre, è stata installazione, nel parcheggio interno del Ministero, una palina per la ricarica dell’auto elettrica del Corpo dei Carabinieri.

Forniture eco-responsabili

La Farnesina ha da tempo indirizzato i propri acquisti di beni strumentali verso prodotti con certificazione “EMAS” (Eco-Management and Audit Scheme), che offre maggiori garanzie di sostenibilità ambientale del processo produttivo.

Good Habits (GH)

È un’iniziativa lanciata per incentivare comportamenti virtuosi e consapevoli nel consumo dell’acqua, dell’energia e nella salute. In particolare, si è voluta promuovere l’abitudine di fare le scale: un piccolo gesto, ma che se ripetuto quotidianamente può favorire un sensibile miglioramento del proprio stile di vita. La campagna fa leva su nuovo sistema di segnaletica in luoghi chiave all’interno del palazzo (ascensori, principali percorsi verso la mensa, trombe delle scale, ecc.), che veicola, in modo semplice e diretto, messaggi e “parole chiave” per stimolare l’esercizio fisico. Per incentivare l’uso delle scale, sono state inoltre affisse foto storiche degli angoli più suggestivi della Farnesina: una passeggiata virtuale attraverso la storia del palazzo.

Alle iniziative condotte nell’ambito di Farnesina Verde si affianca l’impegno del MAECI ad animare il Foro delle Ambasciate Verdi, un gruppo che dal 2015 riunisce le Ambasciate straniere accreditate e le Organizzazioni Internazionali presenti nella capitale e impegnate nella promozione di più elevati standard ambientali. Nel concreto, attraverso una serie di incontri, il Gruppo favorisce e condivide esempi, pratiche, metodologie ed esperienze nel campo dell’impiego razionale delle risorse energetiche come la promozione di iniziative per il miglioramento della raccolta differenziata, per favorire la certificazione green, l’illuminazione a basso consumo, i risparmi energetici, la riduzione del consumo di acqua, la maggiore consapevolezza dei dipendenti su questi temi e le sane abitudini comportamentali.

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Tue, 10 Dec 2019 10:41:12 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/513/le-iniziative-della-farnesina-farnesina-verde Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Cos’è l’edilizia sostenibile? Da detrito ad edificio https://blog.greenthesisgroup.com/post/510/cos-e-l-edilizia-sostenibile-da-detrito-ad-edificio

La costante attenzione per l’ambiente e la salute ha portato a una sempre più rapida evoluzione dell’edilizia sostenibile. Nel settore delle costruzioni si va affermando un nuovo approccio che, dalla progettazione alla realizzazione, guarda alla sostenibilità come un obiettivo da raggiungere, dall’utilizzo dei materiali, alle tecniche di edificazione, all’efficienza energetica.

Il passaggio ad una edilizia sostenibile non è più una scelta ma una necessità per migliorare la qualità della vita dei cittadini, diminuire il consumo di energia, dare maggior valore alle case, ridurre le emissioni e l’impatto ambientale. Oggi si fa particolare attenzione all’intera vita del prodotto edilizio: dal reperimento delle materie prime ai processi produttivi dei materiali, alla dismissione del bene, al recupero e alla riciclabilità dei materiali.

Tuttavia, il concetto di edificio sostenibile non è nuovo ma è stato sviluppato già nel 1970 in risposta alla crisi energetica e alle crescenti preoccupazioni dei cittadini riguardo l’ambiente. Il processo avviato quasi mezzo secolo fa, continua ancora adesso coniugando le esigenze e l’evoluzione dell’edilizia, con il rispetto dell’ambiente, del territorio e della salute dell’uomo.

Con l'espressione “edilizia sostenibile” si fa riferimento all'insieme di pratiche adottate per la progettazione, la realizzazione e la gestione di strutture abitative e non, utilizzando materiali, fonti di energia e tecniche attraverso cui si riduce l'impatto ambientale. Questo concetto riguarda sia gli edifici costruiti ex-novo, sia quelli ristrutturati seguendo tali pratiche.

È negli anni '70 che si inizia a parlare di questo argomento per via della sensibilità, sempre maggiore, dell'opinione pubblica verso le tematiche relative all'ambiente e alla sua tutela. Nel corso degli anni a seguire, si sono sviluppate diverse metodologie di intervento per la costruzione di strutture eco-sostenibili: numerose imprese, operanti sia in ambito edilizio che in quello energetico, hanno investito le proprie risorse in innovazione per offrire strumenti volti a migliorare la qualità della vita delle persone e la cura per l'ambiente.

L'edilizia sostenibile, nota anche come "bioedilizia", presenta diversi vantaggi: primo fra tutti, l'efficienza energetica, che consiste negli alti rendimenti nell'utilizzo dell'energia, riducendo gli sprechi. L'efficienza energetica va sempre a braccetto con la diminuzione dell'impatto sull'ambiente, eventualmente legato a emissioni nocive: sfruttando il più possibile le fonti pulite e cercando di evitare l'impiego di quelle fossili, si ottengono degli effetti positivi sul territorio di riferimento. L'implementazione delle pratiche sostenibili può portare, inoltre, a un risparmio in termini economici per gli utenti che decidono di investire in un progetto di questo tipo. Ovviamente, l'adozione di pratiche incentrate sulla sostenibilità per l'edilizia ha dei risvolti positivi anche per la salute di chi ne usufruisce, dal momento che sono associate a un miglioramento del benessere. Inoltre, il valore di un immobile realizzato rispettando tali pratiche è indubbiamente maggiore.

Ma quali sono esattamente gli interventi da compiere per poter parlare concretamente di edilizia sostenibile? Un aspetto fondamentale degli edifici green riguarda, come intuibile, l'incremento di tecnologie a fonti rinnovabili, come il solare termico o pompe di calore, e, a seguire, l'utilizzo di materiali naturali, possibilmente a km zero, ottenuti con l'utilizzo di fonti di energia rinnovabili, in alcuni casi derivanti da processi di riciclo.

Alcuni esempi di materiali innocui per la salute sono le vernici naturali (prive di caratteri di nocività), la canapa, gli scarti tessili e i pneumatici da avviare al riciclo, e persino il bambù. Senza dimenticare altri tipi di materiali da riutilizzare, eventualmente per una funzione nuova, diversa da quella originaria. Inoltre, realizzando un sistema in grado di riciclare l'acqua piovana per usi domestici, come gli scarichi del w.c., si ottengono ulteriori economie, così come implementando sistemi per sfruttare al massimo la luce naturale e fare a meno, quando possibile, di energia elettrica per l'illuminazione[1].

Particolarmente interessante è il progetto sviluppato da Catalyst, una start up fiorentina che persegue i principi di architettura sostenibile, attraverso il riciclo e il riutilizzo dei materiali derivanti dalla demolizione di vecchi edifici. I detriti vengono raccolti sul posto e, attraverso un innovativo sistema di produzione, trasformati in nuovi mattoni da riutilizzare immediatamente per nuove costruzioni. Un perfetto esempio di economia circolare che favorisce il risparmio energetico ed evita le emissioni del CO2 derivato dalle lavorazioni e dai trasporti.

Catalyst fornisce una gamma di prodotti e servizi riassunti in tre macroaree. Si parte con RI-BLOCK, ovvero riciclo BLOCK, un mattone altamente resistente realizzato comprimendo in appositi stampi i detriti della demolizione, che vengono attentamente selezionati e miscelati prima della pressatura a freddo che li trasforma in nuovi materiali da costruzione. I mattoni così realizzati consentono di ottenere un notevole risparmio di laterizi, cementi e malte, senza contare che riducono notevolmente la quantità di rifiuti e l’inquinamento da CO2.

Gli stessi metodi di riciclaggio degli inerti sviluppati per il Ri-Block sono stati impiegati per il recupero degli scarti di lavorazione del marmo di Carrara usando anche la polvere derivante dalle escavazioni in corso nelle Cave Apuane che è stata compressa negli appositi stampi. Il risultato è un bellissimo mattone bianco dotato di faccia a vista e utilizzabile anche per motivi architettonici, oltre che per la muratura ordinaria, sia portante che di tamponamento, in luogo dei comuni mattoni in laterizio cotti in fornace. Il tutto col solito notevole risparmio di energia e CO2.

Infine, con le stesse miscele brevettate di materiali riciclati, compresse in uno stampo adatto e manovrato da un’apposita macchina, è ricavabile un manufatto di forma particolare provvisto di canali per l’inserimento degli impianti e dotato di due facce a vista perfettamente lisce e finite, ottenendo un nuovo e più agevole sistema di costruzione.

Prodotti e progetti Catalyst – spiegano gli ideatori – nascono da un approccio culturale che si identifica con l’edilizia sostenibile, il risparmio energetico e il recupero dei detriti che diversamente sarebbero classificati come rifiuti. Catalyst pertanto pone alla base di ogni sua esperienza i principi ecologici e il concetto di sviluppo sostenibile con una visione sistemica del trinomio “funzione-uomo-natura” la più ampia possibile[2]”.

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Thu, 14 Nov 2019 10:06:57 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/510/cos-e-l-edilizia-sostenibile-da-detrito-ad-edificio Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
International Energy Outlook 2019 - Trend globali dell’energia https://blog.greenthesisgroup.com/post/508/international-energy-outlook-2019-trend-globali-dell-energia

L’Energy Information Administration (IEA) ha lanciato qualche giorno fa il suo rapporto annuale in cui fotografa il sistema energetico mondiale e ne stima gli sviluppi entro il 2050

Con l'autunno arriva come ogni anno il momento degli outlook energetici presentati dalle maggiori istituzioni del campo. Il 24 settembre è toccato alla Energy Information Administration (EIA) – l’agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti – che ha pubblicato il suo International Energy Outlook (IEO2019) , mentre il 13 novembre sarà il turno della International Energy Agency (IEA) con il suo World Energy Outlook (WEO2019). Secondo EIA, il consumo di energia primaria crescerà di poco meno del 50% – dai 620 quadrilioni di Btu del 2018, alle circa 910 del 2050 – guidato dalla fortissima crescita economica di Paesi come Cina, India e macroregioni come l’Africa ed il Sud-Est asiatico.

 

Il rapporto annuale di EIA analizza sul lungo termine i mercati energetici suddividendo il mondo in 16 aree e due macro-gruppi di nazioni, a seconda che facciano o meno parte dell’Organization for Economic Cooperation and Develpment (OECD). Un richiamo alla distinzione tra area OECD e non-OECD è consultabile qui. Le previsioni di EIA includono quattro scenari distinti basati su ipotesi che coprono una ampia varietà di possibili sviluppi del sistema energetico mondiale. Il piatto forte del report è però il reference-case, il canonico scenario che descrive il futuro del settore come business-as-usual, delineandone i tratti partendo dalle attuali condizioni socioeconomiche e contemplando solamente le policies energetiche e di contrasto al cambiamento climatico al momento messe in atto. In sostanza il reference-case di EIA tenta di spiegare quale sarà la distribuzione delle fonti primarie e secondarie del sistema energetico mondiale e quanto questo emetterà in termini di gas serra su un arco di tempo che si estende fino a metà secolo, ipotizzando che le condizioni del sistema energetico, industriale, economico e sociale, rimangano esattamente quelle attuali.

Il rapporto considera per il reference-case una crescita economica ed un aumento demografico medi rispettivamente del 3.0% e dello 0.7% annui. Va sottolineato che l’unità di misura che usa EIA è la British Thermal Unit (Btu), che non appartiene al Sistema Internazionale. Per dare un’idea più concreta delle stime che seguono, si ricorda che 1 Btu = 1.055 kJ = 0.00029307 kWh. Per semplificare la lettura si ricorda anche che 1 quadrilione = 10^24. Chiariti questi pochi punti, entriamo quindi nel rapporto vero e proprio.

La prima parte di IEO2019 è come al solito dedicata alle stime sui consumi energetici considerando gli usi finali. Ciò significa che la discriminate della suddivisione delle varie quote dei consumi è il settore economico di riferimento (industria, trasporti o civile). Secondo EIA, il settore industriale – che include attività come estrazione e raffinazione, la manifattura, l’agricoltura o le costruzioni – continuerà a rappresentare la quota del leone dei consumi energetici sugli usi finali, aumentando del 30% il suo peso rispetto ad oggi tra il 2018 ed il 2050, arrivando a consumare 315 quadrilioni di Btu entro metà secolo. Un aumento ancora maggiore (+40%), attende i consumi energetici legati al trasporto; così come per il settore industriale, anche in questo caso i responsabili della crescita monstre sono in gran parte Paesi non-OECD – dove i consumi energetici per i trasporti aumentano a ritmi quasi doppi (+80%). Il settore building (il nostro civile) – che raggruppa strutture residenziali e commerciali – subirà l’aumento maggiore in termini relativi (+65%), indotto dal miglioramento degli stili di vita, dalla crescente urbanizzazione e dal sempre maggiore accesso all’elettricità – dinamiche ancora una volta localizzate prevalentemente in aree non-OECD. La forte crescita su tutti i tre settori richiederà un aumento del 79% nella produzione di elettricità sul periodo considerato.

La seconda parte di IEO2019 passa poi in rassegna le fonti di energia primaria e secondaria e cerca di stimarne le tendenze fino a metà secolo. Come anticipato – secondo EIA – il periodo 2018-2050 vedrà un aumento considerevole in termini di energia secondaria, dell’elettricità (+79%); a questo si associa una crescita conseguente delle rinnovabili in termini di energia primaria, a dimostrare ancora una volta come lo spostamento progressivo del sistema energetico globale verso l’elettricità, sia fondamentale per il processo di decarbonizzazione. In particolare, l’IEO19 prevede per le rinnovabili – incluse solare fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermico, biomassa, biocarburanti, etc.- un aumento medio tra 2018 e 2050 del 3.1% all’anno. Per comprendere meglio la rilevanza di questa cifra, è bene raffrontarla con le crescite medie annue sullo stesso periodo dell’uso del petrolio (+0.6%), del carbone (+0.4%) e del gas naturale (+1.1%). Seguendo questi ritmi le fonti rinnovabili diventeranno l’energia primaria più utilizzata in assoluto, superando il gas naturale ed il carbone entro il 2030, ed il petrolio entro il 2050. Secondo EIA, l’uso del gas naturale crescerà di circa il 40% tra il 2018 ed il 2050, mentre l’utilizzo di petrolio ed affini solamente del 20%.

È naturale a questo punto chiedersi, che significa tutto ciò in termini di emissioni di Greenhouse Gases (GHGs) – ovvero di gas serra? Bene, la storia e la statistica ci hanno ormai insegnato che la curva dell’andamento di un PIL (nazionale, continentale o mondiale indifferentemente), tende a sovrapporsi con quella che rappresenta le emissioni climalteranti, riproducendo quindi tendenze equivalenti. Ciò significa che se l’area considerata – nel caso in questione, il mondo intero – cresce al 3.0% medio ogni anno, anche le emissioni dei principali GHGs (CO2, CH4, N2O, SF6 e CFC), aumentano con simili ritmi e medesimi ordini di grandezza. Le previsioni di EIA confermano in pieno questa dinamica: nonostante un energy mix mondiale a ridotta intensità di carbonio, la considerevole crescita economica e di conseguenza dei consumi energetici, non potrà che produrre un aumento continuo delle emissioni energy-related ad un ritmo medio di poco meno dell’1% annuo sul periodo 2018-2050. Ancora una volta salta agli occhi la differenza tra i dati della zona OECD, che vede un (modestissimo) decremento delle emissioni dello 0.2%, e quelli della zona non-OECD che le vede invece crescere dell’1.0% netto sullo stesso arco di tempo considerato.

Nella selva di cifre e percentuali che rimangono dopo aver letto l’International Energy Outlook 2019 di EIA, rimangono alcuni concetti particolarmente rilevanti:

  • la solida tendenza dell’industria a spostarsi verso aree del mondo non appartenenti alla dell’Organization for Economic Cooperation and Development (OECD), in particolare Africa, Sud-Est asiatico ed India;
  • la marcata transizione del sistema verso l’elettricità che diventerà il principale vettore energetico;
  • gas naturale, petrolio e persino carbone non accennano a “piccare” entro metà secolo. Al contrario, è attesa una crescita progressiva ed inesorabile;
  • la caduta dei costi, l’aumento dei consumi ed una modesta quantità di politiche messe in atto in alcuni Paesi, determineranno una ascesa relativamente sostenuta delle rinnovabili.

Appare chiaro come, avendo bene in mente gli obiettivi di COP21 – ovvero mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 1.5-2 °C – i findings del report di EIA siano piuttosto deludenti. Si ricorda infatti, che per rispettare l’Accordo di Parigi occorrerebbe ridurre:

  • l’utilizzo del carbone del 59-78% entro il 2030 e del 74-95% entro il 2050;
  • l’utilizzo del petrolio del 3-34% entro il 2030 e del 47-78% entro il 2050;
  • l’utilizzo del gas naturale in percentuali varie e più complicate da stabilire (la variazione è comunque negativa entro il 2050).
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Tue, 12 Nov 2019 17:22:11 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/508/international-energy-outlook-2019-trend-globali-dell-energia Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
"Smontiamo la principale fake news: in discarica non si bruciano i rifiuti" https://blog.greenthesisgroup.com/post/509/smontiamo-la-principale-fake-news-in-discarica-non-si-bruciano-i-rifiuti

Il nodo degli scarti e il trattamento sicuro nelle discariche secondo Roberto Zocchi, CTO di Engineering and R&D Greenthesis Group

In Italia sono in atto iniziative trasversali al mondo dell’industria, delle istituzioni e del territorio volte a sensibilizzare tutte le parti coinvolte sui temi di Riduzione, Riutilizzo, Riciclaggio e Recupero degli scarti, che sono il vero nodo che tocca il tema del cosiddetto impatto ambientale. Ne abbiamo parlato con l’ingegnere Roberto Zocchi, CTO - Engineering and R&D Greenthesis Group, azienda leader in Italia e in Europa nella gestione dei rifiuti, che gestisce tra le altre la discarica tattica regionale veneta di Sant’Urbano in provincia di Padova, dove la rimozione dei PFAS da percolati di discarica viene trattata con soluzioni impiantistiche che combinano sia tecnologie consolidate che innovative.  

Ingegnere, cosa si intende per discarica?  

“La discarica è il sito dove vengono immagazzinati permanentemente i rifiuti solidi di origine industriale e civile, che dopo opportuni pretrattamenti volti al recupero di materia ed energia, non è stato possibile riutilizzare. Pur essendo l’ultima delle soluzioni auspicabili, grazie all’avanzamento tecnologico ed impiantistico nel settore del recupero e riciclo, le cosiddette Discariche Controllate rappresentano una soluzione sicura per lo stoccaggio di rifiuti prodotti dal comparto industriale e civile. Per questo motivo, una moderna discarica deve essere progettata con estrema accortezza e professionalità, in modo da monitorarne gli inquinanti e ridurne il più possibile l’impatto. Vorrei però smontare subito una fake news e rassicurare i cittadini: in discarica non si bruciano rifiuti”.

“Nella discarica gestita da Gea a Sant’Urbano in provincia di Padova noi trattiamo i cosiddetti rifiuti speciali non pericolosi, cioè urbani ed ex speciali assimilabili agli urbani. Attualmente oltre il 70% dei rifiuti conferiti sono di matrice urbana ed il restante 30% sono rifiuti speciali non pericolosi provenienti dalle attività artigianali, commerciali ed industriali. Il nostro impianto assicura che mediamente ogni anno oltre 140 mila tonnellate di rifiuti urbani e speciali non pericolosi vengano correttamente smaltiti generando ed immettendo in rete altresì, attraverso il recupero di biogas prodotto dallo stesso sito, energia elettrica da fonte rinnovabile”.

Come si costruisce una discarica sicura?

“La discarica è costruita secondo le migliori tecniche disponibili ed assicura l’impermeabilizzazione idraulica verso l’esterno con i suoi due principali presidi di tenuta idraulica, costituiti sia da un diaframma perimetrale in bentonite, immorsato in un sottostante strato di argilla naturale a bassa permeabilità (spessore di circa 2 metri), sia da un successivo adeguato strato di base del sedime della discarica costituito da argilla a bassa permeabilità (100 centimetri). Si tratta di un pacchetto di impermeabilizzazione coerente con le più moderne normative di settore che la rende assolutamente separata dal punto di vista idraulico dal terreno sopra cui è stata realizzata. Un ramificato sistema di rilevamento piezometrico (18 punti di verifica) consente di monitorare, tra le altre cose, la tenuta dell’impermeabilizzazione così realizzata ed in oltre 20 anni di esercizio non si sono mai riscontrate anomalie. Tutti i dati di esercizio e di verifica delle matrici ambientali sono analizzati da un organismo tecnico terzo attraverso il PMC (piano di monitoraggio e controllo) ed inviate agli Enti di Controllo (Regione, Provincia di Padova, Arpa, Comune di Sant’Urbano) oltre alle verifiche periodiche fatte direttamente da Arpav previste in AIA”.  

Si parla spesso del “biogas” come un problema. Voi come lo affrontate?

“Il biogas prodotto all’interno della discarica dalla decomposizione anaerobica della frazione organica dei rifiuti viene regolarmente captato, trasportato alla centrale di aspirazione e in gran parte riutilizzato sia per produrre ed immettere in rete, attraverso sistemi impiantistici di produzione di energia elettrica, oltre 6.000.000 di KWh elettrici all’anno, sia per produrre energia termica. Il residuo viene dissipato in torce ad alta temperatura, come previsto dalle norme di settore. Il sistema garantisce la continua tenuta in depressione della discarica assicurandone la corretta gestione. La produzione di energia elettrica attraverso il recupero del biogas con motori endotermici, con la cessione dell’energia nel mercato della “green energy”, porta ad un sensibile risparmio di utilizzo di carbon fossile e quindi alla diminuzione di emissioni risultanti dalla sua estrazione e dal suo utilizzo per produrre lo stesso quantitativo di energia, rappresentando quindi una concreta mitigazione ambientale”.  

Nel Veneto è emerso il problema Pfas. Che soluzioni mette in campo GEA? 

“I Pfas sono una famiglia di composti organici utilizzati ampiamente in diversi processi industriali di produzione di beni di consumo e conseguentemente presenti nelle matrici di alcuni rifiuti conferiti negli impianti di destino finali quali le discariche. A tal fine, in linea con il Piano Regionale dei Rifiuti (art. 15.8) e una sollecitazione della Regione Veneto rivolta agli operatori di settore, GEA, per risolvere il problema della presenza dei PFAS nei percolati, ha proposto un progetto per la realizzazione di un impianto di trattamento in loco del percolato prodotto dalla discarica di Sant’Urbano. Attraverso una soluzione tecnologica all’avanguardia, consistente nella filtrazione a 3 stadi successivi con apposite membrane ad osmosi inversa, accoppiata ad un impianto di evaporazione sottovuoto a tre effetti, si potranno intercettare il Pfas nel concentrato osmotico, separandoli dal liquido depurato (il permeato), e portarli a termodistruzione in impianti autorizzati, con un miglioramento significativo di standard ambientale, operando in coerenza con il “principio di precauzione”, sempre più ricorrente nel diritto comunitario. Il permeato depurato verrà scaricato in corpo idrico superficiale in quanto rispetta abbondantemente i limiti previsti dalla norma. L’impianto consente anche un ulteriore miglioramento ambientale in quanto l’unico rifiuto che rimane da conferire a impianti terzi è il concentrato osmotico contenente i PFAS, pari a circa il 10 % del volume di percolato trattato, con una sensibile riduzione anche del traffico veicolare”.  

GEA come garantisce gli Enti di Controllo, le istituzioni e la collettività per tutti gli impegni gestionali della discarica?  

“In ottemperanza alle norme di legge, Gea ha accantonato in appositi ratei di bilancio i fondi, da destinarsi, nel corso del tempo, proprio alla ricomposizione finale di post gestione della discarica. In aggiunta, Gea ha ottenuto dalle più importanti compagnie assicurative (Allianz, Coface, Atradius, Unipol-Sai) le fideiussioni necessarie a garantire alla Provincia di Padova la corretta gestione della discarica”.

 

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Thu, 7 Nov 2019 09:43:58 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/509/smontiamo-la-principale-fake-news-in-discarica-non-si-bruciano-i-rifiuti Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)
Rea Dalmine con A2A Calore e Servizi per dare a Bergamo un calore più green https://blog.greenthesisgroup.com/post/507/rea-dalmine-con-a2a-calore-e-servizi-per-dare-a-bergamo-un-calore-piu-green

In occasione della XI edizione della “Settimana per l’Energia” promossa da Confartigianato Lombardia è stato presentato oggi ai cittadini il progetto per lo sviluppo del teleriscaldamento nel Comune di Bergamo alla presenza dell’Assessore all’Ambiente e alla Mobilità Stefano Zenoni, il quale ha introdotto l’iniziativa assieme al Presidente di Rea Dalmine S.p.A. Marco Sperandio, al Presidente del Gruppo Greenthesis Alberto Azario e al Presidente e Amministratore Delegato di A2A Calore e Servizi S.r.l. Lorenzo Spadoni. Presenti anche il Presidente di Confartigianato Imprese Bergamo Giacinto Giambellini, la Provincia di Bergamo, e l’Assessore ai Lavori Pubblici, Ambiente e Manutenzione del Comune di Dalmine Sara Simoncelli.

L’iniziativa, frutto della partnership tra Rea Dalmine S.p.A., società di punta di Greenthesis Group che gestisce il termovalorizzatore sito nel Comune di Dalmine, e la multiutility A2A Calore e Servizi S.r.l., trasforma in risorsa ciò che comunemente viene chiamato “rifiuto”, adottando soluzioni concrete finalizzate alla circolarità dei processi energetici da fonti rinnovabili e al contempo, incrementando ulteriormente l’efficienza di un impianto “waste-to-energy”, già ritenuto modello di riferimento sotto il profilo tecnologico nel panorama nazionale ed europeo, in virtù di un superiore rendimento energetico complessivo a parità di quantità di rifiuti portata a termovalorizzazione.   

Tale progetto, che permette di utilizzare risorse di calore che altrimenti non verrebbero sfruttate, si pone perfettamente in linea con le recenti normative europee che promuovono l’utilizzo del calore di recupero da processi industriali (“waste heat”) all’interno di sistemi di teleriscaldamento efficienti, fornendo, in questo modo, un significativo e tangibile contributo ai processi di transizione energetica e di sviluppo dell’economia circolare.

Come riportato anche nel comunicato congiunto A2A Calore e Servizi / Rea Dalmine, la partnership genererà un incremento del 50% del calore disponibile in rete a fronte di un risparmio di più di 14.500 tonnellate di CO2 immesse nell’aria.    


Rea Dalmine S.p.A. è parte di Greenthesis Group (già Gruppo Green Holding), realtà imprenditoriale che da oltre 20 anni rappresenta uno dei principali operatori italiani integrati nei settori del trattamento, della gestione e della valorizzazione energetica dei rifiuti di origine urbana ed industriale, oltreché in quello delle bonifiche ambientali.

A2A Calore e Servizi S.r.l. è la società del Gruppo A2A attiva nella progettazione, realizzazione e gestione delle reti di teleriscaldamento, nonché nella produzione e nella vendita di calore a mezzo reti di teleriscaldamento agli utenti finali, in conformità alle convenzioni stipulate con i Comuni, tra gli altri, di Brescia, Milano, Bergamo e di Sesto San Giovanni (MI), in forza delle quali essa, o il Gruppo A2A, sono titolari in esclusiva del diritto ad installare e gestire reti di teleriscaldamento sui territori dei suddetti Comuni.  


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Thu, 24 Oct 2019 10:56:26 +0000 https://blog.greenthesisgroup.com/post/507/rea-dalmine-con-a2a-calore-e-servizi-per-dare-a-bergamo-un-calore-piu-green Info@greenthesisgroup.com (Group Greenthesis)